Settanta gli autobus da tutta la Campania. Il Santo Padre ai giovani: «Raccogliendo l'eredità spirituale di don Peppe siate artigiani di pace». Don Ciotti auspica la beatificazione

Si è concluso con la voce rotta dall'emozione della sorella di don Peppe Diana, Marisa, il lungo corteo che oggi ha sfilato per le strade di Casal di Principe: migliaia i ragazzi arrivati da tutta la Campania con circa 70 pullman alla marcia per il trentennale dell'uccisione del sacerdote che è stato ricordato anche dal capo dello Stato.

«Sono trascorsi trent'anni dal giorno in cui i camorristi assassini uccisero vigliaccamente don Giuseppe Diana nella sacrestia della chiesa dove si preparava a celebrare la messa», ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Volevano far tacere una voce scomoda che, senza timore, si ribellava al giogo delle mafie».

«Un testimone di speranza - prosegue il capo dello Stato - educatore alla libertà , punto di riferimento per i giovani e le persone oneste di Casal di Principe. La crudeltà con cui hanno strappato alla vita un uomo giusto, non è riuscita a sottomettere la comunità . Gli assassini sono stati individuati e condannati. La testimonianza di don Diana è divenuta un simbolo potente di liberazione, una spinta al riscatto sociale. Don Giuseppe ai ragazzi insegnava che la via della libertà passa dal non piegare la testa al ricatto mafioso e che è possibile costruire un mondo migliore. Pagò con la vita il coraggio e la coerenza personale e la sua vita è diventata lezione, patrimonio per il Paese».

«Don Peppe ha guidato dal cielo tutti questi ragazzi, che seguono i suoi valori di amore e pace». Così, dal palco allestito nel piazzale davanti al cimitero, si è espressa, con voce rotta dall'emozione, Marisa Diana, sorella di don Peppe. «Come insegnante - ha aggiunto - oggi ho potuto vedere il lavoro quotidiano che i docenti fanno per i ragazzi, per inculcare loro i valori che mio fratello ha sempre portato avanti». Emilio Diana, fratello del sacerdote, si è detto «commosso nel vedere tutti questi giovani camminare nel nome di don Peppe, ciò che mio fratello è riuscito ad ottenere con il suo sacrificio è qualcosa di straordinario e bellissimo per Casal di Principe».

«Rifarei sempre quello che ho fatto quel 19 marzo di 30 anni fa, quando denunciai il killer di don Peppe. La camorra non se l'aspettava che il mio percorso durasse fino ad oggi, ma ho camminato in questi anni con i piedi di don Peppe. E mi aspetto ora che lo Stato dopo 30 anni riconosca il mio sacrificio». Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto don Diana - era nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari quando il killer Giuseppe Quadrano fece fuoco contro don Peppe - parla con le stesse parole che usa da 30 anni, coerente con la sua indole combattiva e coraggiosa che ne ha fatto un'altra vittima del delitto don Diana, oltre ai familiari del sacerdote. «È bello vedere tanti giovani, cittadini, autorità , tutti uniti nel nome di don Peppe. Ma non dimentichiamo che tante vittime innocenti non hanno ancora avuto il riconoscimento dello Stato, e anche io aspetto ancora di essere riconosciuto come testimone di giustizia. La nostra battaglia continua».

«Il ricordo del tragico evento consumatosi trent'anni orsono, quando don Giuseppe Diana, parroco di San Nicola di Bari a Casal di Principe, nella mattina del 19 marzo 1994, fu barbaramente ucciso, suscita nell'animo di quanti lo hanno conosciuto e amato commozione oltre che gratitudine a Dio Padre per aver donato alla Chiesa questo "servo buono e fedele" che ha operato profeticamente calandosi nel deserto esistenziale di un popolo a lui tanto caro, servito e difeso fino al sacrificio della propria esistenza». Così scrive Papa Francesco nella lettera inviata a monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa. «La commemorazione del sacrificio di don Giuseppe ci sprona a ravvivare in noi quella evangelica inquietudine che ha animato il suo sacerdozio e lo ha portato senza alcuna esitazione a contemplare il volto del Padre in ogni fratello, testimoniando a chi si sente ferito il progetto di Dio, perché ciascuno potesse vivere nella giustizia, nella pace e nella libertà . A fronte di quella violenza e della prepotenza disumana che nega la giustizia e annulla la dignità delle persone... perseverate sulla via tracciata da don Diana e, con impegno quotidiano, coltivate pazientemente il seme della giustizia e il sogno dello sviluppo umano e sociale per la vostra terra», prosegue il Pontefice rivolgendosi ai parrocchiani e poi in particolare ai giovani: «Volto bello e limpido di codesta terra, non lasciatevi rubare la speranza, coltivate ideali alti e costruite un futuro diverso con mani non sporche di sangue ma di lavoro onesto, senza cedere a compromessi facili ma illusori, raccogliendo l'eredità spirituale di don Peppe per divenire, a vostra volta, artigiani di pace».

