Quella partenopea è anche una delle poche, tra le grandi realtà urbane, ad avere una quota per abitante superiore alla media nazionale

Nelle città del Sud saranno realizzati interventi per 8,3 miliardi, pari al 38,1% del totale, una percentuale lievemente inferiore a quello che dovrebbe essere l’obiettivo del Pnrr. È pur vero, però, che contrariamente a quanto si temeva, il piano europeo tiene oggettivamente conto delle disparità ascrivibili al divario Nord-Sud. Lo si ricava dagli investimenti pro capite chiaramente progressivi: Nord-Ovest 783 euro, Nord-Est 880, Centro 1.130, Sud 1.297, isole 1.203.

Equilibrata, inoltre, la spesa per abitante tra aree urbane (1033 euro) e aree interne (1051). Mentre in tutte le 14 aree metropolitane i capoluoghi fanno incetta di fondi, cosa che accentua un’altra frattura nell’Italia delle diseguaglianze. Qualche esempio: Napoli città riceverà 1.086 euro per ogni abitante, tutti gli altri comuni 286; Milano 628 contro 169; Bologna 1759 contro 162. Nell’elenco delle trenta città più finanziate, inoltre, Napoli è la terza (1.068 milioni), prima è Roma (2.249), seconda Genova (1.263). Bari è nona (638), Salerno è ventunesima (192), ultima è Varese (84).

Ora, alla luce di questi primi dati, e avendo ben presenti i tempi stretti imposti da Bruxelles, saremo in grado di «mettere a terra» il Pnrr? O sarà il Pnrr, per continuare a usare questo nuovo emologismo, a mettere a terra il già fragile sistema Italia? Il dilemma è questo. Dal primo confronto accademico-istituzionale svoltosi a Napoli in occasione della presentazione del nono rapporto Urban@it dedicato proprio a Le città e i territori del Pnrr. Attori, processi, politiche (il Mulino) sono venute fuori non poche sorprese. Intanto, come si è visto, la gran mole di dati raccolti, elaborati ed esaminati dagli analisti del Centro nazionale di studi per le politiche urbane promosso da ben diciassette università italiane. E poi il diverso giudizio dei due assessori invitati a commentarli, entrambi responsabili dell’urbanistica: Bruno Discepolo per la Regione, fortemente critico, e Laura Lieto per il Comune, cautamente ottimista.

Ma partiamo dal quadro generale offerto dallo studio curato da Simonetta Armandi, Fabiano Compagnucci, Valeria Fedeli, Valentina Orioli e Carolina Pacchi. E, per la parte napoletana, da Giovanni Laino e Massimo Morisi. Quando parliamo di Pnrr, parliamo di 800 miliardi di euro tra sovvenzioni e prestiti, una cifra che non ha uguali nella storia dell’Unione europea. L’Italia ha ottenuto 200 miliardi, pari a 3.500 euro a persona, superando di 10 volte quanto ottenuto dalla Finlandia e dalla Germania. Oltre alla decisione di destinare al Sud il 4O% delle risorse, l’altra particolarità del piano italiano, meno nota, è la scommessa fatta sui Comuni. Saranno loro a gestire il 36% dei finanziamenti. In Spagna è il 25,5%. In Francia l’intera partita è affidata ai prefetti a livello regionale o dipartimentale e le città non hanno avuto alcun ruolo progettuale. In Germania tutto è nelle mani del ministero federale delle finanze che ha negoziato con i governi statali. Un vantaggio per l’Italia? Per Discepolo questa impalcatura gestionale non garantisce affatto il miglior risultato possibile, perché è il frutto di un pregiudizio negativo sul ruolo delle Regioni, anzi, «di colpirle nelle loro competenze costituzionali, a partire dall’urbanistica sovracomunale».

Ma non solo. Per Discepolo il piano italiano nasconde anche un’altra scomoda verità . Se da un lato c’è la delega ai Comuni, chiamandoli però alla gara dei bandi per l’attribuzione dei fondi e quindi a una affannosa concorrenza, dall’alta c’è la garanzia assoluta di una ripartizione certa per i ministeri. I quali possono così giocare sul sicuro, evitando ogni forma di sfida sulla qualità dei progetti e per giunta liberi da ogni confronto con le realtà locali: «I ministri scelgono, i ministri finanziano, i ministri fanno tutto, insomma». Lo stesso rapporto Urban@it. elenca non poche critiche. Queste le più ricorrenti. Il cortocircuito istituzionale determinato dal problematico rapporto tra centro e periferia dello Stato. L’eccessiva parcellizzazione dei progetti, il più delle volte scelti andando a «sfruculiare» (così nel testo) tra quelli deposti nei cassetti. L’attenzione più a fare che a gestire. L’approccio tecnocratico scarsamente partecipativo, molto Invitalia e Cassa Depositi e Prestiti e poca società . L’eccessiva fiducia nel mercato, nella convinzione che da tanto denaro distribuito a pioggia qualcosa dovrà pur venire fuori.

