l trasporto pubblico locale italiano è in un cul de sac. Gli autobus sono vecchi e solo in poche città elettrici, troppi operatori locali ed eccessiva burocrazia. Ma non solo: il contratto di lavoro non si rinnova, gli scioperi del venerdì sono endemici, prosperano i sindacati autonomi ed è persino difficile assumere autoferrotramvieri in una città internazionale come Milano.

Che fare, allora, per evitare — ad esempio — di spendere male i soldi (2,4 miliardi) previsti dal Pnrr? Come si può pensare di raddrizzare, almeno in parte, questa situazione critica? A domande così impegnative arriva una risposta dal mondo della consulenza: la Arthur D.Little ha messo giù un piano per il trasporto pubblico locale che ha due obiettivi centrali, attrarre capitali privati e assicurare «un deciso impulso» alla qualità del servizio. L’intenzione è di presentare il progetto al governo e alla politica perché qualora venisse preso in considerazione richiederebbe cambiamenti normativi e coinvolgerebbe le competenze di ben tre ministri (Matteo Salvini, Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin).
Privati cercansi

Spiega Francesco Marsella, managing partner di Arthur D.Little Italia: «I limiti strutturali del trasporto locale stanno nell’eccessiva frammentazione degli operatori, nella bassa marginalità nonché in una governance complessa e frenata dalla burocrazia. Sono attivi 900 operatori di piccole dimensioni fortemente condizionati nella capacità di investimento e sono evidenti le difficoltà nella necessaria sostituzione del parco mezzi esistente con una nuova generazione di veicoli elettrici».

L’Italia è agli ultimi posti in Europa per anzianità della flotta (14 anni) e per penetrazione dell’elettrico (ancora limitata a frazioni di punto rispetto al diesel), ma entro il 2030 nel mondo le immatricolazioni di bus verdi arriverà a una quota superiore ai due terzi, per arrivare al 100% al 2050.

«In Europa questa crescente domanda sarà in parte finanziata dalle risorse dell’Eu Recovery Plan». Guai, però, a sprecarle. E proprio per questo motivo è necessario affiancare alle sovvenzioni pubbliche (in Italia già al 55% contro il 30% della media europea) capitali privati: ma per poterli reperire serve un cambio di marcia e presentare al mercato un soggetto nuovo di zecca. Oggi, infatti, gli operatori locali hanno un rating BBB come media di settore secondo Standard Poor’s.
Acquirente unico e gestori

Marsella chiama il nuovo soggetto convenzionalmente “assetco”, in sostanza una società-veicolo metà pubblica (Cdp? Invitalia?) e metà privata (il mondo dell’elettrificazione potrebbe essere interessato) che guiderebbe l’intero processo per realizzare economie di scala negli acquisti dei bus elettrici e migliorare il rating creditizio. Oggi cinesi e polacchi hanno la meglio nelle gare italiane spuntando prezzi tra i 700 e gli 800 mila euro per ciascun bus contando anche sulla mancata pianificazione dei volumi. Creando una società-veicolo che acquistasse 1.700 mezzi l’anno per 10 anni i prezzi potrebbero scendere anche a quota 500 mila con evidente risparmio. Una volta acquistati centralmente, i bus verrebbero dati in uso ai singoli operatori in leasing operativo.

«Gli studi e le esperienze virtuose di altri Paesi dimostrano che la separazione delle responsabilità di acquisto e gestione dell’asset da quelle di erogazione del servizio all’utente finale è una buona soluzione. E nel caso italiano servirebbe a rafforzare l’intero eco-sistema del trasporto pubblico».

Il progetto Arthur D.Little non toccherebbe minimamente la struttura azionaria delle singole società erogatrici (le Atm e le Atac), non prevede sacrifici occupazionali mentre ad avvantaggiarsi del rinnovo centralizzato del parco mezzi sarebbe (anche) la filiera nazionale di manifattura dei bus, batterie, idrogeno e sistemi di bordo.
Idee pilota

«Bisogna far presto. Gli operatori del trasporto pubblico locale, al netto di poche realtà virtuose, sono spinti a scelte opportunistiche di breve periodo che mal si conciliano con gli imperativi di modernizzazione e di sostenibilità. Aumentando così il rischio di non sfruttare le opportunità offerte dai fondi pubblici oggi a disposizione del settore», chiosa Marsella.

Queste risorse da trasferire ai Comuni fino al 2026 si basano quasi esclusivamente sui fondi del Pnrr ma, come già detto, sono ampiamente insufficienti per raggiungere il target del 95% di conversione green della flotta entro l’anno 2033. Mancano almeno altri 6 miliardi considerati i costi di acquisto dei bus, le infrastrutture di ricarica e un incremento del 20% della flotta (a causa dei fermi per i cicli di ricarica).

Quante possibilità ha il progetto di essere preso in considerazione? «Siamo ottimisti — risponde Marsella —. Abbiamo davanti un percorso molto articolato perché il contesto italiano è caratterizzato da una notevole complessità industriale e politica con numerosi stakeholder ed equilibri consolidati nel tempo». È necessario quindi definire un modello di partecipazione che coinvolga governo, enti locali, operatori industriali e finanziari. «E validare lo schema operativo e di offerta su un numero ristretto di municipalità pilota rilevanti, che fungano da caso di successo prima e poi da traino per lo sviluppo della proposta a livello nazionale».

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23 gen 2024

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Un «piano di soccorso» da 6 miliardi per il trasporto pubblico locale

12 0
24.01.2024

l trasporto pubblico locale italiano è in un cul de sac. Gli autobus sono vecchi e solo in poche città elettrici, troppi operatori locali ed eccessiva burocrazia. Ma non solo: il contratto di lavoro non si rinnova, gli scioperi del venerdì sono endemici, prosperano i sindacati autonomi ed è persino difficile assumere autoferrotramvieri in una città internazionale come Milano.

Che fare, allora, per evitare — ad esempio — di spendere male i soldi (2,4 miliardi) previsti dal Pnrr? Come si può pensare di raddrizzare, almeno in parte, questa situazione critica? A domande così impegnative arriva una risposta dal mondo della consulenza: la Arthur D.Little ha messo giù un piano per il trasporto pubblico locale che ha due obiettivi centrali, attrarre capitali privati e assicurare «un deciso impulso» alla qualità del servizio. L’intenzione è di presentare il progetto al governo e alla politica perché qualora venisse preso in considerazione richiederebbe cambiamenti normativi e coinvolgerebbe le competenze di ben tre ministri (Matteo Salvini, Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin).
Privati cercansi

Spiega Francesco Marsella, managing partner di Arthur D.Little Italia: «I limiti strutturali del trasporto locale stanno nell’eccessiva frammentazione degli operatori, nella bassa marginalità nonché in una governance complessa e frenata dalla burocrazia. Sono attivi 900 operatori di piccole dimensioni fortemente condizionati nella capacità di investimento e sono evidenti le difficoltà nella necessaria sostituzione del parco mezzi esistente con una nuova generazione di veicoli elettrici».

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