Si chiama «Dalla parte sbagliata» il lavoro del regista Luca Miniero. Alcuni ragazzi si salvarono dall’incidente perché cambiarono posto

La terza CÂ

«Senza il documentario non ci saremmo mai riabbracciati». Si sono ripromessi di tornare in gita insieme e di raggiungere finalmente il Lago di Garda ma in treno questa volta, gli ex allievi della scuola media «Nicolardi» che quarant’anni fa sopravvissero all’incidente nella galleria del Melarancio. Per quarant’anni non si sono più visti, ognuno chiuso nel proprio dolore, lottando con i propri incubi. Luca Miniero con il suo documentario, Dalla parte sbagliata, prodotto da Viola Film e presentato martedì sera in anteprima nel cinema Vittoria grazie all’ospitalità della Film Commission campana, è riuscito a rimetterli insieme, a farli riabbracciare. Ed è come se quei quarant’anni non fossero mai passati.

Undici ragazzini morirono sotto gli occhi dei loro compagni perché il bus della gita scolastica finì contro un trasporto eccezionale di un tir che nessuno aveva segnalato. Nei centodiciotto minuti del docufilm gli ex ragazzi della Terza C della scuola vomerese si raccontano, rivivendo la tragedia del 26 aprile 1983. E confessano che è un trauma ancora dentro di loro. Miniero li riprende a uno a uno, in un pranzo che non è una rimpatriata qualsiasi ma, insieme, un atto di dolore e una terapia collettiva. Annamaria Amato, Valeria Attinà , Mauro Corduas, Dania De Angelis, Luigi Della Bella, Barbara Forlani, Cristina Gargiulo, Mariarosaria Giuliana, Alfonso Iovino, Elios Marsili, Maurizio Mellino, Alessandro Nusco e Stefano Scutellaro si raccontano, insieme con la mamma e la sorella di Alfredo e la sorella di Giancristofaro, due delle undici vittime. E raccontano di come si siano scambiati di posto su quel bus maledetto, anche pochi secondi prima, compiendo il destino di chi è morto e di chi è vivo. I ragazzi della parte sinistra del pullman furono falciati.

I superstiti oggi

Oggi una targa nella scuola all’Arenella ne ricorda i nomi come i fiori del Melarancio e il loro fu uno dei più gravi incidenti stradali avvenuti in Italia, il primo ad avere una risonanza mediatica fortissima e un funerale aperto alla città in uno stadio, il Collana. «Conoscevo quei ragazzi, tutti del mio quartiere, il Vomero-Arenella, ed ero ai loro funerali, per la prima volta celebrati in uno stadio con trentamila persone in lacrime sugli spalti», ha raccontato Miniero, riabbracciandoli a fine proiezione. Il regista pone i sopravvissuti al centro della scena, dando finalmente loro dignità di protagonisti, dopo l’abbandono da parte di tutti e una vera e propria usurpazione mediatica. Erano i tempi del post terremoto, dei delitti di camorra, e prima della vanagloria dello scudetto. Napoli era una cartolina opaca, e le straordinarie immagini di repertorio che Miniero recupera e mette insieme rendono conto di un giornalismo spregiudicato e anche spregevole, con alcuni dei bambini sopravvissuti intervistati subito dopo l’incidente dai Tg con i volti in primo piano, lasciati soli e senza alcun supporto psicologico. Un trauma nel trauma. Colpisce certo, la folla che accompagna il dolore allo stadio Collana, oggi un deserto e il simbolo del degrado di quel pezzo di città , ma ancora di più fanno male le riprese dei corpicini sul luogo dell’incidente, a malapena coperti da un lenzuolo. E il dolore sbattuto davanti alla telecamera dei padri che apprendono, in diretta a scuola, della morte dei loro bambini.Â

«Mi chiesero a un certo punto di andare a riconoscere un mio compagno all’obitorio — racconta uno dei protagonisti — e io, a tredici anni, fui costretto a vederlo in quelle condizioni». Ed è coraggioso il modo in cui Miniero, anche lui, sceglie di stare dalla parte sbagliata, con un racconto-verità che non giudica, ma accompagna in un’altra visione possibile della tragedia. Quella di vite sopravvissute all’impatto mortale ma non al senso di colpa e a tutte le conseguenze che ha portato: la necessità , per alcuni dei familiari, di andare in terapia; il voler restare fermi, come ha detto una di loro alla proiezione napoletana, a un’epoca dell’infanzia, bloccati dal trauma; oppure covare una rabbia così forte dentro da non riuscire mai a liberarsene davvero. È straordinario, tra tutti, il racconto di Paola, la mamma del piccolo Alfredo, intervenuta anche in sala, dove ha ricordato il legame con le altre mamme e anche, purtroppo, la caduta nel tunnel della malattia psichiatrica per una di loro. Conserva ancora la tuta stracciata di suo figlio e la borsa che aveva con sé: gettoni telefonici, macchina fotografica con pellicola, una borraccia. Piccole cose che bastavano ai bambini.

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21 dicembre 2023 ( modifica il 21 dicembre 2023 | 08:14)

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QOSHE - I superstiti del bus della morte si incontrano 40 anni dopo: ansie e ricordi della «3 C» - Ida Palisi
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I superstiti del bus della morte si incontrano 40 anni dopo: ansie e ricordi della «3 C»

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21.12.2023

Si chiama «Dalla parte sbagliata» il lavoro del regista Luca Miniero. Alcuni ragazzi si salvarono dall’incidente perché cambiarono posto

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«Senza il documentario non ci saremmo mai riabbracciati». Si sono ripromessi di tornare in gita insieme e di raggiungere finalmente il Lago di Garda ma in treno questa volta, gli ex allievi della scuola media «Nicolardi» che quarant’anni fa sopravvissero all’incidente nella galleria del Melarancio. Per quarant’anni non si sono più visti, ognuno chiuso nel proprio dolore, lottando con i propri incubi. Luca Miniero con il suo documentario, Dalla parte sbagliata, prodotto da Viola Film e presentato martedì sera in anteprima nel cinema Vittoria grazie all’ospitalità della Film Commission campana, è riuscito a rimetterli insieme, a farli riabbracciare. Ed è come se quei quarant’anni non fossero mai passati.

Undici ragazzini morirono sotto gli occhi dei loro compagni perché il bus della gita scolastica finì contro un trasporto eccezionale di un tir che nessuno aveva segnalato. Nei centodiciotto minuti del docufilm gli ex ragazzi della Terza C della scuola vomerese si raccontano, rivivendo la tragedia del 26 aprile 1983. E confessano che è un trauma ancora dentro di........

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