Se un esponente dell'estrema destra e ministro del governo di Netanyahu si sente di mettere tra le opzioni in gioco nel conflitto contro Hamas anche l'uso della bomba atomica, al massimo riceve una sospensione temporanea. Se 11 ministri e 15 parlamentari della maggioranza partecipano a un evento (persino criticato da “re Bibi”) dove si parla di “incoraggiare l'emigrazione volontaria" dei palestinesi da Gaza (l'indecente piano "open the door"), e insediare di nuovo i coloni israeliani nella Striscia, invece non aspettatevi nessun provvedimento disciplinare da parte della Knesset. Ma se un deputato della lista araba Hadas-Ta'al esprime pubblicamente il sostegno alla decisione della Corte penale internazionale dell'Aja, firmando persino una petizione a favore dell'accusa di genocidio, allora le cose cambiano: viene accostato ad Hamas e si discute sull'espulsione.

A finire sotto "processo" dei colleghi è l'onorevole Ofer Cassif, ebreo dichiaratamente marxista, fieramente pacifista e profondamente critico sulle politiche nazionalpopuliste di Israele. Che scrive su X, come riportato dal The Times of Israel: "Il mio dovere costituzionale è nei confronti della società israeliana e tutti i suoi cittadini, non certo verso un governo i cui membri e la sua coalizione chiedono la pulizia etnica e persino il genocidio vero e proprio. Sono loro che danneggiano il paese e la gente, sono loro che hanno causato l'istanza del Sudafrica all'Aja, non io e i miei amici". "Quando il governo agisce contro la società, lo stato e i suoi cittadini, specialmente quando li sacrifica e commette crimini in loro nome sull'altare del mantenimento della sua esistenza, è mio diritto e persino mio dovere mettere in guardia. E fare tutto il possibile nel rispetto della legge per fermarlo".

Il caso politico è montato in seguito al provvedimento del partito di destra, fuori dal governo, Yisrael Beytenu di presentare una mozione di sfiducia a Cassif, che ha raccolto 85 firme di parlamentari (la legge ne prevede almeno 70 su 120), innescando così l'iter della procedura di impeachment. Il dibattito è proseguito in Commissione con il risultato di uno schiacciante voto (14 a 2) a favore della sua decadenza dalla Knesset. Per finalizzare la revoca del mandato, in ottemperanza alla normativa vigente, occorre, tuttavia, il sì del plenum di 90 parlamentari. Parecchi. Necessari anche quelli di una fetta della variegata ed eterogenea opposizione. Fermo restando che "l'imputato” ha il diritto di impugnare l'esito della consultazione e appellarsi alla Corte Suprema (quella che Netanyahu, con la tanto discussa riforma, vorrebbe depotenziare e controllare).

Sagit Afek, consulente legale del parlamento, ha tenuto a sottolineare che Cassif può essere messo sotto accusa solo per azioni commesse durante l'attuale mandato, e non per fatti pregressi. Aggiungendo che per essere "processato" ci devono essere prove "evidenti" che abbia propagandato tesi razziste o sostenuto attivamente la lotta armata contro Israele. Come ad esempio accadde per le dimissioni dell'ex parlamentare Basel Ghattas, esponente dell’altro partito arabo israeliano Balad, reo di aver fornito telefoni cellulari e schede sim a palestinesi colpevoli di terrorismo. Cassif era salito alle cronache nel maggio del 2022, quando partecipando a una manifestazione contro lo sgombero di palestinesi nei pressi di Masafer Yatta, a sud di Hebron, ebbe un violento alterco con la polizia israeliana, che vietava l'accesso della sua vettura nell'area. Vicenda per la quale il 17 gennaio 2024 è stato incriminato dal procuratore generale Gali Baharav-Miara, con l'accusa di aggressione aggravata.

In passato la Knesset non ha mai incriminato un proprio parlamentare. A prescindere dall'essere d'accordo o meno con l'ideologia di Cassif il punto cruciale della questione è il vaso di Pandora che aprirebbe la sua estromissione, che tuttavia riteniamo assai improbabile. Ma in un contesto di guerra e paura nulla è scontato. La scelta di inibire un esponente dell'opposizione che dissente dalla maggioranza assomiglia tanto a una foglia di fico. Indossata da una destra chiassosa e irresponsabile. Che cerca in ogni modo di portare avanti una pericolosa deriva del sistema democratico.

