La relazione della Commissione che si è riunità il 27 e 28 ottobre evidenzia tutte le criticità legate al bradisismo e a una possibile eruzione freatica. Il verbale integrale
Il verbale di sintesi ufficiale della commissione Grandi rischi è composto da appena sei pagine, ma sufficienti a descrivere un quadro allarmante di ciò che sta davvero accadendo nel ventre dei Campi Flegrei. Il documento è in possesso del Corriere del Mezzogiorno. Ne pubblichiamo il contenuto e le conclusioni sono tuttâaltro che tranquillizzanti. A leggere per intero quelle pagine infatti si capisce come mai, dopo la due giorni di riunioni della Grandi rischi (26 e 27 ottobre scorsi), il ministro della Protezione civile Nello Musumeci si allarmò al punto da parlare apertamente della possibilità di innalzare il livello di sorveglianza da giallo ad arancione e di autorizzare la pubblicazione di un comunicato, in cui era scritta la sibillina frase «coinvolgimento del magma» nel processo di bradisismo. Ora tutto è più chiaro. Perché nonostante le rassicurazioni di facciata, i membri della commissione hanno dovuto prendere atto che il magma non solo è «coinvolto», ma che quasi certamente è risalito da un serbatoio a 7-8 km di profondità a un altro posizionato a 4 chilometri. Tutto ciò sarebbe accaduto, secondo gli studiosi, a partire dal 2015 e fino al 2022 anni in cui sono disponibili gli ultimi dati. Le conclusioni sono state tratte osservando «lâanalisi modellistica dei dati InSaR» (cioé lâinterpretazione dei dati satellitari per comprendere la definizione delle deformazioni del suolo, ndr). Scrivono i vulcanologi nel verbale: «La modellazione del campo deformativo dal 2015 necessita di un ulteriore contributo da parte di una sorgente magmatica a 7-8 km di profondità ». Sarebbero cioé due le sorgenti di pressione che determinano l'innalzamento del suolo, una idrotermale lâaltra magmatica. E così viene segnalata «lâurgenza di estendere le analisi allâanno 2023 (...) al fine di verificare (...) un trasferimento magmatico dal sistema profondo (7-8 km) verso quello superficiale (4km)».
Tutto ciò anche in base allâanalisi dei gas che fuoriescono dalle fumarole «dal 2021 il sistema idrotermale si sta evolvendo verso condizioni (...) più magmatiche. Inoltre lâaumento di H2S (Idrogeno solforato) a partire dal 2019 non è attribuibile a una origine puramente idrotermale, richiedendo un contributo aggiuntivo di zolfo che, dalle analisi isotopiche finora svolte, è consistente con una origine magmatica». Il magma viene chiamato in causa anche dallâanalisi dei dati gravimetrici: «I valori di densità potrebbero implicare una sorgente ibrida» annotano gli scienziati. Unâaltra preoccupazione riguarda la concreta possibilità di improvvise eruzioni freatiche.
Per i vulcanologi nellâarea Solfatara-Pisciarelli, tra i 100 e i 200 metri di profondità vi sarebbe una struttura geologica «argillosa e impermeabile» ritenuta di «media resisistività » e che funge da «confinamento a fluidi in pressione». Insomma, fa da tappo al «possibile accadimento di una esplosione freatica». Si può prevedere? Gli studiosi esprimono molti dubbi: «Appare importante promuovere con urgenza una discussione critica su possibili segnali premonitori di tale attività e sulla capacità dellâattuale sistema di monitoraggio di rilevarli, evidenziando la necessità di eventuali implementazioni».
Ma non è finita, un capitolo è dedicato al rischio di fratturazione delle rocce sotto la spinta dei fluidi magmatici. Vengono ascoltati due studiosi (Neri e Kilburn) che propongono due diversi modelli di deformazione e fratturazione. Eppure, nonostante approcci differenti arrivano entrambi alla stessa conclusione: «In presenza degli attuali tassi di deformazione, il processo di fratturazione della crosta può subire una ulteriore accelerazione, fino al raggiungimento di condizioni critiche in un orizzonte temporale compreso tra alcuni mesi e pochi anni». Cosa accadrebbe al raggiungimento del punto critico? «Non si può escludere - ragiona la commissione - che si possano innescare processi quali sismicità significativa, manifestazioni (eruzioni, ndr) freatiche e risalita del magma verso la superficie».
Perciò gli studiosi della Grandi rischi non si sentono di escludere «una rapida progressione verso la risalita di magma in forma di "dicco" (corpi di lava longitudinali), che possa raggiungere la superficie». Il fenomeno dovrebbe poter essere rilevabile dalle reti di monitoraggio geodetico, cioè una rete che sfruttando i dati ricevuti dai satelliti consente di misurare le deformazioni del suolo, con un margine di errore inferiore a 1 centimetro. Ma qui câè un problema di non poco conto. Argomenta la commissione: «Non appare chiara la capacità risolutiva spaziale e temporale delle reti in continuo Gnss, nel rilevare prontamente le fasi iniziali di tali dinamiche, laddove queste potrebbero essere associate alla generazione di segnali di piccola entità ». Insomma, la rete potrebbe non farcela a captare quei tenui precursori di una eruzione. Dunque si suggerisce a Ingv-Ov di approfondire «in modo quantitativo» la capacità di cogliere lâeventuale risalita del magma soprattutto tra i 4 km di profondità e la superficie».
Nelle conclusioni si chiarisce che il quadro complessivo sebbene non sia «di univoca interpretazione», suggerisce la preoccupazione che «i processi in atto possano evolvere ulteriormente anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica». Si scrive ancora di «nuove evidenze di possibile coinvolgimento del magma», laddove lâaggettivo «nuove» spiega ulteriormente i motivi dellâallarme. Di qui il suggerimento finale: intensificare le attività di monitoraggio e le attività di prevenzione della Protezione civile, preparandosi «allâeventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore». E adesso si capisce bene il motivo di tanta ansia.
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25 novembre 2023
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