Dossier Istat: 40.900 euro contro 21.700 (+88,5%). Il peso di evasione e sommerso è pari al 17,1 per cento

L’«economia non osservata» è la zavorra che tiene sul fondo il Mezzogiorno; rappresenta il 17,2% del valore aggiunto. Una percentuale monstre se si guarda, ad esempio, al Nordovest — l’area più ricca del Paese, e diremo poi — che ha un tasso del 9,2%. L’«economia non osservata», insegna l’Istat, è quella ricchezza che sfugge al controllo: quella illegale; quella sottodichiarata (evasa dalle imprese); quella prodotta dal lavoro sommerso, finanche gli affitti intascati in nero e le mance. Ecco perché, allora, questa massa «non osservata» fa colare a picco la ricchezza del Meridione (3,6% il tasso di crescita in volumi del Pil) rispetto al Nordest +4,3% (la media Italia si ferma al 3,7%) come appunto ci racconta l’Istituto di via Cesare Balbo nell’ultima fotografia dei Conti economici territoriali 2020-2022.

Conviene andare con ordine, individuando una tendenza che nel tempo si accentua sempre di più. Il Pil procapite degli abitanti del Nordovest “doppia” quasi quello dei connazionali del Mezzogiorno: 40.900 euro contro 21.700 euro (+88,5%). Al secondo posto per prodotto interno lordo si classifica il Nordest con 39.300 seguito dal Centro con 35.100 euro. Rispetto al 2021 il Pil del Nordovest è cresciuto del 6,5% (era 38.400 euro) e quello meridionale del 7,4% (era 20.200 euro). L’Istituto di statistica sottolinea che, alla luce dei dati, «si rafforza ulteriormente il divario del Mezzogiorno con il Centronord: la differenza del Pil per abitante nel 2022 sale a 17.000 euro dai 16.000 euro del 2021 e 14.500 del 2020».
La graduatoria regionale vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano, con un Pil per abitante di 54,5 mila euro, seguita da Lombardia (44,4 mila), Provincia autonoma di Trento (44,2 mila euro) e Valle d’Aosta (43,7mila euro). Il Lazio si conferma la prima regione del Centro, con il Pil per abitante pari a 37,2 mila euro, seguita dalla Toscana (35,1 mila) e, a una certa distanza, da Marche e Umbria (rispettivamente 30,8 mila e 28,2 mila euro). Guardano a Sud, nel 2022 la Basilicata è la regione con il Pil per abitante più alto (27,8mila euro), a seguire Abruzzo (27 mila), Molise (24,5 mila) e Sardegna (23,7 mila). Si ferma al terzultimo posto la Campania (21,2 mila euro) che guarda sotto di sé la Calabria stabilmente all’ultimo posto della graduatoria con 19,4 mila euro, preceduta dalla Sicilia, con un valore del Pil per abitante solo lievemente superiore (20,1 mila euro).

Nel 2022, in Italia, la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 19,9 mila euro. I valori più elevati si registrano nel Nordovest (22,8 mila euro) e nel Nordest (22,4 mila euro); segue il Centro con 20,9 mila euro, mentre il Mezzogiorno si conferma l’area in cui il livello di spesa è più basso (15,6 mila euro). A un maggior livello di dettaglio territoriale, consumi finali procapite più elevati si registrano in Valle d’Aosta, nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen e nella Provincia autonoma di Trento (rispettivamente 28,1 mila, 25,8 mila e 24,2 mila euro); quelli più contenuti si registrano invece in Campania (14,4 mila euro), Puglia (14,9 mila) e Sicilia (15,9 mila).

