Iniziativa tra Gesac e Federico II. Le storie di Bakary, Hafiza, Fallah e Fatima

«Sogni che meritano di volare». È questo il nome dell’iniziativa che ha permesso a 7 studentesse e 9 studenti rifugiati politici di ottenere una borsa di studio triennale alla Federico II, finanziata da Gesac, gestore degli aeroporti di Capodichino e Salerno, in collaborazione con la comunità di San’Egidio. Ieri per la cerimonia di consegna delle borse di studio, nella sala del consiglio di amministrazione della Federico II; i borsisti sono stati accolti dal rettore Matteo Lorito. Le borse garantiscono un sostengo economico per i servizi. «Nel nostro ateneo — ha detto il rettore — gli studenti rifugiati politici godono della piena esenzione dalle tasse universitarie. La Gesac dà un aiuto concreto ulteriore perché per vivere da studente fuori sede, lontano dai propri Paesi ci vogliono fondi. La differenza culturale — ha aggiunto — è la nostra forza e noi, che in 800 anni abbiamo sempre incluso, con questa iniziativa riscopriamo ancora di più questo valore».Â

Borsisti provenienti da Mali; Afghanistan; Guinea; Nigeria; Sudan; Senegal; Iran e Ucraina, disegnando un geografia che abbatte i confini di quella politica attuale. «Noi — ha commentato Barbieri, ad di Gesac — come gestori di aeroporto siamo abituati a superare i confini e con questa iniziativa proviamo a dare qualcosa alla città ». Una città dove gli studenti rifugiati sono circa 100 come ha ricordato il delegato del rettore, Francesco Dandolo. A concludere l’evento, con il suo intervento, è stato lo scrittore Maurizio de Giovanni che si è rivolto direttamente ai ragazzi. «Provocate in me il 90% di gioia, il 9% di orgoglio e l’1% di malinconia, per il fatto che solidarietà e accoglienza siano diventati atti eccezionali nel nostro Paese». Queste le storie dei ragazzi che stanno studiando e programmano il loro futuro.

«Lo studio mi aiuta a superare tutto». Lo dice sorridendo Bakary Yatassaye, che ieri mattina ha fatto il suo primo esame di filosofia, un bel 30 e lode. Bakary di ostacoli da superare ne ha avuti tanti. È fuggito dalla guerra e dal terrorismo jihadista, ha abbandonato il Mali, ha attraversato il deserto del Sahara, è salito su uno dei barconi disperati che solcano il Mediterraneo ed è arrivato in Italia prima a Bari, dove ha dormito in stazione, poi a Foggia, dove ha lavorato sfruttato dai caporali, nelle terre della Capitanata vivendo in uno dei ghetti per braccianti. «Sono arrivato in Italia nel 2022 — racconta —. In Mali mi sono laureato in Filosofia alla triennale. Vivevo vicino ad una caserma dell’esercito, quando i jihadisti l’hanno assaltata sono scappato verso la Mauritania, poi in Marocco e poi il mare, il gommone e l’Italia. La prima settimana ho dormito sulle panchine nella stazione di Bari, poi sono andato a Foggia ho lavorato in campagna sotto i caporali. Quando sono riuscito ad arrivare a Napoli e mi è stata riconosciuta la protezione, la mia vita è cambiata ricominciando a studiare la mia amata filosofia».

«Ho lasciato il mio Paese e la mia famiglia perché non potevo neanche andare a scuola». Hafiza Mahdiyar è giovanissima, ha 19 anni, è scappata dall’Afghanistan quando la coalizione occidentale ha abbandonato il Paese e i talebani hanno ripreso il potere. Per il regime di Kabul le scuole sono una cosa tutta maschile come il resto dei luoghi sociali e culturali. Hafiza però a scuola ci vuole andare, le piacciono i libri, per lei lo studio è qualcosa di vitale. Quando arriva a Napoli impara subito l’italiano e si diploma all’Isis Elena di Savoia. «Oggi, grazie a questa iniziativa di Gesac, studio Economia aziendale — dice —. Per me l’università è una conquista, sono fuggita da Kabul perché lì, in quanto donna non avevo il diritto di andare a scuola o di leggere un libro, adesso ho questa opportunità immensa e voglio raggiungere i miei obiettivi anche per dare torto a chi pensa che noi donne non dobbiamo studiare. Sogno di realizzarmi come donna manager, per dare una risposta forte e decisa a chi ha provato ad impedirmelo e voglio farlo in questa città che mi piace tantissimo dove ho trovato tanta generosità nelle persone che sono sempre pronte ad aiutare gli altri».

