C’è attesa per le proposte di revisione della Pac (Politica agricola comune) che venerdì saranno presentate dalla Commissione Europea in vista del vertice dei leader previsto il 21 marzo. Anche alla luce della mobilitazione degli agricoltori occorre dare risposte alla difficile condizione vissuta da un settore strategico. Leggeremo con attenzione le misure, sebbene già alcune siano state anticipate dalla presidente von der Leyen, dall’Agrifish di febbraio e dalla Commissione stessa.

Non nascondo una profonda preoccupazione per ciò che potrebbe essere stabilito, anche sotto l’onda d’urto di una campagna elettorale che vede già da tempo le destre -popolari e sovraniste- impegnate a picconare il Green Deal. Il rischio è quello di un passo indietro rispetto al sostenibilità ambientale e al contrasto al cambiamento climatico.

Il tentativo politico delle destre di contrapporre ambiente e agricoltura, Pianeta e cibo è tanto sbagliato quanto pericoloso. Mai come oggi è chiaro come siano gli agricoltori i primi custodi della biodiversità, dei territori e, attraverso la qualità del cibo, della nostra salute. Mai come oggi è evidente come gli agricoltori siano i più esposti agli effetti del cambiamento climatico e, al tempo stesso, in prima linea per contrastarne gli effetti. Mai come oggi è chiaro che senza la protezione della salute della Terra, non c’è futuro per l’agricoltura e per la nostra salute.

Attaccare il Green Deal e la strategia Farm to Fork, che anche le destre hanno votato in Europa, non è solo un atto di incoerenza ma anche una grande operazione di propaganda: non si può infatti ignorare quanto queste misure siano ancora lontane dal toccare ‘il terreno’.

Il vero motivo che ha spinto in piazza gli agricoltori è il costo della produzione di cibo e il progressivo impoverimento del reddito. È a questo che una politica responsabile dovrebbe dare risposta, evitando di cedere al negazionismo climatico.

Cosa significa in concreto? Vuole dire che gli agricoltori, soprattutto quelli piccoli e medi, devono tornare ‘al centro’ della filiera agroalimentare, in particolare rispetto alla grande distribuzione e all’agroindustria. E il cibo deve essere considerato un bene primario e non una merce fra le altre. Significa che la conversione verde del settore va accompagnata dall’Ue e dai governi perché abbia un “cuore rosso”, cioè sia socialmente sostenibile per gli agricoltori.

Se dobbiamo indicare una riforma necessaria della Pac -380 miliardi, un terzo del bilancio comunitario- è senz’altro quella di garantire che le risorse arrivino alle piccole-medie realtà agricole affinché siano sostenute anche nella transizione ecologica.

Il primo obiettivo deve essere quindi assicurare il giusto reddito agli agricoltori, che vanno difesi dalla concorrenza sleale con la piena attuazione della Direttiva europea e rendendo evidente all’acquirente il costo di produzione del cibo. In questo senso, un buon esempio è la legge francese “EGalim” sull’equilibrio delle relazioni commerciali agroalimentari. È necessario poi un Fondo speciale per la transizione del settore che sostenga l’innovazione tecnologico-scientifica. E, ancora, vanno ridotti gli oneri amministrativi; semplificate le procedure; modificate norme oramai anacronistiche come quelle che stabiliscono parametri minimi di frutta e verdura oramai obsoleti per un cambiamento climatico che ha impattato sulle caratteristiche dei prodotti. Anche sulla distribuzione ci sono esperienze a cui guardare, come quelle di Parigi e Vienna, in cui sono previsti spazi pubblici e piattaforme online per la vendita direttamente gestiti dagli agricoltori. E c’è poi da affrontare una “questione generazionale” che in Italia – dove si registra la più alta percentuale di agricoltori over 60 – è più acuta che in altri paesi europei: rafforzando la Banca della terra e potenziando strumenti per l’accesso al credito di giovani e donne, spesso all’avanguardia su sostenibilità produttiva (biologico e filiere corte) e multifunzionalità (fattorie didattiche, agriturismi).

