C'è una storia volutamente dimenticata che ha inizio un secolo fa nella Palestina mandataria. Il dominio britannico aveva da poco sostituito gli ottomani e bandito, nel 1921, il partito comunista palestinese (PCP). Nel corso degli anni venti la linea socialista di David Ben-Gurion andò imponendosi come egemonica nel potente sindacato Histadrut. La rimozione sistematica dei comunisti dalle posizioni di leadership nella rappresentanza dei lavoratori, anche in quella che era la parte marxista più politicizzata, i lavoratori delle ferrovie, non segnò la fine del movimento, ma se vogliamo determinò il suo carattere marginale nella società. Tuttavia, una rete di rapporti personali, sociali e affinità ideologiche si sviluppò tra alcuni ferrovieri arabi ed ebrei, nel nome della lotta di classe e della dittatura del proletariato, esprimendo il desiderio di un'azione comune. L'alto grado di consapevolezza politica, l'aggiunta dell'indottrinamento e la disciplina di partito, influenzò le relazioni tra compagni, “evitando di essere risucchiati nel vortice dell'odio intercomunitario”, che stava per inghiottire la Palestina, per gli anni a venire.

A partire dall'estate del 1929 il conflitto tra sionismo e movimento nazionale arabo palestinese si accentuò d'intensità. Nel 1936, nonostante i ripetuti sforzi delle due componenti dei ferrovieri di realizzare un'unica organizzazione sindacale, divenne chiaro che la solidarietà tra operai arabi ed ebrei aveva imboccato la strada di organizzazioni indipendenti ed etnicamente non miste: “Per tre anni ferrovieri arabi ed ebrei si trovarono su fronti opposti nel sanguinoso conflitto che ora travolgeva la Palestina. Questa situazione non solo rese estremamente difficile la cooperazione, ma portò anche a gravi tensioni tra lavoratori ebrei e arabi, nonché a sporadici episodi di violenza. La rivolta [araba] ebbe un impatto importante sui luoghi e sulle forme di interazione tra ferrovieri arabi ed ebrei al di fuori del posto di lavoro. Ad esempio, ha comportato un notevole aumento della segregazione residenziale e sociale in città miste come Haifa, poiché gli ebrei si spostarono dai quartieri prevalentemente arabi a quelli ebraici più sicuri. Gli arabi e gli ebrei divennero meno propensi a frequentare mercati, caffè, cinema, cliniche e altri luoghi situati in quello che era percepito come territorio ostile e pericoloso. Di conseguenza, i ferrovieri arabi ed ebrei divennero inclini a limitare i contatti nel tempo libero. Ciononostante, la situazione della sicurezza non precluse completamente il mantenimento di stretti legami personali tra ferrovieri ebrei e arabi. La loro lunga esperienza di scambio e persino d'intesa, così come le amicizie sviluppate sul lavoro, permisero ad alcuni di evitare di soccombere all'odio e all'allontanamento tra arabi ed ebrei che divenne molto più diffuso in questo periodo”, (Zachary Lockman, Comrades and Enemies, University of California Press, 1996).

Sulla teoria comunista del tempo, e del luogo, pesarono sia la subordinazione all'Unione sovietica (con la piena adesione al Comintern, prima nella forma della visione di Lenin e poi allo stalinismo) che le continue divisioni interne al movimento. Fatale l'errore di lettura dell'evoluzione storica in atto. Da un lato i quadri del partito non furono in grado di capire quanto il legame della classe operaia ebraica dello yishuv (letteralmente insediamento, nello specifico, delle comunità ebraiche pre fondazione dello stato di Israele in Palestina) fosse imprenscindibile dall'ideale sionista. Dall'altro che il nazionalismo arabo in chiave sia anti imperialista che sionista fosse altrettanto radicato. Contestualmente la sinistra “unionista” si poneva quindi come deficitaria e perdente difronte tanto alla via di Ben-Gurion quanto all'esercizio di potere dei notabili arabi di stampo conservatore, che controllavano la maggioranza contadina (Joel Benin, A century after its founding, the Israeli Communist Party is at a crossroads, +972 Magazine, luglio 2023). C'è comunque un aspetto “umano” del pensiero comunitario di allora da rimarcare, ed è quello di aver rappresentato un piccolo esempio alternativo di pace, fratellanza e uguaglianza: “Durante i disordini ci furono numerosi casi di ferrovieri arabi che salvarono spesso gli ebrei da situazioni difficili. Sono stato personalmente uno di quelli aiutato due volte dagli arabi, trovandomi ad un passo dall'essere ucciso”. Testimonianza del ferroviere, e a lungo delegato dell'International Union Railway, Postal and Telegraph Workers, Efrayyim Schvartzman raccolta dagli archivi dallo storico Zachary Lockman.