D’altro canto sono gli stessi analisti di Urban@.it a dire che il Pnrr può comunque consentire la sperimentazione di nuovi modelli di azione pubblica e la nascita di una classe dirigente più capace e attrezzata. Questa è anche l’idea dell’assessore Lieto, secondo cui «non bisogna dimenticare che il Pnrr è un piano di efficientamento, non un piano di sviluppo, per questo manca una visione strategica». È comunque in questo quadro che il Comune di Napoli ha potuto sperimentare nuove forme di riqualificazione urbana in quartieri come Scampia e Taverna del ferro.

E Napoli non è solo una delle città più finanziate in assoluto: è anche una delle poche, tra le grandi, ad avere una quota per abitante superiore alla media (1.167 euro), più di Roma (814), più di Torino (719), quasi il doppio di Milano (646). Per ridurre il disagio abitativo, Napoli ha ricevuto complessivamente 351 milioni per sei progetti. Altri 380 milioni sono andati ai trasporti, meno solo di quelli ricevuti da Roma e Milano. Per i grandi attrattori culturali ci sono invece i 100 milioni per la riqualificazione dell’ Albergo dei poveri. Senza considerare che al Sud il Comune di Napoli è quello che ha ricevuto la somma più alta per gli asili nido con circa 60 milioni, più di Roma, Bari e Palermo.

E proprio da quest’ultimo dato si può partire per un’ultima considerazione generale. Riguarda gli ormai famosi livelli essenziali delle prestazioni (Lep) di cui tanto si parla a proposito del regionalismo differenziato. Nel rapporto Urban@it c’è un riferimento esplicito. Nelle materie in cui sono già stati definiti, vedi gli asili nido, appunto, i risultati positivi si vedono. Là dove mancano, ad esempio nella distribuzione delle risorse umane negli enti locali, ecco esplodere l’emergenza dei Comuni sprovvisti di uffici tecnici adeguati ai compiti e ai tempi. Non sarebbe solo questo un buon motivo per accelerare la completa applicazione dei Lep, invece di condizionarla a battaglie più o meno ideologiche?

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14 marzo 2024

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Finanziamenti Pnrr alle città, Napoli terza in Italia(dopo Roma e Genova)Prima, al Sud, per asili nido

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14.03.2024

Quella partenopea è anche una delle poche, tra le grandi realtà urbane, ad avere una quota per abitante superiore alla media nazionale

Nelle città del Sud saranno realizzati interventi per 8,3 miliardi, pari al 38,1% del totale, una percentuale lievemente inferiore a quello che dovrebbe essere l’obiettivo del Pnrr. È pur vero, però, che contrariamente a quanto si temeva, il piano europeo tiene oggettivamente conto delle disparità ascrivibili al divario Nord-Sud. Lo si ricava dagli investimenti pro capite chiaramente progressivi: Nord-Ovest 783 euro, Nord-Est 880, Centro 1.130, Sud 1.297, isole 1.203.

Equilibrata, inoltre, la spesa per abitante tra aree urbane (1033 euro) e aree interne (1051). Mentre in tutte le 14 aree metropolitane i capoluoghi fanno incetta di fondi, cosa che accentua un’altra frattura nell’Italia delle diseguaglianze. Qualche esempio: Napoli città riceverà 1.086 euro per ogni abitante, tutti gli altri comuni 286; Milano 628 contro 169; Bologna 1759 contro 162. Nell’elenco delle trenta città più finanziate, inoltre, Napoli è la terza (1.068 milioni), prima è Roma (2.249), seconda Genova (1.263). Bari è nona (638), Salerno è ventunesima (192), ultima è Varese (84).

Ora, alla luce di questi primi dati, e avendo ben presenti i tempi stretti imposti da Bruxelles, saremo in grado di «mettere a terra» il Pnrr? O sarà il Pnrr, per continuare a usare questo nuovo emologismo, a mettere a terra il già fragile sistema Italia? Il dilemma è questo. Dal primo confronto accademico-istituzionale svoltosi a Napoli in occasione della presentazione del nono rapporto Urban@it dedicato proprio a Le città e i territori del Pnrr. Attori, processi, politiche (il Mulino) sono venute fuori non poche sorprese. Intanto, come si è........

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