Sono solo alcune delle idee che abbiamo messo a disposizione di agricoltori e ambientalisti con cui ci siamo confrontati promuovendo il 16 febbraio, come Partito Democratico, una Conferenza nazionale sul futuro dell’agricoltura. Idee su cui abbiamo registrato una positiva convergenza perché animate da un solo fine: riconoscere all’agricoltura il suo carattere primario e agli agricoltori il giusto reddito. Solo così potremmo garantire a tutti cibo sano e sostenibile, dando futuro alla Terra e proteggendo la nostra salute.

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C’è attesa per le proposte di revisione della Pac (Politica agricola comune) che venerdì saranno presentate dalla Commissione Europea in vista del vertice dei leader previsto il 21 marzo. Anche alla luce della mobilitazione degli agricoltori occorre dare risposte alla difficile condizione vissuta da un settore strategico. Leggeremo con attenzione le misure, sebbene già alcune siano state anticipate dalla presidente von der Leyen, dall’Agrifish di febbraio e dalla Commissione stessa.

Non nascondo una profonda preoccupazione per ciò che potrebbe essere stabilito, anche sotto l’onda d’urto di una campagna elettorale che vede già da tempo le destre -popolari e sovraniste- impegnate a picconare il Green Deal. Il rischio è quello di un passo indietro rispetto al sostenibilità ambientale e al contrasto al cambiamento climatico.

Il tentativo politico delle destre di contrapporre ambiente e agricoltura, Pianeta e cibo è tanto sbagliato quanto pericoloso. Mai come oggi è chiaro come siano gli agricoltori i primi custodi della biodiversità, dei territori e, attraverso la qualità del cibo, della nostra salute. Mai come oggi è evidente come gli agricoltori siano i più esposti agli effetti del cambiamento climatico e, al tempo stesso, in prima linea per contrastarne gli effetti. Mai come oggi è chiaro che senza la protezione della salute della Terra, non c’è futuro per l’agricoltura e per la nostra salute.

Attaccare il Green Deal e la strategia Farm to Fork, che anche le destre hanno votato in Europa, non è solo un atto di incoerenza ma anche una grande operazione di propaganda: non si può infatti ignorare quanto queste misure siano ancora lontane dal toccare ‘il terreno’.

Il vero motivo che ha spinto in piazza gli agricoltori è il costo della produzione di cibo e il progressivo impoverimento del reddito. È a questo che una politica responsabile dovrebbe dare risposta, evitando di cedere al negazionismo climatico.

Cosa significa in concreto? Vuole dire che gli agricoltori, soprattutto quelli piccoli e medi, devono tornare ‘al centro’ della filiera agroalimentare, in particolare rispetto alla grande distribuzione e all’agroindustria. E il cibo deve essere considerato un bene primario e non una merce fra le altre. Significa che la conversione verde del settore va accompagnata dall’Ue e dai governi perché abbia un “cuore rosso”, cioè sia socialmente sostenibile per gli agricoltori.

Se dobbiamo indicare una riforma necessaria della Pac -380 miliardi, un terzo del bilancio comunitario- è senz’altro quella di garantire che le risorse arrivino alle piccole-medie realtà agricole affinché siano sostenute anche nella transizione ecologica.

