Solo le emozioni contano nello sport, ma il sistema le ignora

Le parole di Victor Osimhen sul suo prossimo addio, confermate dal presidente De Laurentiis, illuminano il paradosso del calcio contemporaneo: fa la guerra alla passione, vorrebbe cancellarla dalla foto di gruppo del pallone. Ma è lei, la passione, l’energia che alimenta questo sistema complesso di soldi, relazioni, interessi, potere. Tutti questi elementi si propongono come idoli e valori in sé, ma sono solo personaggi di un dramma scritto dalla passione. Se quella non ci fosse, sarebbero tutti manichini dismessi in un deposito. Il pallone lo si segue, lo si soffre, lo si ama solo e soltanto perché ci sono campioni, colori e maglie da amare. Poi certo c’è la tecnica, il pubblico dei competenti, ma quanti spettatori della lirica sanno leggere uno spartito? Chi conosce nei dettagli il motore della Ferrari? Si amano i grandi interpreti, si amano i piloti, si amano le imprese, si veda il fenomeno Sinner che tiene svegli migliaia di persone in piena notte mentre quello batte il mostro sacro. Solo le emozioni contano nello sport. Eppure il calcio si ostina ad ignorarle. Così è parso per un attimo che fosse sconveniente sottolineare la metallica freddezza che si avvertiva nelle parole del centravanti nigeriano del Napoli.Â

«Oggi faccio questo, domani vado là ». Abbiamo avuto reazioni educate, noi che seppellimmo Gonzalo Higuain sotto oceani di insulti. A Osi, che pure col nuovo contratto guadagna dal Napoli 27.700 euro al giorno, va riconosciuta, oltre al timing infelice e alla totale mancanza di buon gusto, la sincerità : ci racconta lo stato dell’arte dei suoi rapporti col Napoli, ci ricorda la sua biografia di povero che vuole il massimo dal suo talento a tempo. Va bene così, rappresenta una stagione del calcio e da sempre gli atleti cercano i soldi. Non a caso lui e il presidente del Napoli parlano la stessa lingua. Ma allora non lamentate la crisi del calcio. Hai voglia a dire «amiamo la maglia» e non i singoli giocatori. I «valori», se proprio vogliamo spendere un linguaggio che il calcio non merita, hanno sempre bisogno di una incarnazione umana. Si guardi che cosa è successo con l’ondata di lutto che ha colpito l’intero paese per la morte di Gigi Riva. I campioni sono spettacolo nel presente, poi diventano ricordo, infine mito. Alla fine il calcio sono loro, perché sono «amati» di quell’amore che accompagna una vita intera («Ammore overo no, nun vòta vico » cantava «Era de Maggio »). Nella città di Diego Maradona questo discorso è quasi superfluo. Come risponde il calcio a questa voluta assenza della passione? Con la ricerca spasmodica di altre forme di godimento e di spettacolo.Â

Pensano che sia una questione di brutto gioco: e allora vogliono creare supercoppe e campionati mondiali per club. Così si restringe tutto a venti trenta squadre e amen. Oppure un problema di demografia: il pubblico è vecchio, per conquistare i giovani ci vuole altro: quante volte abbiamo sentito il presidente del Napoli dire queste cose? Nel progetto della Supercoppa c’era anche l’idea di distribuire sintesi o segmenti di partite sulle piattaforme di gioco perché i giovani sono presi dall’impazienza digitale. Come se i giovani fossero incapaci di amare e avessero solo bisogno di un «godimento» alla velocità luce. In realtà spendono notti intere sui giochi che amano. Gli obiettivi sono: più intrattenimento, più audience, più soldi. Tutto ciò non può essere né eliminato né condannato: il mondo funziona così e chi pensa che il denaro sia lo sterco del diavolo è solo un illuso. Non c’è spazio per il luddismo nel calcio. Lo praticano gli ultra che sono un fenomeno para politico. Utilizzano la crisi del calcio e la sua organizzazione capitalistica come pretesto per una critica in malafede. E sono parte integrante di questo sistema. Il tema principale di questa colonna sonora ha un altro titolo: come ritrovare la passione, come non ignorarla, come non avvilirla? Come si fa ad amare chi sai che ti lascerà ? Quesito non solo calcistico.

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28 gennaio 2024

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Il paradosso del calcio: fa la guerra alla passione

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28.01.2024

Solo le emozioni contano nello sport, ma il sistema le ignora

Le parole di Victor Osimhen sul suo prossimo addio, confermate dal presidente De Laurentiis, illuminano il paradosso del calcio contemporaneo: fa la guerra alla passione, vorrebbe cancellarla dalla foto di gruppo del pallone. Ma è lei, la passione, l’energia che alimenta questo sistema complesso di soldi, relazioni, interessi, potere. Tutti questi elementi si propongono come idoli e valori in sé, ma sono solo personaggi di un dramma scritto dalla passione. Se quella non ci fosse, sarebbero tutti manichini dismessi in un deposito. Il pallone lo si segue, lo si soffre, lo si ama solo e soltanto perché ci sono campioni, colori e maglie da amare. Poi certo c’è la tecnica, il pubblico dei competenti, ma quanti spettatori della lirica sanno leggere uno spartito? Chi conosce nei dettagli il motore della Ferrari? Si amano i grandi interpreti, si amano i piloti, si amano le imprese, si veda il fenomeno Sinner che tiene svegli migliaia di persone in piena notte mentre quello batte il mostro sacro. Solo le emozioni contano nello sport. Eppure il calcio si ostina ad........

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