«I numeri per un’azienda come la nostra sono importanti, ma sono funzionali alla visione che vogliamo portare avanti. All’impatto che vogliamo avere sulle comunità, sui territori. Penso che se un analista dovesse guardarci a fondo farebbe fatica a capire tutto questo. I nostri valori. La Rana del futuro? Capace di raddoppiare ogni cinque anni». Gian Luca Rana, amministratore delegato del gruppo Rana, fondato 62 anni fa a San Giovanni Lupatoto dal padre Giovanni, è a Chicago, dove il gruppo ha due dei suoi stabilimenti. «Prevediamo di crescere ancora negli Stati Uniti, con un terzo impianto. Ma il cuore e le radici sono in Italia, è centrale per noi. A San Giovanni Lupatoto, dove papà ha cominciato, c’è il nostro Centro di ricerche mondiale e più di metà degli investimenti che faremo sono indirizzati all’Italia. È anche un modo per restituire quello che abbiamo ricevuto dal nostro Paese, la trama del nostro Dna».

Sono tempi che tutti definiscono incerti, invece voi continuate a investire…

«Siamo ossessionati dalla qualità, dalla curiosità e dalla tecnologia. In questi dieci anni abbiamo investito 700 milioni e altri 300 sono previsti dal piano. Perché aver paura? Stiamo acquistando nuove macchine. Qualcuno si sorprende ma il nostro Paese ha molte opportunità, con questi investimenti verranno rimodernati gli impianti di Moretta (Cuneo), Gaggiano (Milano) e naturalmente San Giovanni Lupatoto (Verona). Costruire un’impresa più grande per dare più opportunità a più persone, questa è la nostra filosofia. E l’accordo con il Ministero delle imprese e del made in Italy lo viviamo più di un’onorificenza…».

Un accordo da 78 milioni, che prevede risorse pubbliche per 10 milioni…

«Quando ci sono stati concessi siamo rimasti sorpresi. E’ stata una sorpresa, forse proprio perché rappresenta la considerazione di quello che siamo. Lo ripeto: un’impresa non guarda solo ai parametri e agli indicatori di mercato, sono elementi funzionali alla visione che ha. Al progetto di crescita. Siamo orgogliosi di essere stati riconosciuti, vuol dire che il Paese sta puntando su un’impresa resiliente, familiare e combattiva. Siamo presenti in 67 Paesi, dove portiamo il made in Italy. Che non è solo cibo, ma condivisione».

Leggi anche su Made in Italy

Merlino (Citi): Tecnologia e Design i punti di forza del made in Italy «Ecco i mercati sui quali investire

La battaglia del sale: uno status per tutelare il Made in Italy dalla concorrenza «esotica»

Pastifico Rana riporta in Italia la produzione di piatti pronti del Belgio

Monini, il Frantoio del poggiolo è il migliore al mondo secondo il World’s Best Olive Oil

Luxottica e la settimana corta, Milleri applica l’idea di Del Vecchio: «Chi è felice lavora meglio»

La Vespa vale un miliardo: è icona di moda e lifestyle, globale e inclusiva

Cia, «il Piano nazionale per l’Agricoltura in cinque mosse»

Licei del Made in Italy, ci saranno anche gli Its e le discipline Stem

Pomì e De Rica più forti a Tokyo e Oslo: Casalasco rileva De Martino

Made in Italy, l’abbigliamento di Cruna pronto a diventare B Corp (e sbarcare a Milano)

E’ vero che i numeri non sono tutto, ma aiutano a capire…

«Ne dico uno: in sei anni il nostro fatturato è più che raddoppiato da 600 milioni a 1,3 miliardi. Nello stesso periodo è raddoppiato il numero dei dipendenti, siamo diventati tremila. Qualche tempo fa mi avevano proposto di comprare un’azienda negli Usa, con il piano di licenziare 450 persone. Me l’hanno riproposto poco tempo fa. Ho detto di nuovo no, non è questo il nostro modo di fare impresa. Un’azienda familiare, fondata da mio padre con valori legati alla cura delle persone, al loro coinvolgimento. Il nostro non è un piano annuale ma generazionale. I 300 milioni di nuovi investimenti rappresentano questo. A Moretta abbiamo messo le migliori tecnologie dei piatti pronti e dei sughi, ad esempio».

Dalla prima intuizione imprenditoriale di suo padre, Giovanni, il mercato continua a cambiare….

«Eravamo riconosciuti per la pasta fresca ripiena. Ora rappresenta meno della metà del fatturato. Il segreto è guardare sempre fuori dalla finestra e andare in aree dove all’inizio sembra impossibile, negli Stati Uniti metà della nostra attività è nei piatti pronti. Crediamo molto nello spot che abbiamo realizzato “Il buono che va oltre”. La Rana del futuro è un gruppo che può raddoppiare ogni cinque anni. Stiamo crescendo al ritmo del 20 per cento all’anno, ma non è solo una questione di Kpi, ma di cosa la prossima generazione potrà costruire. Stiamo facendo entrare molti giovani, costruendo una squadra».