«Mi auguro che si arrivi alla beatificazione di don Peppe Diana perché il martirio è davanti agli occhi di tutti, nella nostra mente e nei nostri cuori don Peppino è già santo», ribadisce don Luigi Ciotti, presidente di Libera che stamani, come ormai da 30 anni, ha deposto una corona di fiori sulla tomba di don Peppe al cimitero di Casal di Principe assieme al sindaco Renato Natale, i fratelli di don Peppe, Marisa ed Emilio, altri parenti di vittime innocenti della camorra, come Rossana Pagano, che ancora attende il riconoscimento di parte dello Stato per la morte del padre, ucciso per errore. Don Luigi ricorda i tempi in cui alla cerimonia di commemorazione di don Peppe «eravamo 4 gatti e sentivo interventi in cui non si riusciva a pronunciare la parola camorra e diventavano cerimonie molto sterili e noi non abbiamo bisogno di cerimonie. Negli ultimi anni ci sono stati invece momenti molto più forti che ci ricordano che dobbiamo avere anche noi il coraggio di usare le parole. Non dobbiamo dimenticarci però che nonostante le cose belle, importanti, positive, che si sono fatte in questi anni, la presenza seppur in forme diverse delle mafie è molto forte nel nostro Paese. Sparano di meno, sono meno appariscenti, ma hanno trovato nuove forme, sono globalizzati, usano le tecnologie e agiscono ad alti livelli. Ci vuole una risposta collettiva alla peste mafiosa e alla peste corruttiva, abbiamo tagliato in questi anni la malerba in superficie, ci si è occupati di sintomi, un grande lavoro lavoro di magistratura e forze di polizia, ma bisogna estirpare il male alla radice e per farlo c'è bisogno di politiche sociali, di opportunità per le persone. Se la politica non fa questo è un'altra cosa ma non si può dire politica».

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19 marzo 2024 ( modifica il 19 marzo 2024 | 16:40)

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QOSHE - | Trent'anni fa l'omicidio di Don Diana: migliaia di studenti a Casal di Principe - Mirko Labiola
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| Trent'anni fa l'omicidio di Don Diana: migliaia di studenti a Casal di Principe

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19.03.2024

Settanta gli autobus da tutta la Campania. Il Santo Padre ai giovani: «Raccogliendo l'eredità spirituale di don Peppe siate artigiani di pace». Don Ciotti auspica la beatificazione

Si è concluso con la voce rotta dall'emozione della sorella di don Peppe Diana, Marisa, il lungo corteo che oggi ha sfilato per le strade di Casal di Principe: migliaia i ragazzi arrivati da tutta la Campania con circa 70 pullman alla marcia per il trentennale dell'uccisione del sacerdote che è stato ricordato anche dal capo dello Stato.

«Sono trascorsi trent'anni dal giorno in cui i camorristi assassini uccisero vigliaccamente don Giuseppe Diana nella sacrestia della chiesa dove si preparava a celebrare la messa», ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Volevano far tacere una voce scomoda che, senza timore, si ribellava al giogo delle mafie».

«Un testimone di speranza - prosegue il capo dello Stato - educatore alla libertà , punto di riferimento per i giovani e le persone oneste di Casal di Principe. La crudeltà con cui hanno strappato alla vita un uomo giusto, non è riuscita a sottomettere la comunità . Gli assassini sono stati individuati e condannati. La testimonianza di don Diana è divenuta un simbolo potente di liberazione, una spinta al riscatto sociale. Don Giuseppe ai ragazzi insegnava che la via della libertà passa dal non piegare la testa al ricatto mafioso e che è possibile costruire un mondo migliore. Pagò con la vita il coraggio e la coerenza personale e la sua vita è diventata lezione, patrimonio per il Paese».

«Don Peppe ha guidato dal cielo tutti questi ragazzi, che seguono i suoi valori di amore e pace». Così, dal palco allestito nel piazzale davanti al cimitero, si è espressa, con voce rotta dall'emozione, Marisa........

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