Negli ultimi 10 anni prosegue in Italia l’andamento decrescente degli inquinanti. Pur con qualche sforamento in alcune zone del Paese è stabile il particolato, scende il biossido di azoto, sono presenti picchi di ozono in estate. È questo in sintesi il quadro che emerge dal Rapporto “La qualità dell’aria in Italia nel 2023” curato dai tecnici del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (SNPA), con il coordinamento tecnico dell’ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente. La qualità dell’aria in Italia viene monitorata grazie ad una rete di oltre 600 stazioni di misura sparse su tutto il territorio nazionale. I dati sulla concentrazione di inquinanti tengono conto sia delle medie annuali – significative perché descrivono dal punto di vista della salute la “cronicità” dell’inquinamento dell’aria in un’area – sia degli sforamenti dei limiti giornalieri e orari, più legati ai picchi di concentrazione.

Il 2023 è stato l’anno migliore (dal 2007 sono disponibili dati completi di PM10 e PM2,5) sia in termini di superamenti della soglia giornaliera del PM10 sia nei valori medi annuali. L’andamento dei valori del particolato è fortemente legato alle condizioni meteorologiche, che hanno influenzato in positivo i risultati del 2023, mentre la riduzione delle emissioni incide soprattutto nel medio e lungo periodo. In alcune delle aree del paese solitamente più critiche preoccupa l’aumento dei periodi di stagnazione atmosferica invernale (inversione termica a bassa quota, alta pressione livellata, assenza di precipitazioni, vento molto debole o assente). Situazione che si è verificata con particolare rilevanza nei primi mesi del 2024. In prospettiva, i monitoraggi dovranno quindi tener conto anche degli effetti delle estremizzazioni atmosferiche causate dal cambiamento climatico.

Nel 2023 anche il valore limite annuale del biossido di azoto è rispettato nella larga maggioranza delle stazioni di monitoraggio (98%). Segnando una riduzione del 19% rispetto al decennio 2013-2022, sebbene sia da registrare il superamento in un numero limitato di stazioni, localizzate in grandi aree urbane in prossimità di importanti arterie stradali: Torino, Milano, Bergamo, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo.

La situazione diventa più complessa quando il rapporto passa ad analizzare l’ozono, con livelli di concentrazione che in larga parte del Paese non rispettano gli obiettivi previsti dalla legge: nel 2023 solo il 14% delle stazioni è risultato nei limiti, con particolari picchi in estate dovuti al caldo estremo e all’assenza di precipitazioni.

In Italia, come nel resto d’Europa, in Nord America, Asia e Australia, è stato registrato negli ultimi 30 anni un disaccoppiamento tra la crescita economica e le emissioni dei principali inquinanti, dovuto alle azioni messe in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico. L’adozione di misure volte al miglioramento dei processi di combustione e di tecnologie di abbattimento dei fumi nella produzione energetica e nell’industria, il passaggio dall’olio e carbone al gas naturale, come combustibile principale, così come la diminuzione dell’uso di combustibili fossili per la produzione di energia, hanno contribuito alla riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particolato e composti organici volatili.

Le politiche per la riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici si collocano in un contesto normativo molto ampio e fortemente interconnesso con le politiche per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Il 2022 così come il 2023 è stato caratterizzato in Italia dal ritorno ai livelli di mobilità delle persone e delle merci precedenti alla pandemia del 2020-2021 e da una piena ripresa delle attività economiche. Tuttavia il conflitto russo-ucraino e l’escalation di quello in Medioriente, hanno determinato profondi mutamenti del quadro geo-politico, economico e sociale mondiale, europeo e nazionale, che hanno causato, oltre a drammatiche conseguenze umanitarie, anche un’importante riduzione del volume del commercio mondiale e un forte aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell'energia.

Il quadro sostanzialmente positivo dei dati relativi al 2023 conferma un trend in generale miglioramento, che deve stimolare a proseguire nelle azioni di risanamento. Anche alla luce degli obiettivi a cui tendere nel lungo termine per la nuova direttiva dell’Unione Europea sulla qualità dell’aria, in via di definizione. Per affrontare l’inquinamento atmosferico, ad oggi l’Ue dispone di due vetuste direttive, risalenti al 2004 e al 2008, che verranno adesso superate con nuovi obiettivi a partire dal 2030. L’accordo provvisorio dovrà ora essere formalmente adottato da Parlamento e Consiglio europei, per poi approdare in Gazzetta ufficiale. A quel punto gli Stati membri dell’Ue – Italia compresa – avranno due anni per applicare le regole introdotte. La direttiva si pone di allineare gli standard di qualità dell’aria dell’Ue alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ad esempio più che dimezzando il valore limite annuale per l’inquinante principale (il particolato fine PM2.5). Recenti studi dell’OMS, hanno evidenziato che gli effetti sulla salute non dipendono solo dalle concentrazioni di polveri sottili ma anche dalla loro composizione. Il nostro Sistema Nazionale di Protezione Ambientale sarà chiamato a rafforzare le proprie capacità analitiche per monitorare la composizione chimica del particolato atmosferico.

