L'Ispra - l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nel suo ultimo rapporto rifiuti urbani (2023) ci dice che l'anno scorso, la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a circa 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% (544 mila tonnellate) rispetto al 2021. A fronte degli incrementi rilevati per gli indicatori socioeconomici i dati sui rifiuti urbani risultano invece in calo.

Nel complesso l’andamento altalenante della produzione dei rifiuti può essere correlato a diversi fattori, anche combinati tra loro, tra cui la crisi internazionale del 2022. In termini generali questo ultimo dato sembra riflettere la tendenza di calo riscontrata nel lungo periodo.

Sul piano geografico invece la produzione di rifiuti urbani diminuisce in tutte le macroaree: il Nord fa registrare il calo percentuale più consistente (-2,2%), seguono il Centro e il Sud (-1,5% per entrambe). In valore assoluto, il Nord Italia produce oltre 13,8 milioni di tonnellate, il Centro 6,2 milioni di tonnellate e il Sud quasi 9 milioni di tonnellate.

Nel 2022 la produzione pro capite si attesta a 494 chilogrammi per abitante, facendo registrare una variazione percentuale negativa dell’1,6%, rispetto al 2021. Ad eccezione della Valle d’Aosta, la cui produzione è in lieve aumento, tutte le regioni italiane hanno fatto rilevare una diminuzione dei rifiuti prodotti. Tra le regioni settentrionali, le maggiori contrazioni si osservano per il Trentino-Alto Adige (-3,7%), al Centro nelle Marche (-2,7%) e al Sud in Molise (-3,2%).

Su scala regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2021, dalla regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (75,9%), al terzo posto troviamo il Trentino-Alto Adige (74,7%). Nel totale le regioni con un tasso di raccolta al di sopra della media nazionale (65,2%) e in linea con la normativa vigente sono 11. Supera per la prima volta la soglia del 50% la regione Sicilia (51,5%).

Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia (38,3% del totale), seguita dalla carta e cartone con il 19,3% del totale, dal vetro (12,3%) e dalla plastica (9%).

Uno dei flussi più monitorati dall’Europa è quello degli imballaggi e rifiuti di imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio fissati al 2025 e al 2030. Tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica che comunque è prossima all’obiettivo (48,9% a fronte di un obiettivo del 50%).

I rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero di materia rappresentano più del 50% del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata: circa il 23% è destinato agli impianti che recuperano la frazione organica da RD (umido + verde) e circa il 29% agli impianti di recupero delle altre frazioni merceologiche. Il 18% viene smaltito in discarica e la stessa percentuale è avviata a incenerimento. Mentre l’export continua a crescere principalmente verso Austria, Portogallo, Spagna, Ungheria e Paesi Bassi.

Rimane un’ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio, anche se nell’ultimo anno in modo meno evidente. A riprova del fatto che la raccolta, pur costituendo uno step di primaria importanza, per garantire l’ottenimento di flussi omogenei, non può rappresentare il solo elemento del ciclo. Infatti, per raggiungere elevati livelli di riciclo è necessario garantire che i quantitativi raccolti si caratterizzino anche per un’elevata qualità. E accompagnato da un adeguato sistema impiantistico di gestione. Ma proprio gli impianti di gestione rappresentano una potenziale incognita vista la loro contrazione, a fronte dei 654 operativi nel 2022, nel 2021 erano 657 mentre, 673 nel 2020. La mancata realizzazione di impianti è dovuta alle sempre più numerose sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato elettorale) che frenano l'industria.

Dalla valutazione di Ispra emerge che la strada per un miglioramento passa inevitabilmente per un nuovo Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. In base all’ultimo pacchetto normativo sull’economia circolare recepito in Italia da direttive Ue, inoltre, lo smaltimento in discarica nei prossimi 15 anni dovrà essere dimezzato (10% entro il 2035), e la percentuale di rifiuti da avviare ad operazioni di recupero di materia dovrà essere notevolmente incrementata per garantire il raggiungimento del 60% di riciclaggio al 2030 e del 65% al 2035.

