A cento anni dalla nascita, la moglie Elena dona il suo archivio alla Biblioteca Nazionale e Napoli gli dedica una scalinata e un omaggio al Mercadante

Il 25 aprile del 1945 la voce di un giovane napoletano annuncia la fine della Seconda guerra mondiale. Era quella di Aldo Giuffrè. Nato giusto cento anni fa nel centro storico, in via del Sole, quello che sarebbe diventato un attore ricercatissimo, era il primo dei quattro figli di Vincenzo, terzo contrabassista del teatro di San Carlo e da Maria Olivieri de Peppo, donna di temperamento e origini aristocratiche che rimase presto vedova. Così Aldo ricostruisce la sua nascita in fogli inediti di una sua autobiografia che non è riuscito a finire ma solo a iniziare (per 25 pagine). Papà «avuta la notizia, felice perché era quella che sperava, si avviò di corsa al Teatro San Carlo, dove si rappresentava il Mefistofele di Arrigo Boito. Arrivò ansante... In quei pochi minuti, fece in tempo a comunicare ai colleghi dell’orchestra e al direttore che gli era nato il primo figlio e che era maschio».Â

Un annuncio al San Carlo non poteva che segnare il destino di Aldo. La strada battuta dal padre era quella più semplice da seguire «ma — racconta la moglie Elena Pranzo Zaccaria — fu frequentando il Conservatorio San Pietro a Majella che cambiò idea. Mi disse: “Non ero il più bravo e non volevo essere il secondo ma un numero uno”». Avere vent’anni nella Napoli de La Pelle lo cambiano: «La mia avventura nel mondo dello spettacolo — scrive nella biografia — comincia quando Napoli viene liberata dalle truppe americane: stazione radio compresa. Lì sono approdato leggendo che cercavano annunciatori. Mi sono presentato e mi hanno preso, portandomi con loro quando sono entrati a Roma».Â
Quindi l’annuncio della fine della guerra e una carriera da speaker radiofonico. «Fu un critico teatrale — raccontò in un’intervista — a presentarmi a Eduardo. Ebbi così nel 1947 la mia prima scrittura, una piccola parte nel film Assunta Spina con Anna Magnani. A novembre dello stesso anno, debuttai in teatro, al Piccinni di Bari in Napoli Milionaria. Da quel momento non mi sono più fermato».Â

La carriera di Aldo Giuffrè, scomparso nel 2010, è lunga quasi un secolo e narra il Novecento. È una storia che, partita da Napoli, è approdata a Roma, dove l’artista viveva, e ora è tornata nella sua città , inscatolata in tanti colli donati alla Biblioteca Nazionale. «Ho letto e riletto — racconta Elena — riguardato per anni tutto il materiale artistico di Aldo: copioni, foto di scena, recensioni critiche, programmi di sala, manoscritti dei suoi romanzi, dattiloscritti, appunti e lettere di sessant’anni di carriera. Con Domenico Livigni, un giovane ricercatore della Federico II, allievo di Francesco Cotticelli, che sta curando la sua biografia, abbiamo sistemato tutto e inventariato. Oggi ho 71 anni e non avendo avuto figli temevo che la memoria di Aldo potesse essere dispersa».Â

Tra le foto ce n’è una di Titina De Filippo con dedica datata 1948: «All’ottima promessa Aldo Giuffrè, amichevolmente Titina». Tante con Eduardo con il quale fino al ‘50 portò in scena nove commedie. «Di lui parlava con grande rispetto: era stato il suo primo maestro e lo aveva stimato al punto di scrivere per lui un ruolo da comprimario, quello di Carlo Saporito, ne Le voci di dentro. Aldo mi raccontava di come gli rubava il mestiere guardandolo in scena...». Non fu l’unico: «Giorgio Strehler lo adorava. Alle prove si metteva in terza fila e intimava: “State buoni e zitti perché ora mi devo godere Aldo”». «Con Peppino De Filippo — continua Elena — Aldo ha recitato in otto commedie: provavano al Teatro delle arti e poi le proponevano in tv: Ma c’è papà con Titina e regia di Peppino; Amicissimi da una novella di Pirandello, Tre poveri in campagna e altre».Â

Con Totò con il quale ha lavorato in film di culto come L’imperatore di Capri e Un turco napoletano «il rapporto era idilliaco. Il principe gli voleva un gran bene e lo invitò più volte a cena a casa sua quando era affiancato da quella meravigliosa donna che era Franca Faldini. Aldo non accettò mai perché, mi raccontò, temeva che la troppa vicinanza potesse incrinare il rapporto. Sul set si accordavano su un canovaccio e poi Totò diceva: ‘o riesto ‘o facimmo là ».Â

Per un po’ «il resto» lo fece anche con suo fratello Carlo con il quale formò una coppia forte ma non inossidabile. «Erano troppo diversi e non avevano la stessa visione sul repertorio». E forse sulla vita. Del suo amato Petito alla Biblioteca Nazionale è stata donata anche la preziosa maschera di Pulcinella ricevuta direttamente dal pronipote che con altri cimeli sarà in mostra dal 29 aprile; nella stessa sera un omaggio sarà presentato da Massimiliano Gallo al Teatro Mercadante.Â
Il 30, poi, una scalinata del Vomero, nei pressi dell’ultima abitazione della madre, sarà Scalinata Aldo Giuffrè. «È andato in scena sempre — conclude Elena — nonostante tutto, e quando sulla soglia degli 80 gli consigliai di smetterla con i teatri freddi e di dedicarsi sempre più alla scrittura, mi disse: comme sì scucciante».

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11 aprile 2024

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QOSHE - L'archivio Giuffré donato alla biblioteca nazionale, omaggio al Mercadantee intitolazione del Comune  - Natascia Festa
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L'archivio Giuffré donato alla biblioteca nazionale, omaggio al Mercadantee intitolazione del Comune 

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11.04.2024

A cento anni dalla nascita, la moglie Elena dona il suo archivio alla Biblioteca Nazionale e Napoli gli dedica una scalinata e un omaggio al Mercadante

Il 25 aprile del 1945 la voce di un giovane napoletano annuncia la fine della Seconda guerra mondiale. Era quella di Aldo Giuffrè. Nato giusto cento anni fa nel centro storico, in via del Sole, quello che sarebbe diventato un attore ricercatissimo, era il primo dei quattro figli di Vincenzo, terzo contrabassista del teatro di San Carlo e da Maria Olivieri de Peppo, donna di temperamento e origini aristocratiche che rimase presto vedova. Così Aldo ricostruisce la sua nascita in fogli inediti di una sua autobiografia che non è riuscito a finire ma solo a iniziare (per 25 pagine). Papà «avuta la notizia, felice perché era quella che sperava, si avviò di corsa al Teatro San Carlo, dove si rappresentava il Mefistofele di Arrigo Boito. Arrivò ansante... In quei pochi minuti, fece in tempo a comunicare ai colleghi dell’orchestra e al direttore che gli era nato il primo figlio e che era maschio».Â

Un annuncio al San Carlo non poteva che segnare il destino di Aldo. La strada battuta dal padre era quella più semplice da seguire «ma — racconta la moglie Elena Pranzo Zaccaria — fu frequentando il Conservatorio San Pietro a Majella che cambiò idea. Mi disse: “Non ero il più bravo e non volevo essere il secondo ma un numero uno”». Avere vent’anni........

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