Rivela l'organizzazione, vicina ai coloni nazionalreligiosi, che si definisce Movimento per la sovranità di Giudea e Samaria: il 74% degli elettori di destra è contrario alla soluzione dei due stati, il 76% è favorevole al trasferimento da Gaza dei palestinesi e circa il 90% è per il ritorno nella Striscia (evacuata da Ariel Sharon nel 2005). A questo punto il rifiuto o l'accettazione di un accordo con Hamas sul rilascio degli ostaggi del 7 ottobre provocherebbe forti ripercussioni sulla stabilità del governo di emergenza. Finché Netanyahu tratterà con i suoi altezzosi alleati, in modo paritario, ambivalente e subdolo, Israele è nelle mani di un pessimo governante e di una cattiva coalizione.

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Se un esponente dell'estrema destra e ministro del governo di Netanyahu si sente di mettere tra le opzioni in gioco nel conflitto contro Hamas anche l'uso della bomba atomica, al massimo riceve una sospensione temporanea. Se 11 ministri e 15 parlamentari della maggioranza partecipano a un evento (persino criticato da “re Bibi”) dove si parla di “incoraggiare l'emigrazione volontaria" dei palestinesi da Gaza (l'indecente piano "open the door"), e insediare di nuovo i coloni israeliani nella Striscia, invece non aspettatevi nessun provvedimento disciplinare da parte della Knesset. Ma se un deputato della lista araba Hadas-Ta'al esprime pubblicamente il sostegno alla decisione della Corte penale internazionale dell'Aja, firmando persino una petizione a favore dell'accusa di genocidio, allora le cose cambiano: viene accostato ad Hamas e si discute sull'espulsione.

A finire sotto "processo" dei colleghi è l'onorevole Ofer Cassif, ebreo dichiaratamente marxista, fieramente pacifista e profondamente critico sulle politiche nazionalpopuliste di Israele. Che scrive su X, come riportato dal The Times of Israel: "Il mio dovere costituzionale è nei confronti della società israeliana e tutti i suoi cittadini, non certo verso un governo i cui membri e la sua coalizione chiedono la pulizia etnica e persino il genocidio vero e proprio. Sono loro che danneggiano il paese e la gente, sono loro che hanno causato l'istanza del Sudafrica all'Aja, non io e i miei amici". "Quando il governo agisce contro la società, lo stato e i suoi cittadini, specialmente quando li sacrifica e commette crimini in loro nome sull'altare del mantenimento della sua esistenza, è mio diritto e persino mio dovere mettere in guardia. E fare tutto il possibile nel rispetto della legge per fermarlo".

Il caso politico è montato in seguito al provvedimento del partito di destra, fuori dal governo, Yisrael Beytenu di presentare una mozione di sfiducia a Cassif, che ha raccolto 85 firme di parlamentari (la legge ne prevede almeno 70 su 120), innescando così l'iter della procedura di impeachment. Il dibattito è proseguito in Commissione con il risultato di uno schiacciante voto (14 a 2) a favore della sua decadenza dalla Knesset. Per finalizzare la revoca del mandato, in ottemperanza alla normativa vigente, occorre, tuttavia, il sì del plenum di 90 parlamentari. Parecchi. Necessari anche quelli di una fetta della variegata ed eterogenea opposizione. Fermo restando che "l'imputato” ha il diritto di impugnare l'esito della consultazione e appellarsi alla Corte Suprema (quella che Netanyahu, con la tanto discussa riforma, vorrebbe depotenziare e controllare).

Sagit Afek, consulente legale del parlamento, ha tenuto a sottolineare che Cassif può essere messo sotto accusa solo per azioni commesse durante l'attuale mandato, e non per fatti pregressi. Aggiungendo che per essere "processato" ci devono essere prove "evidenti" che abbia propagandato tesi razziste o sostenuto attivamente la lotta armata contro Israele. Come ad esempio accadde per le dimissioni dell'ex parlamentare Basel Ghattas, esponente dell’altro partito arabo israeliano Balad, reo di aver fornito telefoni cellulari e schede sim a palestinesi colpevoli di terrorismo. Cassif era salito alle cronache nel maggio del 2022, quando partecipando a una manifestazione contro lo sgombero di palestinesi nei pressi di Masafer Yatta, a sud di Hebron, ebbe un violento alterco con la polizia israeliana, che vietava l'accesso della sua vettura nell'area. Vicenda per la quale il 17 gennaio 2024 è stato incriminato dal procuratore generale Gali Baharav-Miara, con l'accusa di aggressione aggravata.

