Indagine della Dda. Nel 2021 fu candidato al Comune di Napoli, diceva di aver ripudiato il padre storico referente dell'Alleanza di Secondigliano

Come due facce della stessa medaglia. C’era il volto pubblico e pulito con cui aveva preso le distanze dal padre capoclan davanti a centinaia di persone dopo l’agguato che il 3 maggio 2019, in piazza Nazionale, era quasi costato la vita alla piccola Noemi, la bimba colpita alla schiena da una pallottola vagante.
La sfera privata prestava però il fianco al lato oscuro: quello in cui le orme del genitore le ripercorreva fino ad agevolarne il ritorno sulla «piazza». Tutto ciò nel pieno della sua campagna elettorale: nell’autunno 2021 Antonio Piccirillo, figlio di Rosario, storico esponente della criminalità organizzata di Mergellina e referente dell’Alleanza di Secondigliano nel «salotto buono» di Napoli, aveva deciso di candidarsi al Consiglio comunale in una delle liste a sostegno dell’assessore uscente Alessandra Clemente.
Proprio in quelle settimane frenetiche l’aspirante simbolo anticlan avrebbe messo nel mirino, insieme al genitore e al fratello, un imprenditore del quartiere, dal quale avrebbero preteso una tangente da 20mila euro.

Raccolta la testimonianza dell’imprenditore, vittima di un brutale pestaggio l’11 febbraio 2022, la Squadra mobile ha avviato l’inchiesta che adesso è arrivata al primo giro di boa: la notifica della notizia di conclusione delle indagini preliminari, con contestuale avviso di garanzia.
L’inchiesta è stata coordinata dal pm della Dda Celeste Carrano e ha preso il largo grazie al racconto della vittima, un noto albergatore, titolare anche di diverse attività commerciali nella zona della riviera di Chiaia. Secondo la ricostruzione della procura, il ruolo di Antonio Piccirillo sarebbe stato quello di «adescare la persona offesa», proponendole, tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre 2021, un incontro finalizzato «a ottenere sostegno in relazione alla sua candidatura alle elezioni comunali di Napoli».
Piccirillo junior appena due anni prima aveva del resto affermato pubblicamente: «Amo mio padre ma non lo stimo. Dobbiamo dissociarci dalla camorra». E ancora: «Essere figlio di un camorrista significa non vivere bene e io sono stanco di non vivere bene. Voglio vivere all’insegna di valori che un giorno potrò trasmettere ai miei figli», furono le sue dichiarazioni al Corriere della Sera.

Parole coraggiose, che gli erano valse la ribalta della cronaca come simbolo di ribellione alla subcultura mafiosa. Lo stesso Piccirillo, come si evince dalla lettura dei capi di imputazione, aveva subito fatto presente alla vittima designata di «essersi inserito in politica per cambiare stile di vita». Premesse rassicuranti di un faccia a faccia rivelatosi ben presto drammatico. All’incontro Antonio Piccirillo si presenta con il padre boss, da poco tornato in libertà , con quest’ultimo che subito intima al commerciante «il pagamento di una tangente di 20.000 euro», con tanto di minaccia poco velata: «Sai come funziona…».
Da quel giorno inizia un pressing asfissiante da parte di Rosario il biondo, che contatta più volte la vittima invitandola a «non dimenticarsi di lui». La situazione precipita l’11 febbraio, quando l’imprenditore viene massacrato da Raffaele Piccirillo con un bottiglia di vetro: «A mio padre il rifiuto non lo dà nessuno… e ti devo anche sparare». Le indagini della Mobile scattano subito e il cerchio intorno ai tre presunti aguzzini si stringe sempre più.

L’accusa da cui Antonio Piccirillo e i suoi due familiari dovranno adesso difendersi è quella di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, mentre per il solo Raffaele la Procura ha ipotizzato pure il reato di lesioni personali.
Uno scenario che, nonostante il procedimento penale sia ancora alle battute iniziali, rischia di spazzare via l’immagine di quel ragazzo dai riccioli d’oro che davanti alle telecamere di tutta Italia, esclamava: «Mio padre ha fatto delle scelte sbagliate nella vita ed è un camorrista. Amate i vostri padri, ma dissociatevi dal loro stile di vita». Una presa di distanza di cui oggi sembra non esserci più traccia.

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23 marzo 2024

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Napoli, i magistrati: la doppia vita di Antonio Piccirillo, da simbolo anti-clan all’accusa di tentata estorsione

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23.03.2024

Indagine della Dda. Nel 2021 fu candidato al Comune di Napoli, diceva di aver ripudiato il padre storico referente dell'Alleanza di Secondigliano

Come due facce della stessa medaglia. C’era il volto pubblico e pulito con cui aveva preso le distanze dal padre capoclan davanti a centinaia di persone dopo l’agguato che il 3 maggio 2019, in piazza Nazionale, era quasi costato la vita alla piccola Noemi, la bimba colpita alla schiena da una pallottola vagante.
La sfera privata prestava però il fianco al lato oscuro: quello in cui le orme del genitore le ripercorreva fino ad agevolarne il ritorno sulla «piazza». Tutto ciò nel pieno della sua campagna elettorale: nell’autunno 2021 Antonio Piccirillo, figlio di Rosario, storico esponente della criminalità organizzata di Mergellina e referente dell’Alleanza di Secondigliano nel «salotto buono» di Napoli, aveva deciso di candidarsi al Consiglio comunale in una delle liste a sostegno dell’assessore uscente Alessandra Clemente.
Proprio in quelle settimane frenetiche l’aspirante simbolo anticlan avrebbe messo nel mirino, insieme al genitore e al fratello, un imprenditore........

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