Sorpresa. Non siamo più indissolubilmente accoppiati alla Germania. «Il sistema produttivo italiano, pur avendo nella Germania un partner rilevante, mostra dinamiche sempre più slegate da quelle tedesche rispetto a qualche anno fa». A sostenerlo è il Centro Studi Confindustria che nell’ambito del suo tradizionale rapporto di previsione ha dedicato un focus alla «recessione tedesca e i possibili riflessi sull’economia italiana».

Ora è evidente che stiamo parlando del Paese che con la crescita e la sua stazza nel decennio pre-pandemia ha trainato l’intera economia dell’Eurozona. Aveva superato le due crisi, finanziaria del 2008-09 e dei debiti sovrani del 2012-13, con maggior vigore e velocità dei partner europei al punto che sono state a lungo sottolineate le principali doti del Modell Deutschland ovvero l’accresciuto rilievo dell’export e un mercato del lavoro moderno e riformato. È il Covid a fare da spartiacque: a partire dal 2020 la Germania appare priva della spinta economica che aveva segnato il precedente decennio e ha ripreso i livelli pre-pandemia soltanto a inizio 2022 e a fine 2022 l’economia si è inceppata di nuovo.

Ma, attenzione, la recessione tedesca — avverte il Csc — ha preso la forma di un forte calo dei consumi e dei servizi (non dell’industria) e già questa prima considerazione fa sostenere/prevedere ai ricercatori «impatti più limitati sull’economia italiana». Tra i fattori di debolezza tre appaiono prevalenti: a) il mutato contesto geopolitico che penalizza la Germania maggiormente connessa con i Paesi dell’Est; b) la crescita cinese in via di normalizzazione che colpisce la maggiore interdipendenza con Berlino; c) la scarsa diversificazione dell’industria molto concentrata sull’automotive. È in questo quadro che va analizzata la correlazione macro-economica tra Italia e Germania.

L’auto e gli altri

Nel quinquennio prima della crisi della Lehman Brothers la crescita italiana e quella tedesca erano fortemente correlate (0,60) e molte più elevate rispetto agli altri partner europei (la correlazione con Francia e Spagna era 0,20). Nel periodo 2014-2019, dopo la crisi dei debiti sovrani, abbiamo invece un capovolgimento: la sincronizzazione Italia-Germania cala a 0,25 mentre si rafforza quella con la Spagna (0,50) e con la Francia (0,66). Di recente, dopo il 2020, l’indice di correlazione italo-tedesco è risalito a 0,40, ma si muove molto meno di quelli francesi e spagnoli passati a 0,80. Spiega il direttore del Centro Studi, Alessandro Fontana: «Una delle cause della minore correlazione Italia-Germania, soprattutto in prospettiva, può risiedere nei cambiamenti in atto nel settore automotive. L’industria italiana è storicamente la prima fornitrice di componenti per l’auto tedesca, ma con la transizione in corso verso l’auto elettrica la Germania potrebbe aver man mano meno bisogno dei tradizionali input intermedi italiani».

Se proseguiamo l’analisi in termini di settori, per gli alimentari, la metallurgia e la carta si rileva un sostanziale mantenimento della correlazione negli anni 2014-2019 rispetto a 2001-07. Per la chimica, i metalli non metalliferi e il settore del mobile-arredo le correlazioni diventano negative mentre aumentano nella meccanica strumentale.

Questo mutamento nelle correlazioni riflette il cambiamento della struttura produttiva avvenuto in entrambi i Paesi e in tutta l’area euro e sembra coerente con l’aumento della specializzazione produttiva dell’industria in settori-chiave che sono diversi tra Paese e Paese. «Fino al Covid c’erano relazioni più stabili poi si sono avuti nel mondo grossi processi di riadattamento. E, ad esempio, molte aziende italiane si sono spostate su mercati insoliti oppure hanno dato spazio a fornitori più vicini a casa, complementari — sostiene Fontana —. In questo modo hanno mostrato una maggiore reattività rispetto alla crisi e una maggiore diversificazione settoriale che le ha rese più agili».