In passato la Knesset non ha mai incriminato un proprio parlamentare. A prescindere dall'essere d'accordo o meno con l'ideologia di Cassif il punto cruciale della questione è il vaso di Pandora che aprirebbe la sua estromissione, che tuttavia riteniamo assai improbabile. Ma in un contesto di guerra e paura nulla è scontato. La scelta di inibire un esponente dell'opposizione che dissente dalla maggioranza assomiglia tanto a una foglia di fico. Indossata da una destra chiassosa e irresponsabile. Che cerca in ogni modo di portare avanti una pericolosa deriva del sistema democratico.

Rivela l'organizzazione, vicina ai coloni nazionalreligiosi, che si definisce Movimento per la sovranità di Giudea e Samaria: il 74% degli elettori di destra è contrario alla soluzione dei due stati, il 76% è favorevole al trasferimento da Gaza dei palestinesi e circa il 90% è per il ritorno nella Striscia (evacuata da Ariel Sharon nel 2005). A questo punto il rifiuto o l'accettazione di un accordo con Hamas sul rilascio degli ostaggi del 7 ottobre provocherebbe forti ripercussioni sulla stabilità del governo di emergenza. Finché Netanyahu tratterà con i suoi altezzosi alleati, in modo paritario, ambivalente e subdolo, Israele è nelle mani di un pessimo governante e di una cattiva coalizione.

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La destra israeliana conta più della democrazia. Il caso Ofer Cassif

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31.01.2024

Se un esponente dell'estrema destra e ministro del governo di Netanyahu si sente di mettere tra le opzioni in gioco nel conflitto contro Hamas anche l'uso della bomba atomica, al massimo riceve una sospensione temporanea. Se 11 ministri e 15 parlamentari della maggioranza partecipano a un evento (persino criticato da “re Bibi”) dove si parla di “incoraggiare l'emigrazione volontaria" dei palestinesi da Gaza (l'indecente piano "open the door"), e insediare di nuovo i coloni israeliani nella Striscia, invece non aspettatevi nessun provvedimento disciplinare da parte della Knesset. Ma se un deputato della lista araba Hadas-Ta'al esprime pubblicamente il sostegno alla decisione della Corte penale internazionale dell'Aja, firmando persino una petizione a favore dell'accusa di genocidio, allora le cose cambiano: viene accostato ad Hamas e si discute sull'espulsione.

A finire sotto "processo" dei colleghi è l'onorevole Ofer Cassif, ebreo dichiaratamente marxista, fieramente pacifista e profondamente critico sulle politiche nazionalpopuliste di Israele. Che scrive su X, come riportato dal The Times of Israel: "Il mio dovere costituzionale è nei confronti della società israeliana e tutti i suoi cittadini, non certo verso un governo i cui membri e la sua coalizione chiedono la pulizia etnica e persino il genocidio vero e proprio. Sono loro che danneggiano il paese e la gente, sono loro che hanno causato l'istanza del Sudafrica all'Aja, non io e i miei amici". "Quando il governo agisce contro la società, lo stato e i suoi cittadini, specialmente quando li sacrifica e commette crimini in loro nome sull'altare del mantenimento della sua esistenza, è mio diritto e persino mio dovere mettere in guardia. E fare tutto il possibile nel rispetto della legge per fermarlo".

Il caso politico è montato in seguito al provvedimento del partito di destra, fuori dal governo, Yisrael Beytenu di presentare una mozione di sfiducia a Cassif, che ha raccolto 85 firme di parlamentari (la legge ne prevede almeno 70 su 120), innescando così l'iter della procedura di impeachment. Il dibattito è proseguito in Commissione con il risultato di uno schiacciante voto (14 a 2) a favore della sua decadenza dalla Knesset. Per finalizzare la revoca del mandato, in ottemperanza alla normativa vigente, occorre, tuttavia, il sì del plenum di 90 parlamentari. Parecchi. Necessari anche quelli di una fetta della variegata ed eterogenea opposizione. Fermo restando che "l'imputato” ha il diritto di impugnare l'esito della consultazione e........

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