Citato da Vogue, firma i suoi capi con il cognome della mamma che gli insegnato a cucire: «La salute mentale non deve essere un tabù, per questo ringrazio Fedez e Belen. La svolta? Quindici abiti per il Pride»

«Hanno fatto bene Fedez e Belen a parlare della loro depressione in tv. È una malattia che bisogna affrontare come tutte le altre, non possono esserci tabù. Il loro esempio, magari, aiuterà qualcuno a venirne fuori. Io, arrivato sull’orlo del precipizio, a trent’anni, sono vivo per miracolo. E, nel mio piccolo, con le mie ferite, le cicatrici che mi ricoprono braccia e gambe, vorrei essere d’aiuto per chi oggi crede di essere solo nella propria disperazione». A parlare è Salvatore Esposito: un ragazzo del Cavone cresciuto tra piazza Dante e Port’Alba, ma che ora ha un laboratorio sartoriale ai Cristallini, alla Sanità . Salvatore, in pochi mesi, è diventato un sarto molto ricercato soprattutto nel mondo queer. Su Instagram, col profilo Salvatore_couturier, conta oltre 10 mila follower. E, oltre a vantare già una citazione sulla prestigiosa rivista di moda Vogue e una collaborazione con l’azienda di make-up Kryolan, è particolarmente apprezzato per la sua fantasia, i colori vivaci e, soprattutto, la qualità che mette nei suoi capi.

 Qualità che gli ha trasmesso mamma Rita: è stata lei, fin da piccolo, a insegnargli i trucchi di un mestiere, quello della sartoria artigianale, che a Napoli è stato molto diffuso ma che ora, a detta di Salvatore, è fra quelli a rischio estinzione. «Ormai sono pochi i giovani come me che utilizzano ancora le tecniche tradizionali, i vecchi arnesi del mestiere: aghi, spilli e ditali per cucire le stoffe punto dopo punto, centimetro dopo centimetro. A me l’ha insegnato mia mamma. Per questo ho scelto, come mio nome d’arte, di assumere il suo cognome: i miei capi sono firmati Salvatore Criscitiello. Come la vecchia sarta che tanti napoletani ricorderanno che lavorava al Cavone».

Ma Salvatore, prima di realizzarsi come sarto, ha avuto una vita molto travagliata. «I problemi sono iniziati al liceo. Frequentavo il Vittorio Emanuele. E, nonostante la protezione dei miei compagni di classe, ero costantemente fatto oggetto di bullismo. Ero molto timido, grassottello. Poi sessualmente fluido. Quindi, ero un facile bersaglio. Così, a un certo punto, non ce la feci più e mollai: mi ritirai e iniziai a studiare da solo, presentandomi all’esame di Stato da privatista. Contemporaneamente, però, visto che mi appassionava già disegnare bozzetti e cucire, mia mamma, in quel periodo, mi insegnò come confezionare un abito sartoriale o da sposa, per i quali era famosa non solo nel quartiere. Una vera fortuna. Anche se mamma, in seguito a una caduta, non ha potuto più lavorare. E io, terzo di tre figli, ho dovuto trovare un altro lavoro». Per anni, un impiego, Salvatore lo ha trovato a Port’Alba, la strada dei librai. «La prima ad assumermi fu una libreria specializzata in scolastica e antiquariato. Questo fino all’avvento del Covid. Perché, con i lockdown e la crisi delle vendite, persi il lavoro. Così, anche a causa di una relazione sentimentale sbagliata, per me, iniziò un altro periodo davvero brutto. Mi sembrava che tutto andasse male: che, crescendo, anziché migliorare, andavo a peggiorare sia sotto l’aspetto lavorativo che in quello sentimentale. Non vedevo niente di bello attorno a me. Anche quando, un giorno, tornai a Port’Alba con un banchetto tutto mio e mi misi a lavorare per strada vendendo illustrazioni e gioielli in resina e ottone che facevo io stesso. Le cose continuavano a non girare per il verso giusto. Mi sentivo profondamente avvilito. Ero diventato una sorta di automa. Non mi accorgevo nemmeno delle persone attorno a me che pure cercavano di darmi una mano. Così, il 14 maggio del 2021, decisi di farla finita. Ma l’indomani mi risvegliai al Pellegrini: i medici mi ripresero letteralmente per i capelli, tant’è che mi chiamavano ‘il miracolato’. Da lì, fui trasferito all’ospedale del Mare dove mi prese in carico uno psichiatra. Uscii dall’ospedale a giugno. E, a quel punto, ebbi due fortune: la prima fu quella di avere subito uno psicologo dell’Asl che mi seguiva. La seconda quella di conoscere Pasquale Langella, un altro libraio di Port’Alba, che mi diede l’occasione di tornare al lavoro: cominciai a fare le illustrazioni per la sua casa editrice. Scampato il pericolo della morte, mi sentivo rinato. Tant’è che mi avvicinai pure al mondo dello spettacolo. E per caso, un amico, un giorno, mi chiese di cucire un abito per una drag-queen. La cosa mi divertì tantissimo: tornavo alla mia vecchia passione, quella che mi aveva trasmesso mia mamma, quella della sartoria. E, come si dice, non avevo perso la mano. Fu allora, quindi, che capii che quella doveva essere la mia vera strada».

