Comune di Napoli, la giunta da 14 mesi con un assessore (Pd) in meno

Fosse il titolo di un libro potrebbe essere «Il rimpasto dimenticato». Magari, un libro letto dopo quello scritto dal governatore De Luca intitolato: «Nonostante il Pd». È un po’ la situazione che si vive a Palazzo San Giacomo, dove la giunta, ormai da 14 mesi, va avanti con un assessore in meno. Esattamente da dicembre 2022, quando Paolo Mancuso, all’epoca anche presidente metropolitano dem, si dimetteva «per motivi personali» dalla carica di assessore e le sue deleghe — tra cui i Rifiuti, settore nevralgico per la città , da sempre gestito da Pds, Ds poi Pd — venivano distribuite al resto dei 10 assessori, che già hanno un mare di deleghe da seguire. Vero è che molte deleghe, come Personale, Cultura, Stadio Maradona, Grandi progetti Manfredi le tiene per sé. Cioè, anche Manfredi oltre a fare il sindaco è costretto a fare l’assessore. Ma allora, perché non lo nomina e va avanti, in una città di un milione di abitanti con dieci assessori?

Questione tutta politica, essendo l’assessore da nominare «promesso» al Pd nell’ambito delle proporzioni tra gruppi consiliari e assessori in giunta, Manfredi è in attesa di verificare cosa accadrà nel Partito democratico dopo le Europee, cosa farà Elly Schlein, per decidere. E anche quale sarà lo spazio che, proprio De Luca, prenderà nel Pd prima di decidere il da farsi. Al Comune di Napoli, infatti, la componente vicina a Bonaccini resta comunque molto solida. Ma in giunta, formalmente, assessori come Armato o Baretta hanno sostenuto Schlein. Poi dall’elezione del nuovo segretario è passato del tempo e intanto Manfredi ha trovato una quadra nella gestione ordinaria, «accorciando la linea di comando», spiega un consigliere comunale tra i più vicini al sindaco napoletano.

E poi perché «ora, prima delle Europee, indicare questo o quell’assessore in quota Pd significa far pendere l’ago della bilancia da una parte del Pd senza sapere se a giugno sia ancora quella vincente o no». C’è poi da chiarire l’incidenza nel rimpasto di personalità come Giuseppe Conte, di cui Manfredi è stato ministro, o Roberto Fico, che si racconta potrebbe immaginare di candidarsi a Napoli nel caso in cui il centrosinistra puntasse su Manfredi per la Regione Campania nel 2026. Indiscrezioni, retroscena, boatos: chiacchiere che, però, in Municipio tengono banco. Anche perché all’appello manca un assessore — non certo per tagliare i costi della politica — che Manfredi ha promesso al Pd «perché — disse — quella casella era del Pd e l’assessore sarà di quel partito». Poi Schlein è stata eletta al vertice della segreteria dem e, da allora, tutto si è fermato con gran sorpresa delle forze politiche.

Ma ora, ragionando sull’esito del voto di Giuseppe Conte in Sardegna, riprende quota anche la discussione sul rimpasto; discussione che Manfredi ha in agenda e che spera di ampliare, magari cambiando anche qualche assessore oltre che a nominarne l’undicesimo che manca. Ai partiti il sindaco chiede profili tecnici, come il suo. Anche se di area, proprio come l’ex rettore. Ma è passato molto tempo e le cose, dentro e fuori il Pd, sono in continuo mutamento. E forse, quanto detto e pensato a suo tempo dal primo cittadino, non è più attuale. D’altronde, sono cambiati, e di molto, anche i rapporti tra Manfredi, De Luca e quella parte, sempre del Pd, vicina al governatore. Fuoco che quindi cova sotto la cenere. E la questione dell’assessore in meno in quota Pd, In un clima di campagna elettorale, assume ora un peso rilevante. Ecco perché non sarà semplice per il sindaco di Napoli gettare la palla avanti fino a dopo il voto dell’8 e del 9 giugno. Anche se, chiaramente, scegliere adesso è molto ma molto complicato. Perché il nome di questo o quell’assessore aprirebbe un nuovo fronte o con Schlein o con De Luca. Che restano due realtà distinte e molto separate.

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27 febbraio 2024

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QOSHE - Manfredi, il rimpasto«dimenticato» e forserinviato a dopo le Europee - Paolo Cuozzo
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Manfredi, il rimpasto«dimenticato» e forserinviato a dopo le Europee

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27.02.2024

Comune di Napoli, la giunta da 14 mesi con un assessore (Pd) in meno

Fosse il titolo di un libro potrebbe essere «Il rimpasto dimenticato». Magari, un libro letto dopo quello scritto dal governatore De Luca intitolato: «Nonostante il Pd». È un po’ la situazione che si vive a Palazzo San Giacomo, dove la giunta, ormai da 14 mesi, va avanti con un assessore in meno. Esattamente da dicembre 2022, quando Paolo Mancuso, all’epoca anche presidente metropolitano dem, si dimetteva «per motivi personali» dalla carica di assessore e le sue deleghe — tra cui i Rifiuti, settore nevralgico per la città , da sempre gestito da Pds, Ds poi Pd — venivano distribuite al resto dei 10 assessori, che già hanno un mare di deleghe da seguire. Vero è che molte deleghe, come Personale, Cultura, Stadio Maradona, Grandi progetti Manfredi le tiene per sé. Cioè, anche Manfredi oltre a fare il sindaco è costretto a fare l’assessore. Ma allora, perché non lo nomina e va avanti, in una città di un milione di abitanti con dieci assessori?

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