Passiamo adesso ad esaminare i rapporti commerciali strictu sensu. Tradizionalmente più del 58% delle vendite italiane in Germania è costituito da prodotti intermedi utilizzati dalle imprese tedesche. Il quadro però è cambiato drasticamente nell’ultimo biennio, dal luglio 2021 a giugno 2023, dopo lo choc pandemico e la crisi energetica: la correlazione delle vendite italiane all’estero con la produzione tedesca scende fortemente (a 0,28) molto più di quanto sia accaduto con il manifatturiero francese e spagnolo. «Ciò conferma la relativa asincronia recente dell’attività produttiva tedesca con l’export italiano», scrivono i ricercatori del Csc. Fa eccezione il settore degli autoveicoli per il quale la Germania è ancora un cruciale mercato di sbocco. Mentre tra i settori meno sincronizzati spicca il caso del farmaceutico che presenta una correlazione addirittura negativa con la Germania e una crescente interconnessione con gli Stati Uniti e il Belgio (importante hub logistico delle esportazioni europee di medicinali).

Più America

Prendiamo in esame ora gli scambi Italia-Germania. Le vendite del made in Italy hanno iniziato a rallentare in Germania nel corso del 2022 più rapidamente di quanto sia avvenuto nel resto del mondo. A sostenere la dinamica italiana è stato il mercato Usa mentre quello cinese si è presentato molto debole anche a causa dei ripetuti lockdown. L’export tedesco è andato grosso modo alla stessa maniera: è stato sostenuto dagli Usa nel 2022, ha rallentato nel 2023 e ha ottenuto una performance debole in Cina. Le vendite tedesche in Italia, dopo aver seguito la tendenza del resto del mondo fino a inizio 2023, si sono bruscamente interrotte negli ultimi mesi.

Il Csc per l’occasione ha anche stimato un indice che rivela la capacità predittiva della produzione tedesca per l’export italiano e il risultato, anche in questo caso, parla di una consistente attenuazione. Il break è in corrispondenza della pandemia, dopo la quale la capacità della produzione tedesca di predire l’export italiano si riduce notevolmente. Berlino quindi non è più per noi la bussola economica di prima e se andiamo male è perché il mondo non cresce e non tanto la Germania. Non siamo più ferreamente accoppiati con loro.

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Germania, se la recessione tedesca ci fa meno paura: Berlino non è più la bussola

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10.11.2023

Sorpresa. Non siamo più indissolubilmente accoppiati alla Germania. «Il sistema produttivo italiano, pur avendo nella Germania un partner rilevante, mostra dinamiche sempre più slegate da quelle tedesche rispetto a qualche anno fa». A sostenerlo è il Centro Studi Confindustria che nell’ambito del suo tradizionale rapporto di previsione ha dedicato un focus alla «recessione tedesca e i possibili riflessi sull’economia italiana».

Ora è evidente che stiamo parlando del Paese che con la crescita e la sua stazza nel decennio pre-pandemia ha trainato l’intera economia dell’Eurozona. Aveva superato le due crisi, finanziaria del 2008-09 e dei debiti sovrani del 2012-13, con maggior vigore e velocità dei partner europei al punto che sono state a lungo sottolineate le principali doti del Modell Deutschland ovvero l’accresciuto rilievo dell’export e un mercato del lavoro moderno e riformato. È il Covid a fare da spartiacque: a partire dal 2020 la Germania appare priva della spinta economica che aveva segnato il precedente decennio e ha ripreso i livelli pre-pandemia soltanto a inizio 2022 e a fine 2022 l’economia si è inceppata di nuovo.

Ma, attenzione, la recessione tedesca — avverte il Csc — ha preso la forma di un forte calo dei consumi e dei servizi (non dell’industria) e già questa prima considerazione fa sostenere/prevedere ai ricercatori «impatti più limitati sull’economia italiana». Tra i fattori di debolezza tre appaiono prevalenti: a) il mutato contesto geopolitico che penalizza la Germania maggiormente connessa con i Paesi dell’Est; b) la crescita cinese in via di normalizzazione che colpisce la maggiore interdipendenza con Berlino; c) la scarsa diversificazione dell’industria molto concentrata sull’automotive. È in questo quadro che va analizzata la correlazione macro-economica tra Italia e Germania.

L’auto e gli altri

Nel quinquennio prima della crisi della Lehman Brothers la crescita italiana e quella tedesca erano fortemente correlate (0,60) e molte più elevate rispetto agli altri partner europei (la correlazione con Francia e Spagna era 0,20). Nel periodo 2014-2019, dopo la crisi dei debiti........

© Corriere della Sera


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