«Qui le donne hanno la libertà ». Fallah Maede è una ragazza di 22 anni, ha vissuto sempre a Teheran con la sua famiglia, oggi è a Napoli per finire la laurea specialista in Biotecnologie. «A Teheran — racconta — ho studiato fino a laurearmi in Biologia cellulare. Nel 2020 ho deciso di andare a studiare in un altro Paese, un posto che mi desse più libertà e chi mi permettesse di costruirmi davvero un futuro. Ho visto che la Federico II era la migliore università italiana per le mie materie e ho scelto di venire qui a Napoli. Ora voglio studiare, finire questo percorso e riuscire a fare il dottorato. Poi spero di trovare un lavoro qui perché questa città mi piace. I napoletani mi ricordano il mio popolo, mi fanno sentire a casa e se mai dovessi andare via la porterò sempre nel cuore». Fallah non ha il velo, è vestita con colori sgargianti e non ha alcuna intenzione di sentirsi limitata. «Non programmo di tornare in Iran, lì per noi donne ci sono problemi e nessuna occasione. In Italia le donne non avranno le stesse opportunità degli uomini ma io qui godo di diritti e di libertà impensabili nel mio Paese».

«Per me studiare significa combattere contro le regole orrende dei talebani». Fatima Mahdiyar è una studentessa di Medicina e chirurgia, è arrivata a Napoli nell’agosto del 2021. Insieme con un gruppo di afghani è riuscita ad abbandonare il Paese nel caos mentre i talebani e la sharia ritornavano. «Sono qui a Napoli con mia sorella Hafiza — dice — mentre la maggiore è a Bari e si sta laureando alla magistrale in Relazioni internazionali. A Kabul sono rimasti mamma e papà con i nostri due fratelli, loro non sono riusciti a fuggire. Oggi in Afghanistan le donne non hanno alcun diritto: non possono lavorare, non possono studiare, non possono vivere. Per questo per me studiare significa tanto. Diventando medico, preparandomi, realizzando i miei sogni e dando sfogo ai miei talenti sconfiggo i talebani, abbatto quelle loro regole disumane e violente che impongono a una donna di vivere in un incubo. Questa è la motivazione che mi spinge a fare del mio meglio per raggiungere il mio obiettivo: diventare una cardiochirurga. Ringrazio Napoli che mi ha permesso di farlo, questa città mi ricorda la mia Kabul, quella di prima, sempre pronta ad accogliere e a sorridere, nonostante tutto».

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18 aprile 2024 ( modifica il 18 aprile 2024 | 07:50)

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QOSHE - Borse di studio per studentirifugiati, Napoli inclusiva​Le storie di Bakary e Hafiza,​Fallah e Fatima - Claudio Mazzone
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Borse di studio per studentirifugiati, Napoli inclusiva​Le storie di Bakary e Hafiza,​Fallah e Fatima

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18.04.2024

Iniziativa tra Gesac e Federico II. Le storie di Bakary, Hafiza, Fallah e Fatima

«Sogni che meritano di volare». È questo il nome dell’iniziativa che ha permesso a 7 studentesse e 9 studenti rifugiati politici di ottenere una borsa di studio triennale alla Federico II, finanziata da Gesac, gestore degli aeroporti di Capodichino e Salerno, in collaborazione con la comunità di San’Egidio. Ieri per la cerimonia di consegna delle borse di studio, nella sala del consiglio di amministrazione della Federico II; i borsisti sono stati accolti dal rettore Matteo Lorito. Le borse garantiscono un sostengo economico per i servizi. «Nel nostro ateneo — ha detto il rettore — gli studenti rifugiati politici godono della piena esenzione dalle tasse universitarie. La Gesac dà un aiuto concreto ulteriore perché per vivere da studente fuori sede, lontano dai propri Paesi ci vogliono fondi. La differenza culturale — ha aggiunto — è la nostra forza e noi, che in 800 anni abbiamo sempre incluso, con questa iniziativa riscopriamo ancora di più questo valore».Â

Borsisti provenienti da Mali; Afghanistan; Guinea; Nigeria; Sudan; Senegal; Iran e Ucraina, disegnando un geografia che abbatte i confini di quella politica attuale. «Noi — ha commentato Barbieri, ad di Gesac — come gestori di aeroporto siamo abituati a superare i confini e con questa iniziativa proviamo a dare qualcosa alla città ». Una città dove gli studenti rifugiati sono circa 100 come ha ricordato il delegato del rettore, Francesco Dandolo. A concludere l’evento, con il suo intervento, è stato lo scrittore Maurizio de Giovanni che si è rivolto direttamente ai ragazzi. «Provocate in me il 90% di gioia, il 9% di orgoglio e l’1% di malinconia, per il........

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