Il primo obiettivo deve essere quindi assicurare il giusto reddito agli agricoltori, che vanno difesi dalla concorrenza sleale con la piena attuazione della Direttiva europea e rendendo evidente all’acquirente il costo di produzione del cibo. In questo senso, un buon esempio è la legge francese “EGalim” sull’equilibrio delle relazioni commerciali agroalimentari. È necessario poi un Fondo speciale per la transizione del settore che sostenga l’innovazione tecnologico-scientifica. E, ancora, vanno ridotti gli oneri amministrativi; semplificate le procedure; modificate norme oramai anacronistiche come quelle che stabiliscono parametri minimi di frutta e verdura oramai obsoleti per un cambiamento climatico che ha impattato sulle caratteristiche dei prodotti. Anche sulla distribuzione ci sono esperienze a cui guardare, come quelle di Parigi e Vienna, in cui sono previsti spazi pubblici e piattaforme online per la vendita direttamente gestiti dagli agricoltori. E c’è poi da affrontare una “questione generazionale” che in Italia – dove si registra la più alta percentuale di agricoltori over 60 – è più acuta che in altri paesi europei: rafforzando la Banca della terra e potenziando strumenti per l’accesso al credito di giovani e donne, spesso all’avanguardia su sostenibilità produttiva (biologico e filiere corte) e multifunzionalità (fattorie didattiche, agriturismi).

Sono solo alcune delle idee che abbiamo messo a disposizione di agricoltori e ambientalisti con cui ci siamo confrontati promuovendo il 16 febbraio, come Partito Democratico, una Conferenza nazionale sul futuro dell’agricoltura. Idee su cui abbiamo registrato una positiva convergenza perché animate da un solo fine: riconoscere all’agricoltura il suo carattere primario e agli agricoltori il giusto reddito. Solo così potremmo garantire a tutti cibo sano e sostenibile, dando futuro alla Terra e proteggendo la nostra salute.

QOSHE - Riconoscere all’agricoltura il suo carattere primario e agli agricoltori il giusto reddito - Camilla Laureti
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Riconoscere all’agricoltura il suo carattere primario e agli agricoltori il giusto reddito

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13.03.2024

C’è attesa per le proposte di revisione della Pac (Politica agricola comune) che venerdì saranno presentate dalla Commissione Europea in vista del vertice dei leader previsto il 21 marzo. Anche alla luce della mobilitazione degli agricoltori occorre dare risposte alla difficile condizione vissuta da un settore strategico. Leggeremo con attenzione le misure, sebbene già alcune siano state anticipate dalla presidente von der Leyen, dall’Agrifish di febbraio e dalla Commissione stessa.

Non nascondo una profonda preoccupazione per ciò che potrebbe essere stabilito, anche sotto l’onda d’urto di una campagna elettorale che vede già da tempo le destre -popolari e sovraniste- impegnate a picconare il Green Deal. Il rischio è quello di un passo indietro rispetto al sostenibilità ambientale e al contrasto al cambiamento climatico.

Il tentativo politico delle destre di contrapporre ambiente e agricoltura, Pianeta e cibo è tanto sbagliato quanto pericoloso. Mai come oggi è chiaro come siano gli agricoltori i primi custodi della biodiversità, dei territori e, attraverso la qualità del cibo, della nostra salute. Mai come oggi è evidente come gli agricoltori siano i più esposti agli effetti del cambiamento climatico e, al tempo stesso, in prima linea per contrastarne gli effetti. Mai come oggi è chiaro che senza la protezione della salute della Terra, non c’è futuro per l’agricoltura e per la nostra salute.

Attaccare il Green Deal e la strategia Farm to Fork, che anche le destre hanno votato in Europa, non è solo un atto di incoerenza ma anche una grande operazione di propaganda: non si può infatti ignorare quanto queste misure siano ancora lontane dal toccare ‘il terreno’.

Il vero motivo che ha spinto in piazza gli agricoltori è il costo della produzione di cibo e il progressivo impoverimento del reddito. È a questo che una politica responsabile dovrebbe dare risposta, evitando di cedere al negazionismo climatico.

Cosa significa in concreto? Vuole dire che gli agricoltori, soprattutto quelli piccoli e medi, devono tornare ‘al centro’ della filiera agroalimentare, in particolare rispetto alla grande distribuzione e all’agroindustria. E il cibo deve essere considerato un bene primario e non una merce fra le altre. Significa che la conversione verde del settore va accompagnata dall’Ue e dai governi perché........

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