Michele Mele, salernitano di 32 anni, è l'unico italiano della task force di scienziati Onu che si interessa di politiche inclusive. Si occupa di algoritmi e ne ha creato uno per la gestione degli aeroporti: «Ora lavoro a un progetto che permetterà ai bambini ciechi nel mondo di studiare Matematica»

Michele Mele con il presidente Sergio Mattarella

Michele riesce a guardare oltre l’orizzonte. E anche più in là . Lui, 33 anni - «ma non ancora compiuti» scherza – è praticamente cieco da quando era bambino: eredodegenerazione retinico-maculare è il nome della malattia che lo ha reso gravemente ipovedente e ha anticipato una seconda patologia, che ha peggiorato ulteriormente la situazione. Ma lui ha un terzo occhio che gli funziona benissimo: quello del cuore. Con il quale mette a fuoco praticamente tutti. Le sue tre grandi passioni sono, più o meno in ordine di rilevanza: la matematica, il calcio, la musica. E tra le tante cose nelle quali è indaffarato, c’è la creazione di algoritmi per risolvere problemi quotidiani a grandi aziende e persone; scrivere di storia del calcio inglese per un sito specializzato anglosassone; suonare uno strano flauto britannico e far parte della task force di scienziati ipovedenti dell’Onu che programmano iniziative per aiutare i ciechi nel mondo. Poi se gli resta qualche ora libera, forse dorme. Nato a Salerno, si è laureato in Matematica nonostante qualche professore a scuola ai tempi sentenziasse: «Sei cieco, non potrai mai farlo». Chissà se quell’insegnante si è pentito. E se avrà letto almeno uno dei due libri che Michele Mele ha scritto. O magari ha saputo che il suo ex alunno, il 20 marzo scorso, è stato insignito dal presidente Sergio Mattarella dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.

Ma quante cose fa? Almeno la smetta con il giornalismo, evitiamo la concorrenza.
«Il giornalismo è un hobby. Lo faccio da dilettante e sono accreditato solo in Gran Bretagna. Oltre a scrivere di calcio, mi occupo anche di musica folk irlandese per il portale Bright Young Folk. E di sport per lo Yorkshire by lines. Naturalmente sono articoli scritti in inglese».

Nel frattempo è ricercatore all’Università del Sannio.
«Mi occupo di Ottimizzazione combinatoria, un ramo della Matematica. Sono al Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Benevento. Invece la laurea l’ho conseguita a Salerno, naturalmente in Matematica. Poi un dottorato in Matematica e Informatica a Napoli, alla Federico II».

Ma davvero le dissero di smettere con la Matematica?
«E’ successo. Al liceo. Il professore di Matematica e Fisica mi disse che non era il caso, che non potevo studiarla per la mia condizione. Che quelli come me dovevano dedicarsi ad altro, magari a materie umanistiche».

E invece…
«Invece ho continuato, d’altra parte la Matematica è sempre stata la mia grande passione e anche ciò che mi ha permesso di risolvere i miei problemi fin da bambino».

Cioè?
«Da piccolo ho sempre dovuto geometrizzare gli spazi per potermi muovere. E per andare da una parte all’altra dovevo fare lo stesso per strade, marciapiedi, incroci. Imparare a utilizzare modelli di matematica per trovare il percorso più agevole, che non è detto sia più breve. Individuare gli ostacoli e come superarli. E’ in sostanza un algoritmo, un problema di cammino minimo con ostacoli aggiuntivi. Così quando all’Università ho inserito l’esame di Ottimizzazione Combinatoria al piano studi, mi son detto: ma questo è quello che faccio fin da bambino senza saperlo».

Per chi si ferma alle tabelline o nei dintorni, è possibile spiegare semplicemente cos’è l’Ottimizzazione Combinatoria?
«La scienza degli algoritmi per risolvere problemi concreti spesso legati alla gestione della risorse umane, del tempo e delle logistiche».

E lei con questi algoritmi cosa ha fatto?
«Una ottimizzazione dei servizi di assistenza alle persone con disabilità negli aeroporti internazionali. In alcuni scali questo settore si gestisce ancora con foglio di carta e penna. E non sempre in piena sicurezza. Invece con un algoritmo da me ideato, in meno di due decimi di secondo si può organizzare e pianificare una intera giornata di assistenza in aeroporto anche con duemila richieste e centinaia di lavoratori coinvolti. Il risultato sorprendente è che permette di creare un servizio di qualità a un costo altamente competitivo».