I dati incoraggianti emersi dal Rapporto devono essere un monito per spingere i governi ad accelerare la transizione sempre di più verso un futuro di energia rinnovabile.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

Negli ultimi 10 anni prosegue in Italia l’andamento decrescente degli inquinanti. Pur con qualche sforamento in alcune zone del Paese è stabile il particolato, scende il biossido di azoto, sono presenti picchi di ozono in estate. È questo in sintesi il quadro che emerge dal Rapporto “La qualità dell’aria in Italia nel 2023” curato dai tecnici del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (SNPA), con il coordinamento tecnico dell’ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente. La qualità dell’aria in Italia viene monitorata grazie ad una rete di oltre 600 stazioni di misura sparse su tutto il territorio nazionale. I dati sulla concentrazione di inquinanti tengono conto sia delle medie annuali – significative perché descrivono dal punto di vista della salute la “cronicità” dell’inquinamento dell’aria in un’area – sia degli sforamenti dei limiti giornalieri e orari, più legati ai picchi di concentrazione.

Il 2023 è stato l’anno migliore (dal 2007 sono disponibili dati completi di PM10 e PM2,5) sia in termini di superamenti della soglia giornaliera del PM10 sia nei valori medi annuali. L’andamento dei valori del particolato è fortemente legato alle condizioni meteorologiche, che hanno influenzato in positivo i risultati del 2023, mentre la riduzione delle emissioni incide soprattutto nel medio e lungo periodo. In alcune delle aree del paese solitamente più critiche preoccupa l’aumento dei periodi di stagnazione atmosferica invernale (inversione termica a bassa quota, alta pressione livellata, assenza di precipitazioni, vento molto debole o assente). Situazione che si è verificata con particolare rilevanza nei primi mesi del 2024. In prospettiva, i monitoraggi dovranno quindi tener conto anche degli effetti delle estremizzazioni atmosferiche causate dal cambiamento climatico.

Nel 2023 anche il valore limite annuale del biossido di azoto è rispettato nella larga maggioranza delle stazioni di monitoraggio (98%). Segnando una riduzione del 19% rispetto al decennio 2013-2022, sebbene sia da registrare il superamento in un numero limitato di stazioni, localizzate in grandi aree urbane in prossimità di importanti arterie stradali: Torino, Milano, Bergamo, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo.

La situazione diventa più complessa quando il rapporto passa ad analizzare l’ozono, con livelli di concentrazione che in larga parte del Paese non rispettano gli obiettivi previsti dalla legge: nel 2023 solo il 14% delle stazioni è risultato nei limiti, con particolari picchi in estate dovuti al caldo estremo e all’assenza di precipitazioni.

In Italia, come nel resto d’Europa, in Nord America, Asia e Australia, è stato registrato negli ultimi 30 anni un disaccoppiamento tra la crescita economica e le emissioni dei principali inquinanti, dovuto alle azioni messe in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico. L’adozione di misure volte al miglioramento dei processi di combustione e di tecnologie di abbattimento dei fumi nella produzione energetica e nell’industria, il passaggio dall’olio e carbone al gas naturale, come combustibile principale, così come la diminuzione dell’uso di combustibili fossili per la produzione di energia, hanno contribuito alla riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particolato e composti organici volatili.

Le politiche per la riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici si collocano in un contesto normativo molto ampio e fortemente interconnesso con le politiche per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Il 2022 così come il 2023 è stato caratterizzato in Italia dal ritorno ai livelli di mobilità delle persone e delle merci precedenti alla pandemia del 2020-2021 e da una piena ripresa delle attività economiche. Tuttavia il conflitto russo-ucraino e l’escalation di quello in Medioriente, hanno determinato profondi mutamenti del quadro geo-politico, economico e sociale mondiale, europeo e nazionale, che hanno causato, oltre a drammatiche conseguenze umanitarie, anche un’importante riduzione del volume del commercio mondiale e un forte aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell'energia.

