Oggi arrivano 5 miliardi dal Nord ma la regione riceve meno sul pro capite. Allarme Anaao: «La riforma distruggerà il sistema»

Nella ripartizione regionale del Fondo sanitario nazionale 2023, approdata in Gazzetta ufficiale, la Campania risulta maglia nera per quota pro capite, superata in negativo (peraltro di pochissimo) dalla sola Provincia autonoma di Bolzano. Ma a suscitare preoccupazione ancor più seria è lo scenario che potrebbe delinearsi con l’approvazione dell’Autonomia differenziata. I dati e la loro interpretazione sono evidenziati all’interno di un documento elaborato dal Dipartimento Salute dell’Anci (Associazione dei Comuni italiani) Campania, diretto da Antonio Salvatore. Il Fondo sanitario nazionale per il 2023 è stato finanziato dallo Stato con 128 miliardi dei quali 124 destinati ai Livelli essenziali di assistenza (Lea). Di questi 11,46 rappresentano la quota destinata alla Campania che però ne riceverà solo 11,23 perché 230 milioni sono stati sottratti a monte in conseguenza del fenomeno della migrazione sanitaria, cioè della fuga di pazienti verso altre regioni.

«Giova evidenziare — sottolinea Salvatore di Anci Campania — che la ripartizione del Fsn 2023 è avvenuta con i nuovi criteri stabiliti dal ministero della Salute con il decreto del 30 dicembre 2022». Nel dettaglio si è tenuto conto «della popolazione residente, del tasso di mortalità della popolazione con età inferiore ai 75 anni, dei consumi sanitari per età , nonché di alcuni indicatori rappresentativi di particolari situazioni territoriali impattanti sui consumi sanitari». Tradotta, come si dice, in soldoni, la quota spettante a ciascun cittadino residente in Campania è di 2.050 euro a fronte di una media nazionale di 2.104. «Tutto ciò — si puntualizza — si traduce in minori risorse per la nostra regione per circa 530 milioni di euro di cui circa 300 milioni per minore quota capitaria attribuita alla Campania, più 230 milioni riferiti al fenomeno migratorio».

Ma è analizzando la provenienza dei fondi destinati alla Campania che affiorano le maggiori perplessità riguardo alla prospettiva. Degli 11,42 miliardi complessivi, 1.025 milioni sono attinti dal gettito Irap, 623 dalle addizionali Irpef e 163 da entrate convenzionali delle aziende sanitarie campane. I rimanenti 9,7 miliardi, vale a dire l’84 per cento del totale, deriva dal fondo perequativo al quale la Campania contribuisce con una compartecipazione annuale al gettito Iva per circa 4 miliardi di euro. «Ciò significa — segnala Salvatore — che una quota importante delle risorse per garantire il diritto alla salute dei cittadini, cioè circa 5 miliardi, proviene da fonti nazionali con il contributo di altre Regioni soprattutto del Nord. Tale circostanza induce fondatamente a ritenere che l’Autonomia differenziata, per come attualmente concepita, potrebbe causare l’implosione del sistema salute regionale e l’inevitabile transumanza verso il Nord di pazienti e professionisti».

Ma non è finita. «L’Autonomia — si evidenzia — potrebbe comportare la devoluzione di una quota significativa di gettito erariale e dunque la perdita di controllo statale di settori determinanti della spesa pubblica. Insomma una vera e propria frammentazione di risorse e servizi pubblici essenziali. Ipotizzare una riforma epocale di settori sensibili, come quello sanitario, in un particolare momento storico, caratterizzato da numerose criticità (grave carenza di personale del Ssn, piani di rientro, migrazione sanitaria, sottostima sistemica delle risorse nonostante maggiori stanziamenti, aumento della spesa sanitaria privata, potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale nei termini sanciti dal Pnrr), appare esercizio alquanto azzardato».

E si arriva alle conclusioni. «La definizione dei Lep è solo uno degli aspetti da definire in via preventiva, ma non è di certo il solo. In assenza di ulteriori strumenti di tutela per le regioni meno robuste, gli effetti di un’autonomia “poco accorta”potrebbero essere devastanti». E per suffragare questo assunto si mostrano i dati comparativi relativi al personale sanitario dell’Emilia Romagna e della Campania. Solo un paio di raffronti per rendere l’idea. Nella regione del Nord per ogni 10 mi la abitanti ci sono 41 medici (tra generici e specialisti), in Campania 39,3. Ma il divario si amplia se si considerano gli infermieri: 62,1 in Emilia Romagna, 57,5 in Campania.
Allarmato il segretario nazionale dell’Anao (il sindacato dei medici e dirigenti sanitari) Pierino Di Silverio. «Il folle progetto dell’Autonomia — afferma — comporta un pericolo ancora più serio. Si vogliono definire i Lep sulla base dello storico degli ultimi 3 anni. Così si arriverà a una secessione selvaggia del welfare state , con la distruzione di sanità e istruzione.

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6 febbraio 2024

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L'Anci: con l'Autonomiaeffetti devastanti sulla Sanità in Campania

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06.02.2024

Oggi arrivano 5 miliardi dal Nord ma la regione riceve meno sul pro capite. Allarme Anaao: «La riforma distruggerà il sistema»

Nella ripartizione regionale del Fondo sanitario nazionale 2023, approdata in Gazzetta ufficiale, la Campania risulta maglia nera per quota pro capite, superata in negativo (peraltro di pochissimo) dalla sola Provincia autonoma di Bolzano. Ma a suscitare preoccupazione ancor più seria è lo scenario che potrebbe delinearsi con l’approvazione dell’Autonomia differenziata. I dati e la loro interpretazione sono evidenziati all’interno di un documento elaborato dal Dipartimento Salute dell’Anci (Associazione dei Comuni italiani) Campania, diretto da Antonio Salvatore. Il Fondo sanitario nazionale per il 2023 è stato finanziato dallo Stato con 128 miliardi dei quali 124 destinati ai Livelli essenziali di assistenza (Lea). Di questi 11,46 rappresentano la quota destinata alla Campania che però ne riceverà solo 11,23 perché 230 milioni sono stati sottratti a monte in conseguenza del fenomeno della migrazione sanitaria, cioè della fuga di pazienti verso altre regioni.

«Giova evidenziare — sottolinea Salvatore di Anci Campania — che la ripartizione del Fsn 2023 è avvenuta con i nuovi criteri stabiliti dal ministero della Salute con il decreto del 30 dicembre........

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