Il giovanissimo attore napoletano si racconta: la malattia rara che l'ha colpito, la batteria, il bullismo subito alle superiori, la mamma commissario capo di Polizia: «Mi ha insegnato che le persone non si giudicano»

«Recitare mi ha salvato la testa; insieme alla musica, è la mia vita. Ma quanto silenzio mi sono portato dentro, dopo quella diagnosi. E quanto dolore, sia interiore che fisico. Quanta paura». Ma il peggio è passato, per Francesco Panarella, il «Cucciolo» di Mare Fuori, ventiduenne napoletano cresciuto nel quartiere Vomero, che qualche giorno fa ha raccontato in un post su Instagram della sua brutta avventura. Vissuta, paradossalmente ma anche per fortuna, proprio quando grazie al successo crescente di Mare Fuori, nel cui cast è entrato a partire dalla terza stagione, iniziava a godersi la popolarità guadagnata come attore. La scoperta di una rara malattia che l'aveva colpito al braccio e la prospettiva, inizialmente delineata dai medici, di non poter più suonare la batteria, sulla quale aveva iniziato a picchiettare le bacchette a soli sei anni: «Un vero incubo, per me».Â

Francesco, ci racconta cosa è successo?
«È iniziato tutto poco più di due anni fa, mi serpeggiava nel braccio un dolore fitto che sembrava un tendine fuori posto. Mentre la sofferenza cresceva la diagnosi tardava ad arrivare. Era il morbo di Kienbock: un osso nel mio polso, che si chiama semilunare, era morto, in necrosi. Mi hanno detto che non avrei mai più potuto suonare. Per me è stata durissima. Il dolore al braccio e la paura di dover abbandonare quella che è la passione della mia vita, insieme alla recitazione, mi hanno accompagnato anche sul set della quarta stagione di Mare Fuori, quella che è in onda in queste settimane».Â

Francesco Panareklla suona la batteria da bambino, a destra dopo l'intervento al braccio

In questo momento ha l'avanbraccio fasciato: l'operazione che ha appena subito ha sventato questo rischio?
«Sì, per fortuna. A un certo punto i medici hanno deciso di rivitalizzare l'osso in necrosi, deviando un'arteria, e mi hanno operato. Tra un mese dovrò togliere il ferro che ho nel braccio, poi fare fisioterapia, ma la strada è in discesa. Potrò suonare ancora».Â

Lei scrive "recitare mi ha salvato la testa, insieme alla musica". Da cosa doveva venir fuori? Ha avuto un'adolescenza difficile?
«Sono cresciuto in un contesto tranquillo, di certo lontano da quello dei protagonisti di Mare Fuori, ma ho attraversato anche io una fase complicata sì. Quando ero alle superiori ero sovrappeso, piuttosto timido, ero un po' chiuso in me stesso perché attraversavo una situazione familiare difficile e mia mamma non stava bene. Ecco, in quel periodo, come spesso accade quando si è più deboli, più esposti, sono stato vittima dei bulli. Ho cambiato tre scuole. Non mi sono sentito supportato neanche dagli insegnanti».Â

Nessuna figura di riferimento? Nessuno che le abbia teso una mano?
«Non alle superiori. Alle medie, invece, ho avuto un incontro molto fortunato. Il mio insegnante di musica, Biagio Terracciano, ha creduto moltissimo in me e mi ha convinto a suonare la batteria, credendo che avessi un talento: gli devo moltissimo. Ho iniziato a suonare percussioni e ho continuato a farlo per sette anni. Poi sono arrivate le band, e anche un disco, inciso con il mio amico musicista Davide Mauro. Intanto studiavo recitazione alla Scuola del Cinema di Napoli. Il mio sogno è portare avanti queste due passioni su binari paralleli».Â

Quindi è arrivata «Mare Fuori». Lei è entrato nella serie alla terza stagione, gli attori formavano già un gruppo molto unito.Â
«Sì, vero, non sono tra gli "anziani" della serie. Ma mi hanno accolto alla grande, sin dai primi giorni, mi sono immediatamente integrato. E si sono creati subito legami speciali: con Giuseppe Pirozzi, che nella serie è mio fratello Micciarella, praticamente siamo diventati fratelli anche fuori dal set!».Â

Il suo personaggio, Luigi Di Meo detto Cucciolo, nella stagione in onda in questi giorni (stasera, come ogni mercoledì, due nuovi episodi su Rai Due) diventa più centrale, ha un ruolo da protagonista. È un personaggio non facile, un aspirante camorrista gay, una figura apparentemente forte ma con una sensibilità , a tratti, molto delicata. Come l'ha costruito?
«Mi sono ispirato a uno dei miei miti, Johnny Depp, e in particolare al suo personaggio di Don Juan De Marco, ma anche ad alcune interpretazioni di Philip Seymour Hoffman. Volevo creare un mix di sicurezza e dolcezza. Mi hanno anche suggerito di lasciarmi ispirare da una figura animale (e mentre lo dice il suo pappagallo Zefiro prova a dire la sua nell'intervista): ecco, ho provato a dare a Cucciolo la fisicità di un gorilla, attraversato però dalla leggerezza di una piuma. Spero, in qualche modo, di esserci riuscito».Â

