Parla il primo ricercatore dell'Ingv: «Può essere utile a studiare l'evoluzione del fenomeno». E sui rischi: «Per la sicurezza serve soltanto alleggerire quelle zone, troppo urbanizzate»

«Individuare la risalita del magma in un’area di 100 km quadrati come i Campi Flegrei, equivale a cercare un ago in un pagliaio». Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo e primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si lascia andare a una considerazione da brividi.Â

Professore Mastrolorenzo, sta dicendo che la rete di monitoraggio non riuscirebbe a «leggere» per tempo i precursori di un’eruzione? Se è come dice lei, allora perché esiste?Â
«L’utilità della rete di sorveglianza dei Campi Flegrei per fini di Protezione civile è molto sopravvalutata. In realtà essa ha soprattutto un valore scientifico, nel senso che serve a noi scienziati per studiare l’evoluzione del vulcano. Bisognerebbe farlo sapere alla gente che vive in quel territorio, ammetterlo con molta onestà ».Â

Mi scusi, ma stento a credere a quello che dice. Sono state spese decine di milioni di euro per mettere in piedi un sistema di controllo tra i più avanzati al mondo...Â
«Infatti lo è. Sembra un paradosso l’esempio dell’ago e del pagliaio, invece è così e cerco di spiegarmi meglio. Premetto che in effetti la rete di sorveglianza geodetica dei Campi Flegrei è quasi certamente la più avanzata e “completa” al mondo. Non c’è un altro vulcano che sia monitorato e costantemente sorvegliato come il nostro».Â

E allora?Â
«Allora il problema sta nella natura stessa della caldera Campi Flegrei, nella sua estrema imprevedibilità , nel fatto che, a differenza dei vulcani tradizionali dove esiste almeno un condotto principale, nel nostro caso abbiamo 100 km quadrati di potenziali condotti da monitorare h24. E per farlo abbiamo a disposizione una stazione di monitoraggio ogni 2 km quadrati».Â

Non bastano a rilevare che so il sollevamento di un’area?Â
«No. E chiarisco: per prevedere con un accettabile margine di errore il comportamento del nostro vulcano dovremmo avere dati scientifici su una sua precedente eruzione, ovviamente non li abbiamo e quindi non possiamo sapere come si comporta, ma c’è anche un altro problema più complesso».Â

Di che si tratta?Â
«Torniamo ai numeri di prima. Abbiamo un’area vulcanica da cui può risalire magma estesa su 100 km quadrati. Ora, mettiamo che con un pizzico di fortuna la risalita avvenga nei pressi di una delle stazioni di monitoraggio. Ebbene, anche nelle grandi eruzioni, all’inizio risale un “dicco”. Per comodità possiamo definirlo una specie di cilindro di lava fusa largo qualche metro e che spinge, mettiamo caso, a 4 chilometri di profondità . Non dobbiamo pensare a grandi masse di magma che risalgono e che diventano più visibili, ma a una specie di vena che trasporta sangue... Per capire meglio, lo possiamo paragonare a un dito che spinga un materasso dal basso verso l’alto. Secondo lei guardando il materasso si noterà una deformazione in superficie? No, almeno fino a quando il dito non arriverà così in alto da avvicinarsi sempre più alla superficie del materasso. A quel punto però potremo essere già nell’imminenza di una eruzione...potremmo avere solo poche ore di vantaggio».Â

Allora è per questo motivo la Grandi Rischi chiede un potenziamento della rete di sorveglianza?Â
«Servirà a poco dal punto di vista di Protezione civile, sarà utile sicuramente per studiare la caldera».Â

E la sicurezza dei residenti?Â
«La strada maestra resta l’alleggerimento demografico di un territorio troppo urbanizzato. Il resto è demagogia».

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26 novembre 2023

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Il vulcanologo: la rete di monitoraggio dei Campi Flegrei ha solo un valore scientifico, lo si ammetta

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26.11.2023

Parla il primo ricercatore dell'Ingv: «Può essere utile a studiare l'evoluzione del fenomeno». E sui rischi: «Per la sicurezza serve soltanto alleggerire quelle zone, troppo urbanizzate»

«Individuare la risalita del magma in un’area di 100 km quadrati come i Campi Flegrei, equivale a cercare un ago in un pagliaio». Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo e primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si lascia andare a una considerazione da brividi.Â

Professore Mastrolorenzo, sta dicendo che la rete di monitoraggio non riuscirebbe a «leggere» per tempo i precursori di un’eruzione? Se è come dice lei, allora perché esiste?Â
«L’utilità della rete di sorveglianza dei Campi Flegrei per fini di Protezione civile è molto sopravvalutata. In realtà essa ha soprattutto un valore scientifico, nel senso che serve a noi scienziati per studiare l’evoluzione del vulcano. Bisognerebbe farlo sapere alla gente che vive in quel territorio, ammetterlo con molta onestà ».Â........

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