Un finale di 2023 e uno scenario per il 2024 che non sono entusiasmanti. Il nostro Paese entrerà nel nuovo anno con un abbrivio poco confortante. Le previsioni di crescita sono attorno all’1%. Il governo è più ottimista (+1,2%), Europa e Confindustria meno, quest’ultima si ferma allo 0,5%, e, decimale più decimale meno, anche Ocse e Fmi si tengono sotto l’uno per cento. Per fortuna, comunque parliamo di crescita e non di decrescita. Basterà? Se il bicchiere è mezzo pieno grazie al segno «più» mentre altri Paesi come la Germania rallentano, non è la crescita di cui avremmo bisogno. Ci siamo concentrati nelle ultime settimane sulla riforma del Patto di stabilità. Una riforma contabile che, ovviamente, ha conseguenze sulle scelte che un Paese può fare o non può fare. Ma che non impedisce di individuare le linee guida per la crescita. Il Pnrr aveva due assi di sviluppo che erano transizione digitale ed ecologica.
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È innegabile che l’attenzione si sia stemperata su entrambi. La lezione che arriva da Pechino ci dice, però, che combinando i due fattori si può sperare in una forte crescita. Il solo dato relativo alla vendita delle auto elettriche nel mondo è indicativo. La metà sono cinesi. E un’automobile elettrica oggi combina entrambi gli aspetti: transizione digitale ed ecologica. L’Italia da Paese mediterraneo è il luogo ideale dove innovare in questi campi. E la rimodulazione del RePower Eu attuata dal governo dovrebbe andare in questo senso. Purché si abbia bene in mente che il tutto dovrà essere propedeutico agli investimenti privati. E perché ciò accada, l’economia, la crescita, il digitale e la transizione ecologica dovranno ritornare al centro del dibattito. Cosa che non è stata per tutto il 2023. Un errore. Anche perché senza crescita il debito non scenderà. E non sarà facile pagare nel 2024 interessi sul debito per circa 97 miliardi e nel 2025 per altri 107. Rendendo ancora più difficile quel taglio della spesa pubblica di cui nessuno parla più ma di cui l’Italia avrebbe gran bisogno.
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18 dic 2023
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19.12.2023
Un finale di 2023 e uno scenario per il 2024 che non sono entusiasmanti. Il nostro Paese entrerà nel nuovo anno con un abbrivio poco confortante. Le previsioni di crescita sono attorno all’1%. Il governo è più ottimista ( 1,2%), Europa e Confindustria meno, quest’ultima si ferma allo 0,5%, e, decimale più decimale meno, anche Ocse e Fmi si tengono sotto l’uno per cento. Per fortuna, comunque parliamo di crescita e non di decrescita. Basterà? Se il bicchiere è mezzo pieno grazie al segno «più» mentre altri Paesi come la Germania rallentano, non è la crescita di cui avremmo bisogno. Ci siamo concentrati nelle ultime settimane sulla riforma del Patto di stabilità. Una riforma contabile che, ovviamente, ha conseguenze sulle scelte che un Paese può fare o non può fare. Ma che non impedisce di individuare le linee guida per la crescita. Il Pnrr aveva due assi di sviluppo che erano transizione digitale ed ecologica.
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