Cosa hanno in comune la notizia degli studenti musulmani che in Francia hanno contestato l'esposizione di un quadro barocco raffigurante Diana e Atteone, e l'audizione del Congresso americano delle rettrici di alcune importanti Università americane accusate di aver tollerato vari casi di antisemitismo?

Nel primo caso, il motivo del contendere erano i tanti nudi femminili, tipici dell’arte classica e occidentale: nudi che offenderebbero il senso del pudore musulmano. Nel secondo caso, le più prestigiose l'Università americane avrebbero tollerato le dichiarazioni, ma anche le azioni, di tanti attivisti pro Palestina e della sinistra radicale presso i loro atenei, che avrebbero giustificato Hamas e compiuto atti di antisemitismo od ostili agli ebrei, come risposta allo sproporzionato, a loro dire, uso della forza di Israele nella Striscia di Gaza. Durante l’audizione parlamentare, le rettrici avrebbero assolto le frange radicali, cosa che ha fatto scoppiare un vespaio di polemiche che ha portato alle dimissioni della presidente della University of Pennsylvania, Liz Magill, mentre si è salvata da una sorte analoga la sua collega di Harvard, Claudine Gay. Quest’ultima, probabilmente, si è salvata perché donna e black - cosa che in America ha portato ad un cortocircuito: quale minoranza sacrificare fra donne, neri, ebrei e musulmani, trattandosi di identità che dovrebbero sempre trionfare sul “privilegio bianco”? -. La presidente si è giustificata invocando la libertà d’espressione, che nel caso di specie avrebbe protetto dichiarazioni apertamente antisemite, che avrebbero portato anche ad azioni configurabili come reati. Analogamente, la libertà d’espressione del pudore degli studenti musulmani francesi come si bilancerebbe con quella degli altri studenti di voler discutere liberamente di arte e nudità nella società occidentale? E come interpretare il dato che ogni riflessione pubblica, in Francia ma non solo, circa la compatibilità dell’Islam con i nostri valori di libertà, porti ad accuse o ad azioni legali “contro l’islamofobia”?

Questione particolarmente spinosa, se ricordiamo il caso del professor Samuel Party, ucciso in Francia da un terrorista, sobillato proprio da alcuni studenti musulmani, offesi da una lezione del professore sul caso di Charlie Hebdo. Libertà di satira anche verso Maometto o rispetto delle identità al punto di sacrificare la nostra concezione di libertà?

Non so se Samuel Huntington avesse ragione quando parlasse di “scontro di civiltà” fra l’Occidente e l’Islam. Sicuramente aveva ragione quando sosteneva che la “troppa” democrazia minaccia la stessa democrazia. Valutazione non dissimile a quella di un iperlibetario come Popper, quando ragionava dei nemici della “società aperta”.

La libertà di espressione, infatti, attorno la quale si è costruito l’Occidente, viene utilizzata in Occidente proprio dai nemici dei nostri valori, che la brandiscono come un’arma. È il caso di alcuni gruppi islamici, certo, ma anche delle frange liberal e woke, che articolano ragionamenti sempre più astrusi, apologetici della violenza politica, salvo impedire il dibattito su quelle questioni afferenti l’identità delle minoranze e la “decolonizzazione degli immaginari”, rispetto alle quali non si accettano deviazioni dal politicamente corretto.

Basta andare a compulsarr il Fire disinvitation database, una banca dati specializzata che registra tutti i casi in cui una conferenza universitaria è stata cancellata perché l’oratore è stato dichiarato “persona non grata”. Un elenco che si allunga sempre di più, a testimoniare come la libertà d’espressione sia minacciata proprio da quelli che vorrebbero discutere delle verità più scomode, care alla sinistra woke.

Un dibattito che ruota intorno agli effetti sulla democrazia intorno all’esercizio radicale delle libertà civili e l’utilizzo delle stesse da parte di minoranze agguerrite che non sempre le condividono, nella cornice di una società frantumata, dove le differenze aumentano con la migrazione, e dove sono messi in discussioni i valori condivisi.

Un rebus di non semplice soluzione.

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Cosa hanno in comune la notizia degli studenti musulmani che in Francia hanno contestato l'esposizione di un quadro barocco raffigurante Diana e Atteone, e l'audizione del Congresso americano delle rettrici di alcune importanti Università americane accusate di aver tollerato vari casi di antisemitismo?