Alcuni studi internazionali propongono l'introduzione di una strategia globale che includa una migliore selezione dei materiali, in quantità e qualità, un maggiore riciclaggio e una riduzione alla fonte. Al contempo secondo tale approccio dovrebbero crescere gli impianti di gestione rifiuti e gli sbocchi di mercato per prodotti riciclati. Tale visione si stima ridurrebbe le emissioni di gas serra del settore dei rifiuti dell'84% a livello globale. Inoltre, i benefici provenienti dalla riduzione degli sprechi andrebbero ad incidere notevolmente su biodiversità e sistema alimentare. Un aiuto in tal senso arriva dal Pnrr che ha messo a disposizione 2,1 miliardi di euro, destinandoli a due linee di investimento, per le attività di gestione dei rifiuti e per progetti innovativi di economia circolare. Opere, che in un disegno sistemico dovrebbero colmare il fabbisogno attuale e pertanto costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

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L'Ispra - l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nel suo ultimo rapporto rifiuti urbani (2023) ci dice che l'anno scorso, la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a circa 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% (544 mila tonnellate) rispetto al 2021. A fronte degli incrementi rilevati per gli indicatori socioeconomici i dati sui rifiuti urbani risultano invece in calo.

Nel complesso l’andamento altalenante della produzione dei rifiuti può essere correlato a diversi fattori, anche combinati tra loro, tra cui la crisi internazionale del 2022. In termini generali questo ultimo dato sembra riflettere la tendenza di calo riscontrata nel lungo periodo.

Sul piano geografico invece la produzione di rifiuti urbani diminuisce in tutte le macroaree: il Nord fa registrare il calo percentuale più consistente (-2,2%), seguono il Centro e il Sud (-1,5% per entrambe). In valore assoluto, il Nord Italia produce oltre 13,8 milioni di tonnellate, il Centro 6,2 milioni di tonnellate e il Sud quasi 9 milioni di tonnellate.

Nel 2022 la produzione pro capite si attesta a 494 chilogrammi per abitante, facendo registrare una variazione percentuale negativa dell’1,6%, rispetto al 2021. Ad eccezione della Valle d’Aosta, la cui produzione è in lieve aumento, tutte le regioni italiane hanno fatto rilevare una diminuzione dei rifiuti prodotti. Tra le regioni settentrionali, le maggiori contrazioni si osservano per il Trentino-Alto Adige (-3,7%), al Centro nelle Marche (-2,7%) e al Sud in Molise (-3,2%).

Su scala regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2021, dalla regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (75,9%), al terzo posto troviamo il Trentino-Alto Adige (74,7%). Nel totale le regioni con un tasso di raccolta al di sopra della media nazionale (65,2%) e in linea con la normativa vigente sono 11. Supera per la prima volta la soglia del 50% la regione Sicilia (51,5%).

Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia (38,3% del totale), seguita dalla carta e cartone con il 19,3% del totale, dal vetro (12,3%) e dalla plastica (9%).

Uno dei flussi più monitorati dall’Europa è quello degli imballaggi e rifiuti di imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio fissati al 2025 e al 2030. Tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica che comunque è prossima all’obiettivo (48,9% a fronte di un obiettivo del 50%).

I rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero di materia rappresentano più del 50% del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata: circa il 23% è destinato agli impianti che recuperano la frazione organica da RD (umido + verde) e circa il 29% agli impianti di recupero delle altre frazioni merceologiche. Il 18% viene smaltito in discarica e la stessa percentuale è avviata a incenerimento. Mentre l’export continua a crescere principalmente verso Austria, Portogallo, Spagna, Ungheria e Paesi Bassi.

Rimane un’ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio, anche se nell’ultimo anno in modo meno evidente. A riprova del fatto che la raccolta, pur costituendo uno step di primaria importanza, per garantire l’ottenimento di flussi omogenei, non può rappresentare il solo elemento del ciclo. Infatti, per raggiungere elevati livelli di riciclo è necessario garantire che i quantitativi raccolti si caratterizzino anche per un’elevata qualità. E accompagnato da un adeguato sistema impiantistico di gestione. Ma proprio gli impianti di gestione rappresentano una potenziale incognita vista la loro contrazione, a fronte dei 654 operativi nel 2022, nel 2021 erano 657 mentre, 673 nel 2020. La mancata realizzazione di impianti è dovuta alle sempre più numerose sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato elettorale) che frenano l'industria.

