Era un chierichetto l'uomo che ha fatto ridere di più gli italiani. In una catacomba da bambino ha scoperto la filosofia dell'ironia sulla vita e sulla morte

Uno dei murales dedicati da Napoli al Principe de Curtis

Il 15 aprile del 1967 moriva l'uomo che ha fatto ridere di più gli italiani (e lo fa ancora oggi). È l'unico artista che ha avuto tre funerali: a Roma, a Napoli e nella sua Sanità , il rione che lo vide nascere. Totò ha mille storie. Tutte più o meno conosciute. Quella che vogliamo raccontare è una delle meno note e che è legata alla creazione della sua poesia più famosa: ‘A LivellaAntonio Clemente nacque, di padre ignoto, nel 1898 in Via Santa Maria Antesaecula, non molto lontano dalle Catacombe di San Gaudioso che si trovano sotto la Basilica Santa Maria della Sanità . Il piccolo Totò (è il soprannome che gli diede la mamma), per senso di espiazione più che per vocazione, andò a fare il chierichetto nella grande chiesa per qualche mese quando aveva all’incirca dieci anni. E lì apprese, più che il catechismo e il Santo Vangelo, molte cose sulla morte.Â

Qualche volta giocava a nascondino con gli altri bambini in un luogo carico di magia e di mistero: i cunicoli sotterranei che i grandi chiamavano le catacombe di San Gaudioso. Lì andava anche, su ordine del parroco, a recuperare le candele e il vino per la messa. Totò non aveva paura e rimaneva estasiato dagli affreschi sulla pietra grezza delle pareti. Scheletri disegnati su cui veniva conficcato un teschio vero. Il perché di tutto questo, il futuro grande attore non lo sapeva ancora. Nel Seicento, il sito ospitava sepolture riservate agli aristocratici e agli ecclesiastici realizzate secondo un procedimento importato dalla Sicilia dove i Domenicani lo praticavano da anni. Quello della “scolatura”. Secondo la credenza religiosa permetteva di presentarsi davanti al giudizio di Dio senza impurità , che venivano fatte fuoriuscire dal corpo con i liquidi della decomposizione, attraverso una pratica particolare. Il cadavere veniva messo seduto in una nicchia scavata nel tufo e lì si attendeva la decomposizione. Quando il corpo si gonfiava entravano in scena particolari necrofori, ovviamente sempre domenicani, che pungevano la salma facendone uscire i liquidi impuri. Da qui il detto napoletano “’O schiattamuorto”, o l’augurio “puozza sculà ”, che non era così cattivo in origine. Tradotto nel Seicento stava a significare, più o meno: «Che tu possa presentarti purificato agli occhi del Signore». Con il passare del tempo il significato è stato completamente stravolto. Alla fine del procedimento i teschi venivano apposti a vista nelle pareti dell’ambulacro, mentre il resto del corpo era affrescato, generalmente con gli abiti e gli attrezzi del mestiere che rappresentavano la posizione sociale del defunto.Â

Il disegno che ha ispirato Totò

Gli affreschi furono realizzati da Giovanni Balducci, artista che rinunciò al compenso per essere “scolato” e sepolto tra gli aristocratici nelle Catacombe di San Gaudioso. Ed è uno dei suoi disegni che ha ispirato Totò per la 'A Livella. Si vede uno scheletro “nudo”, senza orpelli. Ai suoi piedi la clessidra del tempo, un libro, una corona e uno scettro. Tutte cose di cui non ha bisogno. La cultura, la ricchezza, il potere non hanno senso con la morte che rende tutti uguali, appunto “livella”. Un quadro che colpì molto il piccolo Totò e che più volte ritornava con prepotenza nei suoi pensieri. Poi nel 1964 pubblicò le parole che quell’affresco gli avevano fatto venire in mente «all’approssimarsi della meta», la sua poesia più famosa, una delle più importanti della letteratura napoletana. Oggi una lapide di marmo con scolpito in bassorilievo il testo di ‘A Livella si trova davanti alla cappella di Totò, a pochi metri dal Cimitero degli uomini illustri a Napoli. La poesia è una metafora della vita e della morte che è come una livella (lo strumento usato dai muratori per mettere sullo stesso piano le superfici) che tutto appiana: ricchezza e povertà , diversità sociali, gioia e dolore. A spiegarlo, negli ultimi versi, è uno dei protagonisti, “Esposito Gennaro netturbino” che, rivolgendosi al defunto ricco marchese “eroe ardimentoso di mille imprese” irritato per la eccessiva vicinanza tra le loro tombe gli dice: «…Suppuorteme vicino-che te ‘mporta? Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie…appartenimmo à morte!».

Altri murales di Totò ai Quartieri Spagnoli di Napoli

Oggi, a 57 anni dalla morte, Totò aspetta ancora il suo museo. Promesso negli anni dalle varie amministrazioni che si sono succedute, ma mai realizzato. I suoi cimeli, dai vestiti di scena agli occhiali, dalle lettere alle foto, sono in giro per l'Italia e la famiglia sarebbe felice di donarli a un luogo che lo ricordi. Ma la politica non sa ridere e dimentica. Non i napoletani che a lui hanno dedicato decine di murales, un intero vicolo dei Quartieri Spagnoli con il suo volto, e scritte illuminate con i versi delle sue canzoni e delle sue poesie. Caro Totò, siamo uomini o caporali.Â

Vai a tutte le notizie di Napoli

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.

Siamo anche su Instagram, seguici https://www.instagram.com/corriere.mezzogiorno/

15 aprile 2024 ( modifica il 15 aprile 2024 | 09:45)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

QOSHE - Il 15 aprile del 1967 l'addio a Totò, ecco la vera storia della poesia 'A Livella - Vincenzo Esposito
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Il 15 aprile del 1967 l'addio a Totò, ecco la vera storia della poesia 'A Livella

8 71
15.04.2024

Era un chierichetto l'uomo che ha fatto ridere di più gli italiani. In una catacomba da bambino ha scoperto la filosofia dell'ironia sulla vita e sulla morte

Uno dei murales dedicati da Napoli al Principe de Curtis

Il 15 aprile del 1967 moriva l'uomo che ha fatto ridere di più gli italiani (e lo fa ancora oggi). È l'unico artista che ha avuto tre funerali: a Roma, a Napoli e nella sua Sanità , il rione che lo vide nascere. Totò ha mille storie. Tutte più o meno conosciute. Quella che vogliamo raccontare è una delle meno note e che è legata alla creazione della sua poesia più famosa: ‘A LivellaAntonio Clemente nacque, di padre ignoto, nel 1898 in Via Santa Maria Antesaecula, non molto lontano dalle Catacombe di San Gaudioso che si trovano sotto la Basilica Santa Maria della Sanità . Il piccolo Totò (è il soprannome che gli diede la mamma), per senso di espiazione più che per vocazione, andò a fare il chierichetto nella grande chiesa per qualche mese quando aveva all’incirca dieci anni. E lì apprese, più che il catechismo e il Santo Vangelo, molte cose sulla morte.Â

Qualche volta giocava a nascondino con gli altri bambini in un luogo carico di magia e di mistero: i cunicoli sotterranei che i grandi chiamavano le catacombe di San Gaudioso. Lì andava anche, su ordine del parroco, a recuperare le candele e il vino per la messa. Totò non aveva paura e........

© Corriere del Mezzogiorno


Get it on Google Play