Nel primo caso, il motivo del contendere erano i tanti nudi femminili, tipici dell’arte classica e occidentale: nudi che offenderebbero il senso del pudore musulmano. Nel secondo caso, le più prestigiose l'Università americane avrebbero tollerato le dichiarazioni, ma anche le azioni, di tanti attivisti pro Palestina e della sinistra radicale presso i loro atenei, che avrebbero giustificato Hamas e compiuto atti di antisemitismo od ostili agli ebrei, come risposta allo sproporzionato, a loro dire, uso della forza di Israele nella Striscia di Gaza. Durante l’audizione parlamentare, le rettrici avrebbero assolto le frange radicali, cosa che ha fatto scoppiare un vespaio di polemiche che ha portato alle dimissioni della presidente della University of Pennsylvania, Liz Magill, mentre si è salvata da una sorte analoga la sua collega di Harvard, Claudine Gay. Quest’ultima, probabilmente, si è salvata perché donna e black - cosa che in America ha portato ad un cortocircuito: quale minoranza sacrificare fra donne, neri, ebrei e musulmani, trattandosi di identità che dovrebbero sempre trionfare sul “privilegio bianco”? -. La presidente si è giustificata invocando la libertà d’espressione, che nel caso di specie avrebbe protetto dichiarazioni apertamente antisemite, che avrebbero portato anche ad azioni configurabili come reati. Analogamente, la libertà d’espressione del pudore degli studenti musulmani francesi come si bilancerebbe con quella degli altri studenti di voler discutere liberamente di arte e nudità nella società occidentale? E come interpretare il dato che ogni riflessione pubblica, in Francia ma non solo, circa la compatibilità dell’Islam con i nostri valori di libertà, porti ad accuse o ad azioni legali “contro l’islamofobia”?

Questione particolarmente spinosa, se ricordiamo il caso del professor Samuel Party, ucciso in Francia da un terrorista, sobillato proprio da alcuni studenti musulmani, offesi da una lezione del professore sul caso di Charlie Hebdo. Libertà di satira anche verso Maometto o rispetto delle identità al punto di sacrificare la nostra concezione di libertà?

Non so se Samuel Huntington avesse ragione quando parlasse di “scontro di civiltà” fra l’Occidente e l’Islam. Sicuramente aveva ragione quando sosteneva che la “troppa” democrazia minaccia la stessa democrazia. Valutazione non dissimile a quella di un iperlibetario come Popper, quando ragionava dei nemici della “società aperta”.

La libertà di espressione, infatti, attorno la quale si è costruito l’Occidente, viene utilizzata in Occidente proprio dai nemici dei nostri valori, che la brandiscono come un’arma. È il caso di alcuni gruppi islamici, certo, ma anche delle frange liberal e woke, che articolano ragionamenti sempre più astrusi, apologetici della violenza politica, salvo impedire il dibattito su quelle questioni afferenti l’identità delle minoranze e la “decolonizzazione degli immaginari”, rispetto alle quali non si accettano deviazioni dal politicamente corretto.

Basta andare a compulsarr il Fire disinvitation database, una banca dati specializzata che registra tutti i casi in cui una conferenza universitaria è stata cancellata perché l’oratore è stato dichiarato “persona non grata”. Un elenco che si allunga sempre di più, a testimoniare come la libertà d’espressione sia minacciata proprio da quelli che vorrebbero discutere delle verità più scomode, care alla sinistra woke.

Un dibattito che ruota intorno agli effetti sulla democrazia intorno all’esercizio radicale delle libertà civili e l’utilizzo delle stesse da parte di minoranze agguerrite che non sempre le condividono, nella cornice di una società frantumata, dove le differenze aumentano con la migrazione, e dove sono messi in discussioni i valori condivisi.

Un rebus di non semplice soluzione.

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La democrazia senza regole uccide sé stessa

8 0
15.12.2023

Cosa hanno in comune la notizia degli studenti musulmani che in Francia hanno contestato l'esposizione di un quadro barocco raffigurante Diana e Atteone, e l'audizione del Congresso americano delle rettrici di alcune importanti Università americane accusate di aver tollerato vari casi di antisemitismo?

Nel primo caso, il motivo del contendere erano i tanti nudi femminili, tipici dell’arte classica e occidentale: nudi che offenderebbero il senso del pudore musulmano. Nel secondo caso, le più prestigiose l'Università americane avrebbero tollerato le dichiarazioni, ma anche le azioni, di tanti attivisti pro Palestina e della sinistra radicale presso i loro atenei, che avrebbero giustificato Hamas e compiuto atti di antisemitismo od ostili agli ebrei, come risposta allo sproporzionato, a loro dire, uso della forza di Israele nella Striscia di Gaza. Durante l’audizione parlamentare, le rettrici avrebbero assolto le frange radicali, cosa che ha fatto scoppiare un vespaio di polemiche che ha portato alle dimissioni della presidente della University of Pennsylvania, Liz Magill, mentre si è salvata da una sorte analoga la sua collega di Harvard, Claudine Gay. Quest’ultima, probabilmente, si è salvata perché donna e black - cosa che in America ha portato ad un cortocircuito: quale minoranza sacrificare fra donne, neri, ebrei e musulmani, trattandosi di identità che dovrebbero sempre trionfare sul “privilegio bianco”? -. La presidente si è giustificata invocando la libertà d’espressione, che nel caso di specie avrebbe protetto dichiarazioni apertamente antisemite, che avrebbero portato anche ad azioni configurabili come reati. Analogamente, la libertà d’espressione del pudore degli studenti musulmani francesi come si bilancerebbe con quella degli altri studenti di voler discutere liberamente di arte e nudità nella società occidentale? E come interpretare il dato che ogni riflessione pubblica, in Francia ma non solo, circa la compatibilità dell’Islam con i nostri valori di libertà, porti ad accuse o ad azioni legali “contro l’islamofobia”?

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