La denuncia di Cesare Moscati nel Giorno della Memoria: «Siamo stati minacciati, aggrediti, in città atti di antisemitismo»

«Per noi ebrei non è facile in città . C’è tanta paura, ci nascondiamo, ci rendiamo irriconoscibili, anche la kippha la copriamo con il cappello». Nelle parole di Cesare Moscati, rabbino capo della comunità ebraica di Napoli, c’è tutta la difficoltà di chi a Napoli, come in tante città del mondo, sta vivendo un momento difficile, stretto tra la rabbia di chi condanna Israele, che spesso si mischia all’antisemitismo storico, e l’odio cieco antiebraico.
Lei ha parlato di atti antisemiti a Napoli, ce li può raccontare?
«Alcune persone della nostra comunità sono state aggredite verbalmente in strada con epiteti razzisti. Per fortuna niente di fisico, ma le offese spesso sono pesanti e sono fatte per il solo fatto di essere ebrei. Poi ci sono le scritte antisemite che appaiono sui muri».

Dove?
«Un po’ ovunque in giro per Napoli. Anche ieri mentre andavamo in prefettura per le manifestazioni era pieno».

C’è un’emergenza antisemitismo a Napoli?
«Sono aumentati gli atti antisemiti in città , ai quali si aggiungono le manifestazioni dei movimenti pro-Palestina, penso a ciò che è accaduto all’università L’Orientale e ai cortei, espressioni di un forte risentimento non nei confronti della politica israeliana ma degli ebrei in quanto tali».

Come vivono gli ebrei napoletani questa situazione?
«La paura è tanta e anche a Napoli si respira l’odio antisemita. Alcuni hanno iniziato a non venire in sinagoga. La kippha la portiamo tutti sotto il cappello e ogni simbolo distintivo della nostra religione, anche la stella di Davide, la nascondiamo. Per la nostra sicurezza personale ci rendiamo irriconoscibili come ebrei, cerchiamo di passare in anonimato per non dare adito ai malintenzionati».

Napoli si sta dimostrando antisemita?
«I napoletani non sono affatto antisemiti, nelle 4 giornate hanno cacciato i nazisti e non gli hanno permesso di deportare gli ebrei. Purtroppo però ci sono state manifestazioni contro Israele che poi sono trascese in odio contro l’ebreo in generale. Con parole e discorsi incapaci di fare un distinguo tra Israele e l’ebreo che si trova a Napoli. D’altronde in città vivono parecchi immigrati dai paesi arabi e questo influisce molto».

In che senso?
«Condiziona il dibattito pubblico. Ad esempio l’estrema sinistra cittadina, che si avvicina al popolo palestinese mette tutti nello stesso calderone. Hamas viene riconosciuto come un movimento partigiano, un gruppo eroico mentre è un’organizzazione terroristica che ha fatto strage di bambini, che ha nello statuto l’annientamento degli ebrei. Anche a Napoli spesso sono mancanti i distinguo».

Quali?
«L’ebreo che vive a Napoli non ha nulla a che vedere con la politica di Israele e invece si fa di tutta un erba un fascio così emerge, quasi giustificato dalla situazione internazionale, il sentimento forte e intollerante di chi è antisemita».

Cosa è cambiato dal 7 ottobre?
«Molto. Non dimentichiamo che quella del 7 ottobre è stata la più grande uccisione di ebrei dopo la shoah, 1.400 persone uccise in 12 ore solo perché ebree».

Che valore assume il Giorno della Memoria?
«Diventa fondamentale davanti alla riemersione dei prototipi dell’antisemitismo che fanno dell’ebreo il colpevole di tutto».

Qual è il vostro rapporto con Napoli?
«La nostra comunità esiste in città da duemila anni. Gli ebrei hanno dato a Napoli un apporto profondo, e peso ad Ascarelli con la squadra di calcio, il campo sportivo e l’ospedale. I rapporti sono sempre stati ottimi e lo sono ancora oggi, purtroppo c’è una parte di estremisti, come in tutto il mondo, apertamente antisemiti».

Napoli, come luogo dove le culture si confrontano e si miscelano, può essere la città da dove parte un percorso di pace?
«Magari. Riconoscersi l’uno con l’altro è fondamentale e in questa città ci siamo tutti: Islam, Cristianesimo ed Ebraismo. Il dialogo tra le nostre religioni è fondamentale quanto il rispetto. Crediamo tutti nello stesso Dio, siamo tutti fratelli e viviamo sullo stesso mondo. Bisogna estromettere i fondamentalisti e guardare a ciò che ci accomuna».

Dunque è il tempo della pace?
«Normalmente la la pace viene fatta dopo la guerra. Io credo che sarebbe sempre meglio farla prima di iniziare ogni tipo guerra».

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27 gennaio 2024 ( modifica il 27 gennaio 2024 | 07:23)

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Il rabbino capo: «A Napoli noi ebrei abbiamo paura, copriamo la kippha con il cappello, qualcuno non viene più in sinagoga»

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27.01.2024

La denuncia di Cesare Moscati nel Giorno della Memoria: «Siamo stati minacciati, aggrediti, in città atti di antisemitismo»

«Per noi ebrei non è facile in città . C’è tanta paura, ci nascondiamo, ci rendiamo irriconoscibili, anche la kippha la copriamo con il cappello». Nelle parole di Cesare Moscati, rabbino capo della comunità ebraica di Napoli, c’è tutta la difficoltà di chi a Napoli, come in tante città del mondo, sta vivendo un momento difficile, stretto tra la rabbia di chi condanna Israele, che spesso si mischia all’antisemitismo storico, e l’odio cieco antiebraico.
Lei ha parlato di atti antisemiti a Napoli, ce li può raccontare?
«Alcune persone della nostra comunità sono state aggredite verbalmente in strada con epiteti razzisti. Per fortuna niente di fisico, ma le offese spesso sono pesanti e sono fatte per il solo fatto di essere ebrei. Poi ci sono le scritte antisemite che appaiono sui muri».

Dove?
«Un po’ ovunque in giro per Napoli. Anche ieri mentre andavamo in prefettura per le manifestazioni era pieno».

C’è un’emergenza antisemitismo a Napoli?
«Sono aumentati gli atti antisemiti in città , ai quali si aggiungono le manifestazioni dei movimenti........

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