Christine Lagarde dice che è «prematuro» parlare di tagli dei tassi della Banca centrale europea perché, come presidente, è presa fra due campi di forze. L’economia dell’area euro, vicina alla recessione, suggerisce un rapido taglio. Eppure molti nella Bce pensano alla propria credibilità: non vogliono agire, prima di essere certi che l’inflazione non rischi di risalire e costringerli a nuovi rialzi. Applicano in questo la logica uguale e contraria a quella che li spinse ad alzare i tassi un’ultima volta in settembre scorso: non per necessità ma per la «fiducia», in cerca di un’assicurazione supplementare di poter portare l’inflazione al 2% richiesto entro il 2025. Oggi l’attesa della Bce prima di tagliare i tassi, probabilmente non prima di giugno, si spiega con la stessa logica assicurativa: facile da criticare da fuori; ma immediata da assorbire quando si ha l’ufficio ai piani alti della torre di Francoforte, con le relative responsabilità. «Dobbiamo essere più avanti nel processo di disinflazione, prima di poter avere sufficiente fiducia che l’inflazione raggiunga l’obiettivo (del 2%, ndr) per tempo e in modo sostenibile», ha detto ieri Lagarde.

di Redazione Economia

Una lettura del quadro diversa da quella di Giancarlo Giorgetti

La presidente della Bce, nella sua conferenza stampa dopo il Consiglio direttivo di ieri, ha presentato una lettura del quadro deliberatamente diversa da quella di Giancarlo Giorgetti. Sabato sul Corriere, il ministro dell’Economia aveva criticato la Bce in modo esplicito: «Se si pensa di arrivare al più presto al 2% alzando i tassi — aveva detto Giorgetti — allora l’obiettivo è farlo attraverso una recessione. Sta accadendo. Sempre che funzioni, sennò saremo in stagflazione». Lagarde ha dato una lettura meno fosca: «I dati dei Pmi (fiducia dei manager, ndr) si stanno stabilizzando — ha detto — e tutto è in regola per vedere una ripresa» nel 2024. Lagarde ha citato la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, in un momento in cui l’economia americana aveva subito due trimestri di calo del prodotto lordo: «Non è una recessione — aveva detto Yellen — non con questi alti livelli di occupazione».

La relazione con il mercato del lavoro

Per la Bce molto dipende ora dal mercato del lavoro. La disoccupazione al 6,4% nella zona euro e al 7,5% in Italia a novembre è ai minimi da oltre dodici anni per il Paese e, per l’area, da quando c’è la moneta unica. In questi dati risiede gran parte della speranza della Bce di evitare una recessione, malgrado le difficoltà della Germania. In questi dati però si nascondono anche i rischi e le difficoltà più grandi per Lagarde. Per frenare le attese del mercato, che vedeva un taglio dei tassi già a marzo, la Bce mette in chiaro da mesi di voler vedere i nuovi contratti collettivi dei prossimi mesi prima di tagliare i tassi: in modo da evitare spirali fra salari e prezzi. Ieri Lagarde ha confermato che un quadro completo da Eurostat non sarà disponibile prima di fine aprile, dunque giugno diventa la prima occasione per iniziare a limare il costo del denaro. Ma Lagarde ha anche detto che nell’immediato la dinamica dei prezzi «calerà più in fretta del previsto» e i problemi nel Mar Rosso per ora non dovrebbero creare troppi contraccolpi. Di certo l’Ifo, l’indice di fiducia delle imprese in Germania, sta continuando a scendere sempre di più. Intanto l’economia americana, spinta anche dalla spesa pubblica in deficit, ha chiuso il quarto trimestre del 2023 con una crescita del 3,3% (in proiezione annuale).

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25 gen 2024

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Bce, i tassi restano fermi Lagarde: l’inflazione cala ma è presto per un taglio

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26.01.2024

Christine Lagarde dice che è «prematuro» parlare di tagli dei tassi della Banca centrale europea perché, come presidente, è presa fra due campi di forze. L’economia dell’area euro, vicina alla recessione, suggerisce un rapido taglio. Eppure molti nella Bce pensano alla propria credibilità: non vogliono agire, prima di essere certi che l’inflazione non rischi di risalire e costringerli a nuovi rialzi. Applicano in questo la logica uguale e contraria a quella che li spinse ad alzare i tassi un’ultima volta in settembre scorso: non per necessità ma per la «fiducia», in cerca di un’assicurazione supplementare di poter portare l’inflazione al 2% richiesto entro il 2025. Oggi l’attesa della Bce prima di tagliare i tassi, probabilmente non prima di giugno, si spiega con la stessa logica assicurativa: facile da criticare da fuori; ma immediata da assorbire quando si ha l’ufficio ai piani alti della torre di Francoforte, con le relative responsabilità. «Dobbiamo essere più avanti nel processo di disinflazione, prima di poter avere sufficiente fiducia che l’inflazione raggiunga l’obiettivo (del 2%, ndr) per tempo e in modo sostenibile», ha detto ieri Lagarde.

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