A giugno del 2022, in occasione del Pride di Napoli, Salvatore si ritrovò a cucire almeno una quindicina di costumi. «Per me fu come se si aprisse di nuovo un mondo. Così, vedendo che il mio stile era molto apprezzato, decisi di tornare a cucire in maniera professionale, come mi aveva insegnato mamma, tutti i giorni. Ormai, da oltre un anno e mezzo, è questo il mio unico lavoro. E le soddisfazioni sono arrivate subito. Su Instagram mi seguono tantissimi e arrivano tanti ordini. In più, ho lavorato anche con dei wedding planner. Proprio per un matrimonio per il quale ho cucito il tovagliato, i tendaggi e le sedute in maniera personalizzata per ogni ospite, sono stato citato da Vogue. E, prossimamente, per la campagna pubblicitaria in India, le modelle della Kryolan vestiranno dei miei capi. Insomma, da quando passavo le giornate chiuso in camera, sul letto a fissare il soffitto, ora ho una vita piena e soddisfacente. Ed è questo l’esempio che vorrei dare con la mia storia».

«Certo – continua Salvatore – le persone, quando si accorgono delle cicatrici che ho sulle braccia, fanno una faccia perplessa. Ma io non mi nascondo: racconto apertamente cosa è stata la depressione per me. E come ne sono uscito, grazie all’aiuto di professionisti, per cui non mi stancherò mai di dire che è fondamentale investire sul Servizio Sanitario Pubblico perché ci sono tanti che non possono permettersi né uno psichiatra né uno psicologo, e all’amore di chi davvero mi vuole bene come la mia famiglia e Pasquale Langella, a Port’Alba. Il fatto, però – riflette Salvatore – è che come nessuno è preparato a stare vicino a un malato oncologico o a un disabile, così nessuno è preparato a stare vicino a una persona con un problema mentale. Per questo dico che Belen e Fedez hanno fatto bene a parlare dei loro problemi in pubblico. La sensibilizzazione, in questo campo, è fondamentale. E magari, un giorno, per ringraziarli, li omaggerò con i miei capi. È un sogno che aggiungo a quello che coltivo già da tempo di lavorare per Elodie, una delle mie muse ispiratrici. Ma sempre grazie all’arte antica che mi ha insegnato mamma Rita, la vecchia sarta del Cavone. Quell’arte grazie alla quale, in pratica, sono venuto al mondo una seconda volta».

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11 dicembre 2023

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Salvatore Criscitiello: «Io vittima di bullismo e depresso, ora sono il sarto più queer di Napoli»

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11.12.2023

Citato da Vogue, firma i suoi capi con il cognome della mamma che gli insegnato a cucire: «La salute mentale non deve essere un tabù, per questo ringrazio Fedez e Belen. La svolta? Quindici abiti per il Pride»

«Hanno fatto bene Fedez e Belen a parlare della loro depressione in tv. È una malattia che bisogna affrontare come tutte le altre, non possono esserci tabù. Il loro esempio, magari, aiuterà qualcuno a venirne fuori. Io, arrivato sull’orlo del precipizio, a trent’anni, sono vivo per miracolo. E, nel mio piccolo, con le mie ferite, le cicatrici che mi ricoprono braccia e gambe, vorrei essere d’aiuto per chi oggi crede di essere solo nella propria disperazione». A parlare è Salvatore Esposito: un ragazzo del Cavone cresciuto tra piazza Dante e Port’Alba, ma che ora ha un laboratorio sartoriale ai Cristallini, alla Sanità . Salvatore, in pochi mesi, è diventato un sarto molto ricercato soprattutto nel mondo queer. Su Instagram, col profilo Salvatore_couturier, conta oltre 10 mila follower. E, oltre a vantare già una citazione sulla prestigiosa rivista di moda Vogue e una collaborazione con l’azienda di make-up Kryolan, è particolarmente apprezzato per la sua fantasia, i colori vivaci e, soprattutto, la qualità che mette nei suoi capi.

 Qualità che gli ha trasmesso mamma Rita: è stata lei, fin da piccolo, a insegnargli i trucchi di un mestiere, quello della sartoria artigianale, che a Napoli è stato molto diffuso ma che ora, a detta di Salvatore, è fra quelli a rischio estinzione. «Ormai sono pochi i giovani come me che utilizzano ancora le tecniche tradizionali, i vecchi arnesi del mestiere: aghi, spilli e ditali per cucire le stoffe punto dopo punto, centimetro dopo centimetro. A me l’ha insegnato mia mamma. Per questo ho scelto, come mio nome d’arte, di assumere il suo cognome: i miei capi sono firmati Salvatore Criscitiello. Come........

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