I circa cento anni trascorsi non sono serviti a dare sicurezza alla regione. Fondamentalismo, terrorismo, effetti dell'occupazione e guerre sono rigurgitati costantemente nella fragilità del contesto. Dove Israele deve lo sviluppo economico oltre alla minoranza araba interna (20% della popolazione) anche alla forza lavoro palestinese, giornalmente impiegata. Grazie a questo contributo di manodopera (sia da Gaza che dalla Cisgiordania) sono stati raggiunti importanti successi nella mobilità sociale verso l'alto da parte del ceto medio israeliano. L'instaurazione di uno schema di comodo, con i lavoratori palestinesi propensi, per tornaconto salariale, ad accettare la domanda del mercato israeliano, rappresenta comunque una strutturata matrice di reciprocità e interazione.

L'esperienza progressista dei ferrovieri di Haifa è stato indubbiamente un episodio più unico che raro, una pagina di storia che necessita di essere inquadrata in un processo di riconciliazione, in risposta al nazionalismo settario e alle appendici violente. Ai giorni nostri, giorni difficili, uno studio dell'Israel Democracy Institute ha rilevato come nel quadro generale sostanzialmente i rapporti tra la comunità ebraica e quella araba non sono assolutamente tesi, e il conflitto in corso non ha prodotto o accelerato la polarizzazione su campi opposti (come già accaduto in passato). Alla domanda: “Come definirebbe le relazioni tra cittadini ebrei e arabi di Israele oggi?”, il dato interessante è stato il calo della percentuale di intervistati ebrei che affermano che le relazioni non sono negative. Si delinea un leggero aumento della percentuale di coloro che affermano che sono buone. Tra gli intervistati arabi il quadro è invertito: la percentuale di coloro che definiscono stabili le relazioni tra ebrei e arabi è diminuita, mentre è aumentata quella di coloro che le giudicano pessime. In entrambi i casi la maggioranza degli intervistati mantiene una opinione positiva dei legami. Altra faccenda quella sull'umore con i palestinesi dei Territori, di cui tuttavia non abbiamo statistiche. Ma probabilmente confermerebbero che tra i due popoli una prospettiva di pace.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

C'è una storia volutamente dimenticata che ha inizio un secolo fa nella Palestina mandataria. Il dominio britannico aveva da poco sostituito gli ottomani e bandito, nel 1921, il partito comunista palestinese (PCP). Nel corso degli anni venti la linea socialista di David Ben-Gurion andò imponendosi come egemonica nel potente sindacato Histadrut. La rimozione sistematica dei comunisti dalle posizioni di leadership nella rappresentanza dei lavoratori, anche in quella che era la parte marxista più politicizzata, i lavoratori delle ferrovie, non segnò la fine del movimento, ma se vogliamo determinò il suo carattere marginale nella società. Tuttavia, una rete di rapporti personali, sociali e affinità ideologiche si sviluppò tra alcuni ferrovieri arabi ed ebrei, nel nome della lotta di classe e della dittatura del proletariato, esprimendo il desiderio di un'azione comune. L'alto grado di consapevolezza politica, l'aggiunta dell'indottrinamento e la disciplina di partito, influenzò le relazioni tra compagni, “evitando di essere risucchiati nel vortice dell'odio intercomunitario”, che stava per inghiottire la Palestina, per gli anni a venire.