L’«economia non osservata» ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 17,2% del complesso del valore aggiunto, seguito dal Centro (12,3%). Sensibilmente più limitata, inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nordest (9,7%) e nel Nordovest (9,2%). «Anche nelle ripartizioni — scrivono gli analisti dell’Istat — si conferma la diversa rilevanza delle tre componenti dell’economia non osservata rilevata a livello nazionale. Prevale ovunque l’incidenza della rivalutazione da sottodichiarazione; questa raggiunge il livello più alto nel Mezzogiorno, pari al 7,8% del valore aggiunto, mentre è più contenuta nel Nord-ovest (4,4%).
Anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevata nel Mezzogiorno (6,5%). La sua incidenza risulta lievemente superiore alla media nazionale al Centro (4,3%) ed è inferiore di 1 punto percentuale nelle altre due ripartizioni (3,2% per entrambe)». A livello regionale il peso dell’«economia non osservata» è massimo in Calabria, con il 19,2% del valore aggiunto complessivo, e minimo nella Provincia autonoma di Bolzano (8,1%). Puglia (8,4%), Molise, Calabria e Campania (7,9% per le tre regioni) presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato; l’incidenza più bassa si registra, invece, nella Provincia autonoma di Bolzano (2,9%) e, a seguire, nella Provincia autonoma di Trento (3,5%). Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (8% del valore aggiunto), Campania (+7%) e Sicilia (6,4%); le quote minori sono osservate in Lombardia (3%), Veneto (3,1%), Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Bolzano (entrambe +3,2%). Infine, l’economia illegale e le altre componenti dell’economia non osservata presentano un’incidenza sul valore aggiunto che oscilla tra il 3,4% della Sicilia e l’1,4% della Lombardia.

Se si guarda all’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, a livello nazionale (anno 2022) è aumentato dell’1,7%. L’incremento ha interessato tutte le ripartizioni geografiche. Più nel dettaglio, la ripartizione più dinamica in termini di crescita occupazionale è il Nordest, dove il numero degli occupati è aumentato del 2,4%. Il Centro ha mostrato un incremento leggermente superiore alla media nazionale (+1,9%), mentre nel Nord-ovest e nel Mezzogiorno gli incrementi sono stati più contenuti, rispettivamente dell’1,5% e dell’1,4%.

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22 dicembre 2023

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QOSHE - Un Paese spaccato: il Pilrocapite del Norddoppia quello del Sud - Patrizio Mannu
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Un Paese spaccato: il Pilrocapite del Norddoppia quello del Sud

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22.12.2023

Dossier Istat: 40.900 euro contro 21.700 ( 88,5%). Il peso di evasione e sommerso è pari al 17,1 per cento

L’«economia non osservata» è la zavorra che tiene sul fondo il Mezzogiorno; rappresenta il 17,2% del valore aggiunto. Una percentuale monstre se si guarda, ad esempio, al Nordovest — l’area più ricca del Paese, e diremo poi — che ha un tasso del 9,2%. L’«economia non osservata», insegna l’Istat, è quella ricchezza che sfugge al controllo: quella illegale; quella sottodichiarata (evasa dalle imprese); quella prodotta dal lavoro sommerso, finanche gli affitti intascati in nero e le mance. Ecco perché, allora, questa massa «non osservata» fa colare a picco la ricchezza del Meridione (3,6% il tasso di crescita in volumi del Pil) rispetto al Nordest 4,3% (la media Italia si ferma al 3,7%) come appunto ci racconta l’Istituto di via Cesare Balbo nell’ultima fotografia dei Conti economici territoriali 2020-2022.

Conviene andare con ordine, individuando una tendenza che nel tempo si accentua sempre di più. Il Pil procapite degli abitanti del Nordovest “doppia” quasi quello dei connazionali del Mezzogiorno: 40.900 euro contro 21.700 euro ( 88,5%). Al secondo posto per prodotto interno lordo si classifica il Nordest con 39.300 seguito dal Centro con 35.100 euro. Rispetto al 2021 il Pil del Nordovest è cresciuto del 6,5% (era 38.400 euro) e quello meridionale del 7,4% (era 20.200 euro). L’Istituto di statistica sottolinea che, alla luce dei dati, «si rafforza ulteriormente il divario del Mezzogiorno con il........

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