Il quadro sostanzialmente positivo dei dati relativi al 2023 conferma un trend in generale miglioramento, che deve stimolare a proseguire nelle azioni di risanamento. Anche alla luce degli obiettivi a cui tendere nel lungo termine per la nuova direttiva dell’Unione Europea sulla qualità dell’aria, in via di definizione. Per affrontare l’inquinamento atmosferico, ad oggi l’Ue dispone di due vetuste direttive, risalenti al 2004 e al 2008, che verranno adesso superate con nuovi obiettivi a partire dal 2030. L’accordo provvisorio dovrà ora essere formalmente adottato da Parlamento e Consiglio europei, per poi approdare in Gazzetta ufficiale. A quel punto gli Stati membri dell’Ue – Italia compresa – avranno due anni per applicare le regole introdotte. La direttiva si pone di allineare gli standard di qualità dell’aria dell’Ue alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ad esempio più che dimezzando il valore limite annuale per l’inquinante principale (il particolato fine PM2.5). Recenti studi dell’OMS, hanno evidenziato che gli effetti sulla salute non dipendono solo dalle concentrazioni di polveri sottili ma anche dalla loro composizione. Il nostro Sistema Nazionale di Protezione Ambientale sarà chiamato a rafforzare le proprie capacità analitiche per monitorare la composizione chimica del particolato atmosferico.

I dati incoraggianti emersi dal Rapporto devono essere un monito per spingere i governi ad accelerare la transizione sempre di più verso un futuro di energia rinnovabile.

QOSHE - Rapporto Snpa-Ispra, migliora la qualità dell’aria in Italia - Alfredo De Girolamo
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Rapporto Snpa-Ispra, migliora la qualità dell’aria in Italia

10 0
15.03.2024

Negli ultimi 10 anni prosegue in Italia l’andamento decrescente degli inquinanti. Pur con qualche sforamento in alcune zone del Paese è stabile il particolato, scende il biossido di azoto, sono presenti picchi di ozono in estate. È questo in sintesi il quadro che emerge dal Rapporto “La qualità dell’aria in Italia nel 2023” curato dai tecnici del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (SNPA), con il coordinamento tecnico dell’ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente. La qualità dell’aria in Italia viene monitorata grazie ad una rete di oltre 600 stazioni di misura sparse su tutto il territorio nazionale. I dati sulla concentrazione di inquinanti tengono conto sia delle medie annuali – significative perché descrivono dal punto di vista della salute la “cronicità” dell’inquinamento dell’aria in un’area – sia degli sforamenti dei limiti giornalieri e orari, più legati ai picchi di concentrazione.

Il 2023 è stato l’anno migliore (dal 2007 sono disponibili dati completi di PM10 e PM2,5) sia in termini di superamenti della soglia giornaliera del PM10 sia nei valori medi annuali. L’andamento dei valori del particolato è fortemente legato alle condizioni meteorologiche, che hanno influenzato in positivo i risultati del 2023, mentre la riduzione delle emissioni incide soprattutto nel medio e lungo periodo. In alcune delle aree del paese solitamente più critiche preoccupa l’aumento dei periodi di stagnazione atmosferica invernale (inversione termica a bassa quota, alta pressione livellata, assenza di precipitazioni, vento molto debole o assente). Situazione che si è verificata con particolare rilevanza nei primi mesi del 2024. In prospettiva, i monitoraggi dovranno quindi tener conto anche degli effetti delle estremizzazioni atmosferiche causate dal cambiamento climatico.

Nel 2023 anche il valore limite annuale del biossido di azoto è rispettato nella larga maggioranza delle stazioni di monitoraggio (98%). Segnando una riduzione del 19% rispetto al decennio 2013-2022, sebbene sia da registrare il superamento in un numero limitato di stazioni, localizzate in grandi aree urbane in prossimità di importanti arterie stradali: Torino, Milano, Bergamo, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo.

La situazione diventa più complessa quando il rapporto passa ad analizzare l’ozono, con livelli di concentrazione che in larga parte del Paese non rispettano gli obiettivi previsti dalla legge: nel 2023 solo il 14% delle stazioni è risultato nei limiti, con particolari picchi in estate dovuti al caldo estremo e all’assenza di precipitazioni.

In Italia, come nel resto d’Europa, in Nord America, Asia e Australia, è stato registrato negli ultimi 30 anni un disaccoppiamento tra la crescita economica e le emissioni dei principali inquinanti, dovuto alle azioni messe in campo per ridurre........

© HuffPost


Get it on Google Play