E all’Onu di cosa si occupa?
«Sono l’unico componente italiano dell’Education officer della campagna Science in brail dell’Onu e del Rasit di Londra: un collettivo di scienziati ipovedenti o non vedenti che rappresenta un punto di riferimento per le politiche inclusive. Ci muoviamo su iniziative in tutto il mondo. Ci sono Paesi che in questo campo ancora non hanno neanche il concetto di pensione di invalidità . Stiamo cercando di aiutare specialmente i contesti più difficili».

In tutto questo le serve anche la Matematica?
«Abraham Nemeth, negli anni ’70, ha sviluppato un sistema che si chiama MathSpeak, che permette di eliminare le ambiguità nella matematica parlata. E’ un sistema obbligatorio nei paesi di lingua inglese, ma nel resto nel mondo no. Questo facilità l’apprendimento della materia perché non è che non puoi capirla perché non vedi, ma tutto dipende da come ti viene spiegata. Il mio obiettivo a livello di ricerca è riprendere MathSpeak ed eventualmente aggiornarlo, diffonderlo attraverso il progetto dell’Onu in tutti i Paesi. I non vedenti devono avere possibilità di accesso alla Matematica come ad altri campi».

Vuole tentare di estendere questo sistema a tutto il mondo?
«Nel mondo il 2,5% degli studenti ha problemi di vista: vede poco o niente. Sono milioni di persone. Migliorare il loro apprendimento è importante. Manderò una lettera a tutti i ministeri dell’Istruzione del mondo per inserire MathSpeak nella formazione delle scuole».

Non dimentichiamo che ha scritto anche due libri.
«L’universo tra le dita, nel 2021: le storie di 10 scienziati ipovedenti o non vedenti degli ultimi 4 secoli. E nel 2023 ho scritto “Il richiamo della strada”: la storia di John Metcalf. Non tutti sanno che il primo ingegnere stradale della storia era un non vedente».

E le piace anche la musica.
«Suono il pianoforte e più di recente ho imparato a suonare il low whistle, un tipico strumento inglese, una sorta di flauto».

Qualche settimana fa, il presidente Mattarella l’ha insignita dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.
«E’ stato molto emozionante. Il Presidente mi ha augurato buon lavoro e ho ricevuto da lui un abbraccio affettuoso. Mi ha detto di essere molto colpito dal lavoro che porto avanti e anche da un altro progetto che ho avviato a Salerno come socio attivo del Touring Club sull’accessibilità dell’arte. L’obiettivo è riprodurre in forma tattile bidimensionale delle opere, dai quadri agli affreschi, in modo da poterle far percepire anche a chi non ne può godere perché cieco».

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3 aprile 2024

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«Al liceo dicevano "sei cieco, non puoi studiare Matematica". Sono uno scienziato e all'Onu creo progetti per aiutare i ciechi»

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03.04.2024

Michele Mele, salernitano di 32 anni, è l'unico italiano della task force di scienziati Onu che si interessa di politiche inclusive. Si occupa di algoritmi e ne ha creato uno per la gestione degli aeroporti: «Ora lavoro a un progetto che permetterà ai bambini ciechi nel mondo di studiare Matematica»

Michele Mele con il presidente Sergio Mattarella

Michele riesce a guardare oltre l’orizzonte. E anche più in là . Lui, 33 anni - «ma non ancora compiuti» scherza – è praticamente cieco da quando era bambino: eredodegenerazione retinico-maculare è il nome della malattia che lo ha reso gravemente ipovedente e ha anticipato una seconda patologia, che ha peggiorato ulteriormente la situazione. Ma lui ha un terzo occhio che gli funziona benissimo: quello del cuore. Con il quale mette a fuoco praticamente tutti. Le sue tre grandi passioni sono, più o meno in ordine di rilevanza: la matematica, il calcio, la musica. E tra le tante cose nelle quali è indaffarato, c’è la creazione di algoritmi per risolvere problemi quotidiani a grandi aziende e persone; scrivere di storia del calcio inglese per un sito specializzato anglosassone; suonare uno strano flauto britannico e far parte della task force di scienziati ipovedenti dell’Onu che programmano iniziative per aiutare i ciechi nel mondo. Poi se gli resta qualche ora libera, forse dorme. Nato a Salerno, si è laureato in Matematica nonostante qualche professore a scuola ai tempi sentenziasse: «Sei cieco, non potrai mai farlo». Chissà se quell’insegnante si è pentito. E se avrà letto almeno uno dei due libri che Michele Mele ha scritto. O magari ha saputo che il suo ex alunno, il 20 marzo scorso, è stato insignito dal presidente Sergio Mattarella dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.

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