Dalla valutazione di Ispra emerge che la strada per un miglioramento passa inevitabilmente per un nuovo Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. In base all’ultimo pacchetto normativo sull’economia circolare recepito in Italia da direttive Ue, inoltre, lo smaltimento in discarica nei prossimi 15 anni dovrà essere dimezzato (10% entro il 2035), e la percentuale di rifiuti da avviare ad operazioni di recupero di materia dovrà essere notevolmente incrementata per garantire il raggiungimento del 60% di riciclaggio al 2030 e del 65% al 2035.

Alcuni studi internazionali propongono l'introduzione di una strategia globale che includa una migliore selezione dei materiali, in quantità e qualità, un maggiore riciclaggio e una riduzione alla fonte. Al contempo secondo tale approccio dovrebbero crescere gli impianti di gestione rifiuti e gli sbocchi di mercato per prodotti riciclati. Tale visione si stima ridurrebbe le emissioni di gas serra del settore dei rifiuti dell'84% a livello globale. Inoltre, i benefici provenienti dalla riduzione degli sprechi andrebbero ad incidere notevolmente su biodiversità e sistema alimentare. Un aiuto in tal senso arriva dal Pnrr che ha messo a disposizione 2,1 miliardi di euro, destinandoli a due linee di investimento, per le attività di gestione dei rifiuti e per progetti innovativi di economia circolare. Opere, che in un disegno sistemico dovrebbero colmare il fabbisogno attuale e pertanto costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

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Si ricicla il 50% dei rifiuti, ma resta ampia la differenza rispetto alla raccolta

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21.12.2023

L'Ispra - l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nel suo ultimo rapporto rifiuti urbani (2023) ci dice che l'anno scorso, la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a circa 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% (544 mila tonnellate) rispetto al 2021. A fronte degli incrementi rilevati per gli indicatori socioeconomici i dati sui rifiuti urbani risultano invece in calo.

Nel complesso l’andamento altalenante della produzione dei rifiuti può essere correlato a diversi fattori, anche combinati tra loro, tra cui la crisi internazionale del 2022. In termini generali questo ultimo dato sembra riflettere la tendenza di calo riscontrata nel lungo periodo.

Sul piano geografico invece la produzione di rifiuti urbani diminuisce in tutte le macroaree: il Nord fa registrare il calo percentuale più consistente (-2,2%), seguono il Centro e il Sud (-1,5% per entrambe). In valore assoluto, il Nord Italia produce oltre 13,8 milioni di tonnellate, il Centro 6,2 milioni di tonnellate e il Sud quasi 9 milioni di tonnellate.

Nel 2022 la produzione pro capite si attesta a 494 chilogrammi per abitante, facendo registrare una variazione percentuale negativa dell’1,6%, rispetto al 2021. Ad eccezione della Valle d’Aosta, la cui produzione è in lieve aumento, tutte le regioni italiane hanno fatto rilevare una diminuzione dei rifiuti prodotti. Tra le regioni settentrionali, le maggiori contrazioni si osservano per il Trentino-Alto Adige (-3,7%), al Centro nelle Marche (-2,7%) e al Sud in Molise (-3,2%).

Su scala regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2021, dalla regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (75,9%), al terzo posto troviamo il Trentino-Alto Adige (74,7%). Nel totale le regioni con un tasso di raccolta al di sopra della media nazionale (65,2%) e in linea con la normativa vigente sono 11. Supera per la prima volta la soglia del 50% la regione Sicilia (51,5%).

Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia (38,3% del totale), seguita dalla carta e cartone con il 19,3% del totale, dal vetro (12,3%) e dalla plastica (9%).

Uno dei flussi più monitorati dall’Europa è quello degli imballaggi e rifiuti di imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio fissati al 2025 e al 2030. Tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica che comunque è prossima all’obiettivo (48,9% a fronte di un obiettivo del 50%).

I rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero di materia rappresentano più del 50% del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata: circa il 23% è destinato agli impianti che recuperano........

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