Carrello della spesa sempre più caro: il confronto con Roma, Milano e Bologna. Dallo scoppio della guerra in Ucraina i prodotti di alto consumo registrano aumenti vertiginosi. Dati (e analisi) di Crc, Istat e Anir.Â

A Napoli un chilo di pane oggi costa mediamente quasi il 24% in più rispetto al 2022, «passando da 1,88 a 2,33 euro» (a Roma il dato supera di poco il 22%; a Milano si attesta all’11,7, mentre a Bologna si ferma al 7,3%). Il prezzo della pasta, invece, sempre all’ombra del Vesuvio, è cresciuto del 17%, «passando da 1,59 a 1,86 euro» (nella Capitale l’indicatore segnala +14,7%). E se il costo dell’olio di semi di girasole risulta in calo, quello dell’Evo è rilevato in fortissima crescita (oltre il 100%). Fatto sta che «a due anni dallo scoppio della guerra in Ucraina, in Italia i prezzi al dettaglio di alcuni prodotti di largo consumo continuano a risentire delle conseguenze del confitto». Lo afferma il Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) che ha messo a confronto i listini di pane, pasta e olio di semi di girasole in 5 grandi città italiane per capire come siano cambiati i prezzi dal periodo pre-conflitto a oggi.

«Come noto l’invasione decisa da Mosca nel febbraio del 2022 portò a forti tensioni sul mercato delle materie prime alimentari – ricorda Furio Truzzi, presidente del Crc – Le quotazioni internazionali di grano e mais balzarono alle stelle come conseguenza del blocco alle importazioni da Ucraina e Russia, paesi produttori di materie prime ampiamente utilizzate in ambito alimentare».

Al netto dell’inflazione del biennio 2022-2023, «pari al 13,8% in Italia — prosegue Truzzi — i dati dimostrano che a due anni di distanza dallo scoppio della guerra i rincari dei prezzi non sono rientrati, e gli aumenti per beni di largo consumo come pane e pasta non risultano riassorbiti dal mercato. Il conflitto in Ucraina continua quindi ad avere effetti diretti sulle tasche dei consumatori italiani, colpendo prodotti di cui gli italiani fanno un enorme consumo annuo. Questo anche a causa di fenomeni speculativi che interessano la formazione dei prezzi in Italia e aumentano il differenziale con i livelli pre-conflitto».

Il Crc, peraltro, ha fornito al Corriere del Mezzogiorno alcuni ulteriori dati, in esclusiva, riguardanti sempre la città di Napoli, o meglio l’aumento dei prezzi al chilo nel periodo 2022-2024: arance da 1,52 a 1,67 euro (+9,8%); limoni da 1,79 a 2,13 (+19%); insalata lattuga cappuccia da 1,51 a 1,64 (+8,6%); spinaci da 1,83 a 1,97 (+7,6%); cetrioli da 1,47 a 1,96 (+33,3%); peperoni da 1,82 a 2,37 (+30,2%); melanzane da 1,88 a 2,04 (+8,5%); cipolle bianche da 1,57 a 1,76 (+12,1%); carciofi da 0,65 a 0,75 (+15,4%); patate comuni tonde da 0,83 a 1,16 (+39,7%); agli bianchi secchi da 6,01 a 6,46 (+7,5%); farina da 0,70 a 0,82 (+17,1%); carne fresca bovino da 13,46 a 16,08 (+19,5%); carne fresca suina da 6,68 a 8,40 (+25,7%); olio Evo da 4,30 a 8,79 (+104,4%); passata di pomodoro da 1,25 a 1,55 (+24%); pomodori pelati da 1,49 a 1,94 (+30,2%); zucchero da 0,90 a 1,32 (+46,7%); caffè tostato da 9,32 a 9,79 (+5%).