A partire dall'estate del 1929 il conflitto tra sionismo e movimento nazionale arabo palestinese si accentuò d'intensità. Nel 1936, nonostante i ripetuti sforzi delle due componenti dei ferrovieri di realizzare un'unica organizzazione sindacale, divenne chiaro che la solidarietà tra operai arabi ed ebrei aveva imboccato la strada di organizzazioni indipendenti ed etnicamente non miste: “Per tre anni ferrovieri arabi ed ebrei si trovarono su fronti opposti nel sanguinoso conflitto che ora travolgeva la Palestina. Questa situazione non solo rese estremamente difficile la cooperazione, ma portò anche a gravi tensioni tra lavoratori ebrei e arabi, nonché a sporadici episodi di violenza. La rivolta [araba] ebbe un impatto importante sui luoghi e sulle forme di interazione tra ferrovieri arabi ed ebrei al di fuori del posto di lavoro. Ad esempio, ha comportato un notevole aumento della segregazione residenziale e sociale in città miste come Haifa, poiché gli ebrei si spostarono dai quartieri prevalentemente arabi a quelli ebraici più sicuri. Gli arabi e gli ebrei divennero meno propensi a frequentare mercati, caffè, cinema, cliniche e altri luoghi situati in quello che era percepito come territorio ostile e pericoloso. Di conseguenza, i ferrovieri arabi ed ebrei divennero inclini a limitare i contatti nel tempo libero. Ciononostante, la situazione della sicurezza non precluse completamente il mantenimento di stretti legami personali tra ferrovieri ebrei e arabi. La loro lunga esperienza di scambio e persino d'intesa, così come le amicizie sviluppate sul lavoro, permisero ad alcuni di evitare di soccombere all'odio e all'allontanamento tra arabi ed ebrei che divenne molto più diffuso in questo periodo”, (Zachary Lockman, Comrades and Enemies, University of California Press, 1996).

Sulla teoria comunista del tempo, e del luogo, pesarono sia la subordinazione all'Unione sovietica (con la piena adesione al Comintern, prima nella forma della visione di Lenin e poi allo stalinismo) che le continue divisioni interne al movimento. Fatale l'errore di lettura dell'evoluzione storica in atto. Da un lato i quadri del partito non furono in grado di capire quanto il legame della classe operaia ebraica dello yishuv (letteralmente insediamento, nello specifico, delle comunità ebraiche pre fondazione dello stato di Israele in Palestina) fosse imprenscindibile dall'ideale sionista. Dall'altro che il nazionalismo arabo in chiave sia anti imperialista che sionista fosse altrettanto radicato. Contestualmente la sinistra “unionista” si poneva quindi come deficitaria e perdente difronte tanto alla via di Ben-Gurion quanto all'esercizio di potere dei notabili arabi di stampo conservatore, che controllavano la maggioranza contadina (Joel Benin, A century after its founding, the Israeli Communist Party is at a crossroads, +972 Magazine, luglio 2023). C'è comunque un aspetto “umano” del pensiero comunitario di allora da rimarcare, ed è quello di aver rappresentato un piccolo esempio alternativo di pace, fratellanza e uguaglianza: “Durante i disordini ci furono numerosi casi di ferrovieri arabi che salvarono spesso gli ebrei da situazioni difficili. Sono stato personalmente uno di quelli aiutato due volte dagli arabi, trovandomi ad un passo dall'essere ucciso”. Testimonianza del ferroviere, e a lungo delegato dell'International Union Railway, Postal and Telegraph Workers, Efrayyim Schvartzman raccolta dagli archivi dallo storico Zachary Lockman.

I circa cento anni trascorsi non sono serviti a dare sicurezza alla regione. Fondamentalismo, terrorismo, effetti dell'occupazione e guerre sono rigurgitati costantemente nella fragilità del contesto. Dove Israele deve lo sviluppo economico oltre alla minoranza araba interna (20% della popolazione) anche alla forza lavoro palestinese, giornalmente impiegata. Grazie a questo contributo di manodopera (sia da Gaza che dalla Cisgiordania) sono stati raggiunti importanti successi nella mobilità sociale verso l'alto da parte del ceto medio israeliano. L'instaurazione di uno schema di comodo, con i lavoratori palestinesi propensi, per tornaconto salariale, ad accettare la domanda del mercato israeliano, rappresenta comunque una strutturata matrice di reciprocità e interazione.

L'esperienza progressista dei ferrovieri di Haifa è stato indubbiamente un episodio più unico che raro, una pagina di storia che necessita di essere inquadrata in un processo di riconciliazione, in risposta al nazionalismo settario e alle appendici violente. Ai giorni nostri, giorni difficili, uno studio dell'Israel Democracy Institute ha rilevato come nel quadro generale sostanzialmente i rapporti tra la comunità ebraica e quella araba non sono assolutamente tesi, e il conflitto in corso non ha prodotto o accelerato la polarizzazione su campi opposti (come già accaduto in passato). Alla domanda: “Come definirebbe le relazioni tra cittadini ebrei e arabi di Israele oggi?”, il dato interessante è stato il calo della percentuale di intervistati ebrei che affermano che le relazioni non sono negative. Si delinea un leggero aumento della percentuale di coloro che affermano che sono buone. Tra gli intervistati arabi il quadro è invertito: la percentuale di coloro che definiscono stabili le relazioni tra ebrei e arabi è diminuita, mentre è aumentata quella di coloro che le giudicano pessime. In entrambi i casi la maggioranza degli intervistati mantiene una opinione positiva dei legami. Altra faccenda quella sull'umore con i palestinesi dei Territori, di cui tuttavia non abbiamo statistiche. Ma probabilmente confermerebbero che tra i due popoli una prospettiva di pace.

