Continueremo a parlare di intelligenza artificiale (Ai nell’acronimo anglosassone) per molto tempo ancora. E rimanendo, purtroppo, sul lato dei problemi che può creare, prima ancora che delle opportunità che può offrire. Un errore. Non solo perché per fortuna abbiamo un’Europa che sul versante delle regole ha una leadership indiscussa. Ma anche perché in un mondo già scosso da una geopolitica difficile da comprendere, dovere di chi si sente classe dirigente è indicare ai cittadini strade possibili di sviluppo. È vero che, come risulta da un sondaggio presentato a Davos e basato su oltre 4.700 interviste a manager e ceo, la preoccupazione principale è per il taglio del 5% dei lavoratori a seguito dell’uso di Ai. Dimenticando però che il 47% di loro si attende un aumento della redditività. Giusto occuparsi dei rischi, ma l’intelligenza artificiale può rappresentare una svolta importante per l’economia. Anche per un Paese come il nostro.

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I supercomputer di Eni, Leonardo gareggiano in velocità con quelli cinesi e americani. E l’altro Leonardo, quello del Cineca, costruito grazie all’iniziativa europea di una rete di supercomputer, vede già i clienti in coda. Che dire ancora sul fronte privato della Ion di Andrea Pignataro? Non a caso è tra i finanziatori della ricerca sul campo condotta da Bocconi, Politecnico, Bicocca. Ed è tra i grandi nel mondo di chi su dati e tecnologia ha basato il suo business. Servirebbe però un atteggiamento diverso da quello che caratterizza la politica. È attenta all’economia se c’è da redistribuire, non quando la ricchezza va creata. Sull’Ai si tratterebbe di capire come le imprese, pubbliche e private possono partecipare a uno sforzo che o è nazionale o non lo è. Servirebbe ascoltare gli imprenditori per capire che cosa possa agevolare il loro sviluppo e quello del Paese. Si dovrebbe uscire da quel circuito vizioso di una politica autoreferenziale che parla quasi solo di candidature, liste e campagne elettorali.

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La partita italiana per l’Intelligenza artificiale: in campo Leonardo, Eni, Ion

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22.01.2024

Continueremo a parlare di intelligenza artificiale (Ai nell’acronimo anglosassone) per molto tempo ancora. E rimanendo, purtroppo, sul lato dei problemi che può creare, prima ancora che delle opportunità che può offrire. Un errore. Non solo perché per fortuna abbiamo un’Europa che sul versante delle regole ha una leadership indiscussa. Ma anche perché in un mondo già scosso da una geopolitica difficile da comprendere, dovere di chi si sente classe dirigente è indicare ai cittadini strade possibili di sviluppo. È vero che, come risulta da un sondaggio presentato a Davos e basato su oltre 4.700 interviste a manager e ceo, la preoccupazione principale è per il taglio del 5% dei lavoratori a seguito dell’uso di Ai. Dimenticando però che il 47% di loro si attende un aumento della redditività. Giusto occuparsi dei rischi, ma l’intelligenza artificiale può rappresentare una svolta importante per l’economia. Anche per un Paese come il nostro.

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