Dal Crc all’Istat. «A gennaio 2024 (ultimo dato disponibile, ndr) si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività , al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,3% su base mensile e di 0,8% su base annua, da +0,6% nel mese precedente». Scendendo nel dettaglio, «con riferimento alle cinque ripartizioni del territorio nazionale, (sempre) a gennaio si registrano diffuse tendenze all’accelerazione. L’inflazione è più alta di quella nazionale nel Centro (da +0,8% a +1,0%), è pari a quella nazionale nel Nord-Ovest (stabile), nel Nord-Est (da +0,7%) e nel Sud (da +0,3%), mentre risulta inferiore nelle Isole (con inversione di tendenza da -0,6% di dicembre a +0,3%)». Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluogo di regione con più di 150 mila abitanti «l’inflazione più elevata si osserva a Napoli (+1,9%), a Perugia e Trieste (+1,7% entrambe), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Reggio Emilia (-0,4%) e a Campobasso (-0,7%).

Nel mese di gennaio, l’ultimo per il quale l’amministrazione municipale partenopea ha diffuso i dati sulla rilevazione dei prezzi al consumo, la variazione mensile è dello 0,6% mentre quella rispetto al gennaio 2023 si attesta, come detto, all’1,9. Frutto essenzialmente di una crescita pari al 7,7% alla voce «prodotti alimentari e bevande analcoliche»; di un aumento del 3,8% per «bevande alcoliche e tabacchi» e del 3,4 per «abbigliamento e calzature». In deciso calo, invece, la percentuale riferita alla voce «abitazione, acqua, elettricità e combustibili»: -14,8%.

Il nuovo anno si è aperto con una certezza: «I prezzi dei beni alimentari continuano ad aumentare. A questi si aggiungano anche gli aumenti relativi ai costi di produzione industriale. Rialzi fuori controllo che da mesi stanno mettendo in ginocchio il settore della ristorazione collettiva, nel totale disinteresse delle parti sociali, politiche e governative, come se il problema di un intero settore che occupa centinaia di migliaia di persone, produce un miliardo di pasti l’anno per circa sei miliardi di fatturato, non esistesse». Massimo Piacenti, presidente di Anir Confindustria: «Le nostre aziende hanno dovuto affrontare, nel biennio 2022-2023, un aumento dei prezzi vertiginoso: parliamo del 18,6%».

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29 febbraio 2024 ( modifica il 29 febbraio 2024 | 07:19)

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Pane e pasta, prezzi alle stelle negli ultimidue anni. E Napoli a gennaio è diventatal'epicentro nazionale dell’inflazione

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29.02.2024

Carrello della spesa sempre più caro: il confronto con Roma, Milano e Bologna. Dallo scoppio della guerra in Ucraina i prodotti di alto consumo registrano aumenti vertiginosi. Dati (e analisi) di Crc, Istat e Anir.Â

A Napoli un chilo di pane oggi costa mediamente quasi il 24% in più rispetto al 2022, «passando da 1,88 a 2,33 euro» (a Roma il dato supera di poco il 22%; a Milano si attesta all’11,7, mentre a Bologna si ferma al 7,3%). Il prezzo della pasta, invece, sempre all’ombra del Vesuvio, è cresciuto del 17%, «passando da 1,59 a 1,86 euro» (nella Capitale l’indicatore segnala 14,7%). E se il costo dell’olio di semi di girasole risulta in calo, quello dell’Evo è rilevato in fortissima crescita (oltre il 100%). Fatto sta che «a due anni dallo scoppio della guerra in Ucraina, in Italia i prezzi al dettaglio di alcuni prodotti di largo consumo continuano a risentire delle conseguenze del confitto». Lo afferma il Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) che ha messo a confronto i listini di pane, pasta e olio di semi di girasole in 5 grandi città italiane per capire come siano cambiati i prezzi dal periodo pre-conflitto a oggi.

«Come noto l’invasione decisa da Mosca nel febbraio del 2022 portò a forti tensioni sul mercato delle materie prime alimentari – ricorda Furio Truzzi, presidente del Crc – Le quotazioni internazionali di grano e mais balzarono alle stelle come conseguenza del blocco alle........

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