Il racconto del cestista: «Avevo 12 anni quando è scoppiata la guerra. A 15 mio zio mi mise su un aereo verso Roma. Dedico il trofeo alla mia famiglia»

A Napoli lo chiamano “anema longa”. Definizione ineccepibile per i suoi 2 metri e 16 centimetri. Imbraccia la Coppa Italia come fosse un ombrellino portatile. Tredici minuti nelle 3 gare della sua Gevi che ha trionfato incredibilmente in finale sulla Milano di Armani. Due volte (Brescia e Reggio Emilia) lanciato sorprendentemente nel quintetto titolare della Gevi di Milicic. Un paio di rimbalzi catturati ed una stoppata inflitta al signor Galloway che ha vestito la canotta del “Dream Team”e vanta quasi 400 gare nella Nba. Andrea Dut Mabor, 22 anni, è il primo campione sud sudanese di scuola italiana. Eh sì, perché c’è una bella differenza tra il Sud Sudan ed il Sudan. Il primo è il paese più povero al mondo ed anche quello più giovane: resosi indipendente solo 13 anni fa. Con meno di 2 dollari riesci a campare, il secondo ha un percorso amministrativo meno tribolato.Â

Ha una storia difficile tra stenti, disagi e rinunce che racconta con grande difficoltà . Sette anni fa è arrivato in Italia. Era il 2017. Messo su un aereo verso Roma dallo zio che voleva per lui un futuro migliore e lontano da un paese in guerra. Oggi dopo 7 anni da quel viaggio che aveva qualcosa di neorealistico - come “Il cammino della speranza” di Pietro Germi visto al cinema - quel ragazzo ha alzato un trofeo in Occidente. È la terza Coppa Italia di Napoli nella sua storia. Gli scontri sotto i tabelloni contro il bresciano Bilan di scuola slava o il senegalese 19enne Faye fino al minutino in finale per dare ossigeno ad Owens tenendo a bada il centrone tedesco Voigtmann di Milano. Una storia? Non una favola autentica. «La mia famiglia viveva a Khartoum, nel Sudan, ed è di origine araba - ha raccontato Mabor -. Ho vissuto lì con mia madre ed i tre fratelli fino all’età di 9 anni. Poi mi sono trasferito in Sud Sudan a casa di mia zia. E lì da quel momento tutto è diventato più difficile perché è scoppiata la guerra. Era il 2013, io avevo 12 anni e il mio quartiere si era improvvisamente riempito con soldati armati di pistole che camminavano per le strade a qualunque ora». Uno scenario inquietante quello in cui viveva Dut: «Non erano solo loro ad essere armati per le vie della città ed a sparare al minimo pretesto: lo faceva chiunque. Uscire di casa diventava ogni giorno più pericoloso. La mia vita prima della guerra mi piaceva. Amavo stare in famiglia, uscire a giocare. Mangiavamo tutti insieme il riso e il pollo. Di colpo nulla di tutto questo era più possibile. Tutto sparito in un attimo. C’erano solo la paura, le privazioni ed il rumore degli spari in lontananza».Â

I suoi primi canestri li ha fatti nella sua terra d’origine giocando nell’accademia di Luol Deng, sud sudanese come lui, e star nella Nba con i Chicago Bulls. A 15 anni il viaggio verso Roma dove lo ha accolto la Stella Azzurra, un club particolarmente attento ad arruolare nel proprio vivaio ragazzi di ogni ceppo e proveniente da ogni parte del mondo. Il vivaio è floridissimo e Dut si è ambientato bene nella capitale trascorrendo anni meravigliosi. L’anno scorso era in Estonia prima dell’ingaggio con Napoli individuato dal direttore tecnico Pedro Llompart e dal ds Liguori: «Lo giudichiamo un prospetto certamente, i centri poi maturano tardi». L’esordio in serie A contro Sassari. «Che gioia questa Coppa Italia, mi premia dei grandi sacrifici fatti in questi anni. Lo dedico alla mia famiglia che mi è sempre stata accanto e mi ha incoraggiato ad avere coraggio: quello che ho e che utilizzo quando scendo sul parquet e affronto centri più quotati di me».

Mabor sta bene in città , lo si vede spesso con Moussa Bamba, maliano di 19 anni anche lui con un contratto da professionista. Napoli è la sua nuova casa e la sensazione è che il giovane cestista possa continuare a restare tra Fuorigrotta e Pozzuoli ed in un club che se riesce nell’altra impresa, dopo la Coppa Italia vinta, di costruire un nuovo palasport può a stretto giro per il bacino d’utenza e le ambizioni puntare anche all’Eurolega nel giro dei prossimi 5 anni. E chissà che questo successo in Coppa Italia con Napoli non gli permetta di essere convocato con la nazionale sud sudanese che per la prima volta si è qualificata alle prossime Olimpiadi di Parigi. Sarebbe il giusto riconoscimento per un giocatore che merita.

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19 febbraio 2024

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La favola di Andrea Dut Mabor che ha vinto con la Gevi Napoli: la fuga dalla guerra e dal Sud Sudan fino al sogno Coppa Italia

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19.02.2024

Il racconto del cestista: «Avevo 12 anni quando è scoppiata la guerra. A 15 mio zio mi mise su un aereo verso Roma. Dedico il trofeo alla mia famiglia»

A Napoli lo chiamano “anema longa”. Definizione ineccepibile per i suoi 2 metri e 16 centimetri. Imbraccia la Coppa Italia come fosse un ombrellino portatile. Tredici minuti nelle 3 gare della sua Gevi che ha trionfato incredibilmente in finale sulla Milano di Armani. Due volte (Brescia e Reggio Emilia) lanciato sorprendentemente nel quintetto titolare della Gevi di Milicic. Un paio di rimbalzi catturati ed una stoppata inflitta al signor Galloway che ha vestito la canotta del “Dream Team”e vanta quasi 400 gare nella Nba. Andrea Dut Mabor, 22 anni, è il primo campione sud sudanese di scuola italiana. Eh sì, perché c’è una bella differenza tra il Sud Sudan ed il Sudan. Il primo è il paese più povero al mondo ed anche quello più giovane: resosi indipendente solo 13 anni fa. Con meno di 2 dollari riesci a campare, il secondo ha un percorso amministrativo meno tribolato.Â

Ha una storia difficile tra stenti, disagi e rinunce che racconta con grande difficoltà . Sette anni fa è arrivato in Italia. Era il 2017. Messo su un........

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