Raccontano di telefonate tra lei e suo figlio Giovanni all’alba…

«Stamattina ci siamo sentiti alle 4.30, prima di andare nello stabilimento. E’ difficile descrivere questo con i numeri. E’ fare in modo che le persone si sentano parte di un progetto. Giovanni guida un team che ha libertà di azione, di idee, manda avanti i suoi progetti. L’impresa è fatta di elementi finanziari e immateriali, la nostra è una visione di sostenibilità sociale. E’ un metabolismo che fa traguardare la fatica, che ci fa investire quando altri pensano di fermarsi. Ci credo molto. E questo è l’elemento vitale delle imprese familiari».

Per la verità le imprese familiari spesso vengono accusate di non essere abbastanza aperte al mercato…

«Diciamo invece che sono portatrici di valori che il mercato finanziario non sempre è in grado di cogliere. Noi siamo ossessionati dalla qualità, guardo i numeri solo dopo aver assaggiato un prodotto. Anche la tecnologia deve essere al servizio della qualità, non un artificio. Realizzare una sfoglia sottile come un foglio di carta, che si prepara in 20 secondi è il risultato di tutto questo. Vedere chef stellati che restano stupiti di questo nostro lavoro conta più dei numeri. Il rispetto della tradizione si può realizzare attraverso la tecnologia. Il punto è partire da materie prime di qualità e poi c’è un altro aspetto decisivo».

Quale?

«I primi a giudicare il risultato della nostra ricerca sono i dipendenti. La tecnologia senza il fattore umano non va molto lontano».

Iscriviti alle newsletter di L'Economia

Whatever it Takes di Federico Fubini
Le sfide per l’economia e i mercati in un mondo instabile

Europe Matters di Francesca Basso e Viviana Mazza
L’Europa, gli Stati Uniti e l’Italia che contano, con le innovazioni e le decisioni importanti, ma anche le piccole storie di rilievo

One More Thing di Massimo Sideri
Dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)

E non dimenticare le newsletter
L'Economia Opinioni e L'Economia Ore 18

Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.

11 dic 2023

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi i contributi SCRIVI

di Massimo Fracaro

di Redazione Economia

di Giuditta Marvelli

di Antonio Macaluso

di Daniela Polizzi

Le guide per approfondire i temi più discussi

di Antonio Macaluso

di Alessia Conzonato

di Valeria Sforzini

di Paolo Manazza e Luca Zuccala

di Anna Zinola

di Paola Pica

di Redazione Economia

di Redazione Economia

di Stefano Righi

di Redazione Economia

di Redazione Economia

di Redazione Economia

di Redazione Economia

di Redazione Economia

di Valeriano Musiu

QOSHE - Rana: il nostro piano da 300 milioni per accelerare la crescita, più della metà investiti in Italia - Nicola Saldutti
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Rana: il nostro piano da 300 milioni per accelerare la crescita, più della metà investiti in Italia

7 0
11.12.2023

«I numeri per un’azienda come la nostra sono importanti, ma sono funzionali alla visione che vogliamo portare avanti. All’impatto che vogliamo avere sulle comunità, sui territori. Penso che se un analista dovesse guardarci a fondo farebbe fatica a capire tutto questo. I nostri valori. La Rana del futuro? Capace di raddoppiare ogni cinque anni». Gian Luca Rana, amministratore delegato del gruppo Rana, fondato 62 anni fa a San Giovanni Lupatoto dal padre Giovanni, è a Chicago, dove il gruppo ha due dei suoi stabilimenti. «Prevediamo di crescere ancora negli Stati Uniti, con un terzo impianto. Ma il cuore e le radici sono in Italia, è centrale per noi. A San Giovanni Lupatoto, dove papà ha cominciato, c’è il nostro Centro di ricerche mondiale e più di metà degli investimenti che faremo sono indirizzati all’Italia. È anche un modo per restituire quello che abbiamo ricevuto dal nostro Paese, la trama del nostro Dna».

Sono tempi che tutti definiscono incerti, invece voi continuate a investire…

«Siamo ossessionati dalla qualità, dalla curiosità e dalla tecnologia. In questi dieci anni abbiamo investito 700 milioni e altri 300 sono previsti dal piano. Perché aver paura? Stiamo acquistando nuove macchine. Qualcuno si sorprende ma il nostro Paese ha molte opportunità, con questi investimenti verranno rimodernati gli impianti di Moretta (Cuneo), Gaggiano (Milano) e naturalmente San Giovanni Lupatoto (Verona). Costruire un’impresa più grande per dare più opportunità a più persone, questa è la nostra filosofia. E l’accordo con il Ministero delle imprese e del made in Italy lo viviamo più di un’onorificenza…».

Un accordo da 78 milioni, che prevede risorse pubbliche per 10 milioni…

«Quando ci sono stati concessi siamo rimasti sorpresi. E’ stata una sorpresa, forse proprio perché rappresenta la considerazione di quello che siamo. Lo ripeto: un’impresa non guarda solo ai parametri e agli indicatori di mercato, sono elementi funzionali alla visione che ha. Al progetto di crescita. Siamo orgogliosi di essere stati riconosciuti, vuol dire che il Paese sta puntando su un’impresa resiliente, familiare e combattiva. Siamo presenti in 67 Paesi, dove portiamo il made in Italy. Che non è solo cibo, ma condivisione».

Leggi........

© Corriere della Sera


Get it on Google Play