Parla Antonino Salvia, figlio del vicedirettore del carcere di Poggioreale fatto ammazzare da Antonio Cutolo: una deriva che allarma, sta passando una cultura criminale che rischia di attrarre tanti ragazzi

Antonino Salvia si è «allarmato» per i contenuti social che esaltano Raffaele Cutolo, il defunto boss della Nco che è stato il mandate dell’omicidio del padre Giuseppe. Sono vent’anni che Antonino si occupa di portare la cultura della responsabilità all’interno delle scuole, parlando con gli studenti e provando a costruire insieme l’idea di Stato. A loro racconta la storia di suo padre. Giuseppe Salvia il 14 aprile del 1981 fu raggiunto da un commando della Nco sulla tangenziale di Napoli all’altezza dell’uscita Arenella e freddato mentre era alla guida della sua automobile. Raffaele Cutolo aveva deciso di eliminarlo perché, come vicedirettore del carcere di Poggioreale, Salvia aveva rifiutato di assicurargli un trattamento di riguardo e in una occasione l’aveva «addirittura» perquisito.Â

Dottore Salvia, come ha reagito nel vedere i video che esaltano Cutolo in cui si nomina suo padre?
«Mi sono allarmato, sta passando una cultura criminale che rischia di attrarre tanti ragazzi».Â

Anche grazie ai social?
«Oggi può passare qualsiasi messaggio, non serve una qualifica di ciò che viene comunicato, è tutto basato sui follower. Servirebbe maggiore controllo».Â

Come?
«Un’autorità . I messaggi criminali generano un pericoloso consenso soprattutto nei giovani che, non conoscendo cosa è stata e cos’è la camorra, possono convincersi che la mentalità camorristica sia vincente».Â

Non c’è controllo?
«Ci si affida ad un’intelligenza artificiale, ad un algoritmo. Per assurdo si possono pubblicare contenuti che esaltano Cutolo e la piattaforma li fa diventare anche virali. In più su questi messaggi si potrebbero anche integrare gli estremi di apologia di reato se non di istigazione».Â

Serve un lavoro culturale?
«Certo. La colpa di tutto questo ricade necessariamente sulla “comunità educante”».Â

In che senso?
«Gli attori istituzionali impegnati nella crescita culturale delle nuove generazioni: famiglia, scuola, istituzioni e contesto sociale hanno una responsabilità importante. I ragazzi sono lo specchio della società ed evidentemente non siamo ancora riusciti ad offrire loro, in maniera efficace, un riferimento culturale valido ed alternativo rispetto alla seduttività del male e della legge del più forte».Â

Serve una nuova narrazione per contrastare la camorra?
«Sì ma purtroppo in questo siamo perdenti. Non riusciamo ad utilizzare la stessa tecnica seducente dei criminali. La fascinazione che crea il male fa molta più presa rispetto a narrare la storia di un servitore dello Stato che ha sacrificato consapevolmente la propria vita per contrastare il malaffare e la politica corrotta».Â

Perché?
«Ci manca la capacità seduttiva di registi e sceneggiatori che hanno fatto serie di grandissimo successo come Gomorra o Mare Fuori. Serve un correttivo narrativo fatto però con tecniche di oggi per parlare ai ragazzi».Â

Cosa direbbe ad un giovane che esalta Cutolo sui social?
«Non hai idea di cosa è stata e di cos’è la camorra. Se studi cosa ha fatto Cutolo scoprirai che la camorra è una mentalità culturale che conduce solo a due cose: il carcere o la morte. Gli direi che la legge del più forte non porta a nulla e solo nel rispetto delle regole si può essere davvero liberi di costruire una società più giusta».Â

Crede che ci sia indifferenza sui social sul tema camorra?
«Purtroppo sì. O sei contro la camorra esplicitamente o sei complice».Â

Nessuna via di mezzo?
«No. È proprio in quella linea grigia che una parte della politica ha trovato il contatto con la camorra. Cutolo ha rappresentato anche un ingranaggio di un sistema deviato dello Stato più ampio che, prima della trattativa Stato-mafia, aveva già intessuto rapporti con le istituzioni».Â

Una storia dimenticata?
«Apparati deviati dello Stato andarono in carcere da Cutuolo nell’aprile del 1981, pochi giorni dopo l’omicidio di mio padre, per trattare la liberazione dell’esponente democristiano Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse. Lo dicono le sentenze, non io. Ci sono anche i video, quelli però, purtroppo, non sono virali sui social».

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2 marzo 2024 ( modifica il 2 marzo 2024 | 15:34)

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Salvia: «Sul Web c’è di tutto e servono controlli, basta con queste narrazioni»

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02.03.2024

Parla Antonino Salvia, figlio del vicedirettore del carcere di Poggioreale fatto ammazzare da Antonio Cutolo: una deriva che allarma, sta passando una cultura criminale che rischia di attrarre tanti ragazzi

Antonino Salvia si è «allarmato» per i contenuti social che esaltano Raffaele Cutolo, il defunto boss della Nco che è stato il mandate dell’omicidio del padre Giuseppe. Sono vent’anni che Antonino si occupa di portare la cultura della responsabilità all’interno delle scuole, parlando con gli studenti e provando a costruire insieme l’idea di Stato. A loro racconta la storia di suo padre. Giuseppe Salvia il 14 aprile del 1981 fu raggiunto da un commando della Nco sulla tangenziale di Napoli all’altezza dell’uscita Arenella e freddato mentre era alla guida della sua automobile. Raffaele Cutolo aveva deciso di eliminarlo perché, come vicedirettore del carcere di Poggioreale, Salvia aveva rifiutato di assicurargli un trattamento di riguardo e in una occasione l’aveva «addirittura» perquisito.Â

Dottore Salvia, come ha reagito nel vedere i video che esaltano Cutolo in cui si nomina suo padre?
«Mi sono allarmato, sta passando una cultura criminale che rischia di attrarre tanti ragazzi».Â........

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