Ha 25 anni ed è il nipote del boss di Marano, detto Tanino âe Bastimento: Francesco Aloia ne ricostruisce la vita in un romanzo potente
Foto dall'album di famiglia di Francesco Aloia (nel riquadro)
«Anchâio sono in quello sparo, nel polso trapassato da parte a parte. Forse questo è il motivo che mi ha spinto a tornare, a tracciare i confini di chi sono». Il polso in questione era quello di Pascalone âe Nola, famoso capo camorra dellâera precutoliana; la pistola da cui il colpo partì apparteneva al boss di Marano Carlo Gaetano Orlando, detto Tanino âe Bastimento. Il colpo attraversò il polso e si conficcò nellâaddome, uccidendo Pascalone. Sua moglie Pupetta Maresca a sua volta uccise quello che riteneva il mandante dellâomicidio.
à tutta nella frase sopra citata la necessità narrativa di Francesco Aloia, venticinquenne di Marano, studi alla scuola Holden di Torino, che firma per Nutrimenti Questo sangue masticato, un romanzo dâesordio potente non solo per la materia scelta, ma anche per la solida impalcatura narrativa e una lingua schietta, efficace e senza fronzoli. Aloia è il nipote di Tonino âe Bastimento, ma non ha mai conosciuto suo nonno se non dai racconti familiari. La sua prospettiva è tutta interna alla materia e di sicuro insolita rispetto alle narrazioni criminali che si sono diffuse in questi anni. Senza giudicare ma anche senza assolvere, Aloia affronta lâargomento con una prospettiva più letteraria che moralistica. Mostrando però senzâaltro il coraggio di svelarsi.
«Non mi sento coraggioso», spiega. «Nel romanzo il personaggio che meno si espone è proprio il mio. Però mi serviva per creare un contrappunto con la figura ad alto impatto di mio nonno».
La scelta di raccontare questa storia familiare così forte è stata però consapevole?
«Certo, ho cercato di sfruttare le spalle larghe di Tanino âe Bastimento. Ho provato a non giudicare, ma ad entrare in certi meccanismi, a capire».
La sua famiglia ha letto il libro prima della pubblicazione?
«No, solo mia madre e questa per me era la cosa più importante».
Come viene percepita in famiglia questa figura così ingombrante?
«I figli hanno sempre avuto verso di lui rispetto e stima. Io ho cercato di narrarlo non come un eroe e nemmeno come un assassino, ma come un personaggio con una sua complessità ».
Lei che idea se ne è fatto?
«Dopo aver raccontato la sua storia mi sento più vicino a lui. Ho cercato di entrare nella sua testa, dai suoi diari ho conosciuto la sua vita difficile. Era un personaggio anacronistico, anche rispetto al suo tempo. Diciamo che prima ne ero spaventato, imbarazzato, provavo vergogna. Ora ho imparato a volergli bene».
Dal romanzo sembra quasi che un certo tipo di camorra in passato sia stata accettata o benvoluta dalle persone...
«A Marano e in altri luoghi dove lo Stato latitava interveniva la camorra, quella rurale, per così dire. In modo contorto, câera tra i camorristi chi pensava di fare del bene alla collettività . Ovviamente poi morivano persone, è chiaro che per me è sempre stato inaccettabile. Ma ho iniziato a capire come funzionava, che presa aveva sulla gente».
Prima dellâassassinio di Pascalone, suo nonno colpì a morte una neonata. Questo è un punto nodale del libro.
«Sì, lâho piazzato come spartiacque. Era un episodio perfetto sul piano simbolico per inquadrare la âmaledizioneâ di Tanino. Tra lâaltro, io lâho scoperto tardi, in famiglia il fatto veniva taciuto ai più piccoli. Poi lâho saputo e mi sono informato nei dettagli. Al processo la mamma della bambina difese Tanino, disse che era stato un incidente e in un secondo momento gli fece addirittura battezzare una seconda figlia che aveva avuto».
Nel romanzo si avverte un legame ancora forte con la sua terra, nonostante sia andato via.
«Io sono fuggito, non volevo restare qui. Quel legame lâho ripreso, dopo diverso tempo passato a distanza, proprio attraverso la conoscenza più approfondita di mio nonno e della famiglia. Prima mi capitava spesso di starmene zitto in mezzo a loro, ora mi sono in qualche modo armonizzato con la mia casa».
Non câè il rischio di rendere epiche certe imprese criminali?
«Non è quello che voglio. Quando scrivevo avevo in mente autori come Faulkner, che raccontano il dolore e la catarsi».
Cosa pensa della tendenza di una certa narrativa a esibire Napoli criminale?
«Non mi piace, la trovo banale, penso ad esempio alla serie âMare fuoriâ. âGomorraâ mi piace ma il movimento che ha generato tende solo a spettacolarizzare il male». Nel romanzo di Aloia, invece, su tutto prevale lâumanità , e quella di Tanino lâassassino, alla fine, desolatamente, «resta pur sempre la voce di un vecchio».
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5 aprile 2024
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Francesco Aloia: «Vi racconto mio nonno, l'uomo che ucciseil boss Pascalone 'e Nola»
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05.04.2024
Ha 25 anni ed è il nipote del boss di Marano, detto Tanino âe Bastimento: Francesco Aloia ne ricostruisce la vita in un romanzo potente
Foto dall'album di famiglia di Francesco Aloia (nel riquadro)
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à tutta nella frase sopra citata la necessità narrativa di Francesco Aloia, venticinquenne di Marano, studi alla scuola Holden di Torino, che firma per Nutrimenti Questo sangue masticato, un romanzo dâesordio potente non solo per la materia scelta, ma anche per la solida impalcatura narrativa e una lingua schietta, efficace e senza fronzoli. Aloia è il nipote di Tonino âe Bastimento, ma non ha mai conosciuto suo nonno se non dai racconti familiari. La sua prospettiva è tutta interna alla materia e di sicuro insolita rispetto........
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