Cucciolo diventa però freddo e brutale nel perseguire la sua ambizione criminale.Â
«È vero. Ma per come lo leggo io se avesse avuto altre possibilità non sarebbe così. Quella è la strada che segue per dare protezione a se stesso e al fratello, perché altre opportunità non ne hanno avute. È una strada sbagliata, e paga per questo, ma io faccio sempre molta attenzione a giudicare, anche i personaggi. Mia mamma è commissario capo di Polizia, ora in pensione, e ci ha sempre insegnato questo: il suo lavoro era intervenire laddove le regole non venivano osservate, ma, quando si trattava di ragazzini, ci ha sempre spiegato che era importante comprendere il perché delle scelte sbagliate, senza giudicarli. Mamma è stata tutto, nella mia formazione. Mi ha sempre lasciato libero, ma indicando una direzione ben precisa: sono cresciuto con la foto di Falcone e Borsellino in salotto».Â

Le è capitato in questi giorni di confrontarsi con sua mamma, poliziotta, su quanto è successo a Pisa, con gli studenti manganellati durante la manifestazione per la Palestina?Â
«No, non è capitato. Sono delle immagini che mi hanno colpito moltissimo. Gli eccessi di quel tipo sono sempre sbagliati: chi ha il compito di fare osservare le regole, questo mi hanno insegnato, è il primo a doverlo fare».

Venti giorni fa lei era al Festival di Sanremo dove ha recitato, insieme ad alcuni colleghi di set, un testo che indicava un nuovo glossario dell'amore. Com'è stata questa esperienza?
«Molto forte, intensa. Stare su quel palco è un'emozione fortissima. E lo è stata ancor di più perché ci hanno affidato un messaggio importante».Â

Lei è molto giovane: sente che tra i suoi coetanei sia molto diffuso un malinteso senso delle relazioni d'amore?
«A volte sì, purtroppo. E credo sia molto utile parlarne. In fondo anche il mio personaggio Cucciolo, da questo punto di vista manda un messaggio importante. Quando il fratello Micciarella si allontana perché non accetta la sua omosessualità lui in fondo gli lascia tempo, e spazio, anche se non è d'accordo. Questo è fondamentale. In tutte le relazioni forti, il rispetto deve essere al primo posto. Vale tra fratelli, ma anche e soprattutto nella coppia. L'amore non è possesso, ma è lasciare respirare, anche quando non siamo d'accordo».Â

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28 febbraio 2024

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Francesco Panarella, "Cucciolo" di Mare Fuori: «Sul set aspirante boss, cresciuto con mia mamma commissario di polizia»

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28.02.2024

Il giovanissimo attore napoletano si racconta: la malattia rara che l'ha colpito, la batteria, il bullismo subito alle superiori, la mamma commissario capo di Polizia: «Mi ha insegnato che le persone non si giudicano»

«Recitare mi ha salvato la testa; insieme alla musica, è la mia vita. Ma quanto silenzio mi sono portato dentro, dopo quella diagnosi. E quanto dolore, sia interiore che fisico. Quanta paura». Ma il peggio è passato, per Francesco Panarella, il «Cucciolo» di Mare Fuori, ventiduenne napoletano cresciuto nel quartiere Vomero, che qualche giorno fa ha raccontato in un post su Instagram della sua brutta avventura. Vissuta, paradossalmente ma anche per fortuna, proprio quando grazie al successo crescente di Mare Fuori, nel cui cast è entrato a partire dalla terza stagione, iniziava a godersi la popolarità guadagnata come attore. La scoperta di una rara malattia che l'aveva colpito al braccio e la prospettiva, inizialmente delineata dai medici, di non poter più suonare la batteria, sulla quale aveva iniziato a picchiettare le bacchette a soli sei anni: «Un vero incubo, per me».Â

Francesco, ci racconta cosa è successo?
«È iniziato tutto poco più di due anni fa, mi serpeggiava nel braccio un dolore fitto che sembrava un tendine fuori posto. Mentre la sofferenza cresceva la diagnosi tardava ad arrivare. Era il morbo di Kienbock: un osso nel mio polso, che si chiama semilunare, era morto, in necrosi. Mi hanno detto che non avrei mai più potuto suonare. Per me è stata durissima. Il dolore al braccio e la paura di dover abbandonare quella che è la passione della mia vita, insieme alla recitazione, mi hanno accompagnato anche sul set della quarta stagione di Mare Fuori, quella che è in onda in queste settimane».Â

Francesco Panareklla suona la batteria da bambino, a destra dopo l'intervento al braccio

In questo momento ha l'avanbraccio........

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