QOSHE - Una storia di convivenza tra arabi ed ebrei, volutamente dimenticata - Alfredo De Girolamo
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Una storia di convivenza tra arabi ed ebrei, volutamente dimenticata

12 0
09.11.2023

C'è una storia volutamente dimenticata che ha inizio un secolo fa nella Palestina mandataria. Il dominio britannico aveva da poco sostituito gli ottomani e bandito, nel 1921, il partito comunista palestinese (PCP). Nel corso degli anni venti la linea socialista di David Ben-Gurion andò imponendosi come egemonica nel potente sindacato Histadrut. La rimozione sistematica dei comunisti dalle posizioni di leadership nella rappresentanza dei lavoratori, anche in quella che era la parte marxista più politicizzata, i lavoratori delle ferrovie, non segnò la fine del movimento, ma se vogliamo determinò il suo carattere marginale nella società. Tuttavia, una rete di rapporti personali, sociali e affinità ideologiche si sviluppò tra alcuni ferrovieri arabi ed ebrei, nel nome della lotta di classe e della dittatura del proletariato, esprimendo il desiderio di un'azione comune. L'alto grado di consapevolezza politica, l'aggiunta dell'indottrinamento e la disciplina di partito, influenzò le relazioni tra compagni, “evitando di essere risucchiati nel vortice dell'odio intercomunitario”, che stava per inghiottire la Palestina, per gli anni a venire.

A partire dall'estate del 1929 il conflitto tra sionismo e movimento nazionale arabo palestinese si accentuò d'intensità. Nel 1936, nonostante i ripetuti sforzi delle due componenti dei ferrovieri di realizzare un'unica organizzazione sindacale, divenne chiaro che la solidarietà tra operai arabi ed ebrei aveva imboccato la strada di organizzazioni indipendenti ed etnicamente non miste: “Per tre anni ferrovieri arabi ed ebrei si trovarono su fronti opposti nel sanguinoso conflitto che ora travolgeva la Palestina. Questa situazione non solo rese estremamente difficile la cooperazione, ma portò anche a gravi tensioni tra lavoratori ebrei e arabi, nonché a sporadici episodi di violenza. La rivolta [araba] ebbe un impatto importante sui luoghi e sulle forme di interazione tra ferrovieri arabi ed ebrei al di fuori del posto di lavoro. Ad esempio, ha comportato un notevole aumento della segregazione residenziale e sociale in città miste come Haifa, poiché gli ebrei si spostarono dai quartieri prevalentemente arabi a quelli ebraici più sicuri. Gli arabi e gli ebrei divennero meno propensi a frequentare mercati, caffè, cinema, cliniche e altri luoghi situati in quello che era percepito come territorio ostile e pericoloso. Di conseguenza, i ferrovieri arabi ed ebrei divennero inclini a limitare i contatti nel tempo libero. Ciononostante, la situazione della sicurezza non precluse completamente il mantenimento di stretti legami personali tra ferrovieri ebrei e arabi. La loro lunga esperienza di scambio e persino d'intesa, così come le amicizie sviluppate sul lavoro, permisero ad alcuni di evitare di soccombere all'odio e all'allontanamento tra arabi ed ebrei che divenne molto più diffuso in questo periodo”, (Zachary Lockman, Comrades and Enemies, University of California Press, 1996).

Sulla teoria comunista del tempo, e del luogo, pesarono sia la subordinazione all'Unione sovietica (con la piena adesione al Comintern, prima nella forma della visione di Lenin e poi allo stalinismo) che le continue divisioni interne al movimento. Fatale l'errore di lettura dell'evoluzione storica in atto. Da un lato i quadri del partito non furono in grado di capire quanto il legame della classe operaia ebraica dello yishuv (letteralmente insediamento, nello specifico, delle comunità........

© HuffPost


Get it on Google Play