A chiederselo è stato anche l’autorevole settimanale The Economist, nel primo numero di marzo, con una copertina emblematica raffigurante la statua del toro simbolo di Wall Street sollevata in aria da decine di palloncini colorati e, a fianco, un titolo che va dritto al punto: «How high can markets go?». Ecco, quanto in alto possono arrivare i mercati? La domanda è diventata ancor più attuale e lecita oggi, a distanza di una manciata di settimane, alla luce dell’andamento eccezionale delle piazze finanziarie internazionali.

Perché la questione non si limita alla Borsa americana, ma coinvolge quasi tutti i mercati azionari del mondo che continuano ad aggiornare i loro record seduta dopo seduta. Da Parigi a Francoforte, passando per Piazza Affari a Milano che ha appena sfondato la soglia dei 34mila punti (+13% negli ultimi tre mesi, +63% rispetto a un anno e mezzo fa e ai massimi dal 2008), il rally delle Borse non sembra conoscere fine. Oltre alle azioni, è un momento magico anche per gli altri principali asset finanziari: titoli di Stato, oro, materie prime. Un’esuberanza generalizzata di cui stanno beneficiando persino i bitcoin, tornati sui valori massimi pur in un mercato cripto che resta pericoloso e ad altissima volatilità.

Insomma, nonostante un contesto tutt’altro che incoraggiante – le guerre in corso che toccano anche l’Occidente, l’alta instabilità geopo-litica, una crescita economica mondiale che procede a rilento e le tante incognite sulle politiche monetarie future delle Banche centrali – le attività finanziarie viaggiano all’unisono a gonfie vele. Siamo di fronte a una corsa sorprendente e, probabilmente, non del tutto giustificata. Ecco perché, prima ancora di chiedersi quanto durerà ancora la fase di “bull market” e se il mercato rialzista stia diventando o meno una bolla, forse conviene ragionare su quali siano i principali fattori alla base di performance finanziarie strabilianti.

Anzitutto va ricordato che tra l’andamento degli asset finanziari e quello dell’economia non è detto che ci debba essere una stretta correlazione. Certo, dietro il successo di Wall Street c’è una crescita americana solida, i dati macroeconomici positivi non guastano, ma il legame tra Pil e mercati finanziari non sembra più forte come un tempo. Oggi l’euforia della Borsa statunitense è trainata soprattutto dalla spinta poderosa dei titoli del settore tecnologico e dell’Intelligenza artificiale (in primis Nvidia). Per gli investitori, infatti, più del Prodotto interno lordo o del tasso di disoccupazione, contano gli utili che sono capaci di generare (e di distribuire parzialmente agli azionisti a suon di dividendi) le società quotate, specie quelle ad alta capitalizzazione in un determinato listino. Così si spiega anche la vetta toccata in questi giorni dall’indice Ftse Mib a Piazza Affari, che sta beneficiando dei migliori risultati di sempre dei grandi istituti di credito (visto che Milano è una Borsa a prevalenza bancaria) e dei rialzi incredibili di titoli come quelli di Stellantis, Ferrari o Iveco (+70% da inizio anno).

Ma le banche sono state il principale “motore” dei dividendi a livello mondiale. Secondo l’ultimo Janus Henderson Global Dividend Index, le cedole globali hanno raggiunto la cifra record di 1.660 miliardi di dollari nel 2023 (+5%) e il settore bancario ha contribuito alla metà di questa crescita, grazie all’impennata dei tassi d’interesse che ha consentito di aumentare considerevolmente i margini di guadagno. Se i maxi-utili delle società stanno trainando le Borse internazionali, in questa fase di incertezza sui tempi e sul ritmo della stretta monetaria che Fed e Bce continuano a procrastinare, gli investitori stanno comprando anche asset più sicuri, dall’oro ai bond. Del resto, la liquidità pompata sui mercati resta molto abbondante (in particolare dalle Banche centrali di Cina e Giappone), i tassi per ora non scendono, per cui anche i titoli di Stato risultano attraenti.

Per sapere se questo rialzo corale delle principali classi d’investimento è destinato a continuare o si trova a fine corsa servirebbe la sfera di cristallo. Molto dipenderà dalle performance delle grandi aziende quotate, dalle mosse di politica monetaria, dall’evoluzione di diverse variabili geopolitiche e macroeconomiche. Comunque andrà, l’importante è tener presente che quasi sempre la finanza riflette un’immagine molto parziale della realtà economica.

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Finanza Mondo instabile, borse euforiche è la realtà parallela dei mercati

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23.03.2024

A chiederselo è stato anche l’autorevole settimanale The Economist, nel primo numero di marzo, con una copertina emblematica raffigurante la statua del toro simbolo di Wall Street sollevata in aria da decine di palloncini colorati e, a fianco, un titolo che va dritto al punto: «How high can markets go?». Ecco, quanto in alto possono arrivare i mercati? La domanda è diventata ancor più attuale e lecita oggi, a distanza di una manciata di settimane, alla luce dell’andamento eccezionale delle piazze finanziarie internazionali.

Perché la questione non si limita alla Borsa americana, ma coinvolge quasi tutti i mercati azionari del mondo che continuano ad aggiornare i loro record seduta dopo seduta. Da Parigi a Francoforte, passando per Piazza Affari a Milano che ha appena sfondato la soglia dei 34mila punti ( 13% negli ultimi tre mesi, 63% rispetto a un anno e mezzo fa e ai massimi dal 2008), il rally delle Borse non sembra conoscere fine. Oltre alle azioni, è un momento magico anche per gli altri principali asset finanziari: titoli di Stato, oro, materie prime. Un’esuberanza generalizzata di cui........

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