È una strage che non finisce più. E il dolore non trova parole che non siano stanche, frustrate, consumate. Dire addio a Giulia si porta dietro lo strazio delle tante altre sorelle uccise e dell’incapacità di educare gli uomini. Si piangono le morti ma ancora questo paese non mette in discussione l’educazione, il modello di relazioni, gli stereotipi di genere. E chi chiede l’educazione sessuale e affettiva viene troppo spesso irriso o tacciato di voler “deviare” i bambini e le bambine.

Sono straziata ma anche arrabbiata. Non c’è tempo per non capire, per stare fermi o strizzare l’occhio a istanze medievali. Serve un intervento della politica. Incisivo. Immediato. E non per qualche misura a effetto. Bisogna educare, educare, educare. Smantellare gli stereotipi. Sostenere le ragazze nell’esercizio della loro libertà e autonomia, accompagnarle a riconoscere ogni forma di sopraffazione fin dai primi segnali. Bisogna insegnare ai ragazzi il rispetto e la parità, lavorare sulle emozioni, imparare a riconoscerle e a gestirle. Non c’è una via diversa o più breve. Serve l’educazione all’affettivitá a tutti i livelli. Per le ragazze e i ragazzi e per maestri/e e docenti.

A Roma lo stiamo facendo con tutti gli strumenti a nostra disposizione. A partire dalla formazione del personale educativo e scolastico per i nidi e le scuole dell’infanzia, una formazione tesa a costruire ambienti educativi liberi dagli stereotipi e capaci di educare alle relazioni e alle emozioni. Capaci di insegnare alle bambine che possono aspirare a fare le astrofisiche se lo desiderano. E ai bambini che hanno tutto il diritto di piangere senza che qualcuno dica loro di “non fare la femminuccia”.

Più di 20 anni fa lo prevedeva la convenzione di Istanbul e 50 anni fa era Elena Gianini Belotti a schierarsi dalla parte delle bambine. Oggi chi prevede una sacrosanta educazione alle emozioni e relazioni e la decostruzione degli stereotipi di genere viene accusato di portare il fantomatico gender nelle scuole. Sembra incredibile eppure succede qui a Roma, nell’anno 2023 a opera delle destre e dei così detti movimenti provita.

Conforta solo in parte che il governo nazionale, sull’onda delle tragedie di cronaca, abbia annunciato un piano sull’educazione al rispetto nelle scuole che verrà presentato mercoledì. Le indiscrezioni parlano di azioni sperimentali e non obbligatorie, in orario extracurricolare e solo per studenti e studentesse delle superiori. Se così fosse si tratterebbe di un’azione troppo timida in un paese che è rimasto uno dei pochissimo a non avere una legge per l’educazione all’affettivitá come percorso curricolare obbligatorio nelle scuole.

È un primo, necessario, passo in avanti. Ma davvero non basta.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

È una strage che non finisce più. E il dolore non trova parole che non siano stanche, frustrate, consumate. Dire addio a Giulia si porta dietro lo strazio delle tante altre sorelle uccise e dell’incapacità di educare gli uomini. Si piangono le morti ma ancora questo paese non mette in discussione l’educazione, il modello di relazioni, gli stereotipi di genere. E chi chiede l’educazione sessuale e affettiva viene troppo spesso irriso o tacciato di voler “deviare” i bambini e le bambine.

Sono straziata ma anche arrabbiata. Non c’è tempo per non capire, per stare fermi o strizzare l’occhio a istanze medievali. Serve un intervento della politica. Incisivo. Immediato. E non per qualche misura a effetto. Bisogna educare, educare, educare. Smantellare gli stereotipi. Sostenere le ragazze nell’esercizio della loro libertà e autonomia, accompagnarle a riconoscere ogni forma di sopraffazione fin dai primi segnali. Bisogna insegnare ai ragazzi il rispetto e la parità, lavorare sulle emozioni, imparare a riconoscerle e a gestirle. Non c’è una via diversa o più breve. Serve l’educazione all’affettivitá a tutti i livelli. Per le ragazze e i ragazzi e per maestri/e e docenti.

A Roma lo stiamo facendo con tutti gli strumenti a nostra disposizione. A partire dalla formazione del personale educativo e scolastico per i nidi e le scuole dell’infanzia, una formazione tesa a costruire ambienti educativi liberi dagli stereotipi e capaci di educare alle relazioni e alle emozioni. Capaci di insegnare alle bambine che possono aspirare a fare le astrofisiche se lo desiderano. E ai bambini che hanno tutto il diritto di piangere senza che qualcuno dica loro di “non fare la femminuccia”.

Più di 20 anni fa lo prevedeva la convenzione di Istanbul e 50 anni fa era Elena Gianini Belotti a schierarsi dalla parte delle bambine. Oggi chi prevede una sacrosanta educazione alle emozioni e relazioni e la decostruzione degli stereotipi di genere viene accusato di portare il fantomatico gender nelle scuole. Sembra incredibile eppure succede qui a Roma, nell’anno 2023 a opera delle destre e dei così detti movimenti provita.

Conforta solo in parte che il governo nazionale, sull’onda delle tragedie di cronaca, abbia annunciato un piano sull’educazione al rispetto nelle scuole che verrà presentato mercoledì. Le indiscrezioni parlano di azioni sperimentali e non obbligatorie, in orario extracurricolare e solo per studenti e studentesse delle superiori. Se così fosse si tratterebbe di un’azione troppo timida in un paese che è rimasto uno dei pochissimo a non avere una legge per l’educazione all’affettivitá come percorso curricolare obbligatorio nelle scuole.

È un primo, necessario, passo in avanti. Ma davvero non basta.

QOSHE - Contro la cultura del possesso. Educare, educare, educare - Claudia Pratelli
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Contro la cultura del possesso. Educare, educare, educare

5 1
21.11.2023

È una strage che non finisce più. E il dolore non trova parole che non siano stanche, frustrate, consumate. Dire addio a Giulia si porta dietro lo strazio delle tante altre sorelle uccise e dell’incapacità di educare gli uomini. Si piangono le morti ma ancora questo paese non mette in discussione l’educazione, il modello di relazioni, gli stereotipi di genere. E chi chiede l’educazione sessuale e affettiva viene troppo spesso irriso o tacciato di voler “deviare” i bambini e le bambine.

Sono straziata ma anche arrabbiata. Non c’è tempo per non capire, per stare fermi o strizzare l’occhio a istanze medievali. Serve un intervento della politica. Incisivo. Immediato. E non per qualche misura a effetto. Bisogna educare, educare, educare. Smantellare gli stereotipi. Sostenere le ragazze nell’esercizio della loro libertà e autonomia, accompagnarle a riconoscere ogni forma di sopraffazione fin dai primi segnali. Bisogna insegnare ai ragazzi il rispetto e la parità, lavorare sulle emozioni, imparare a riconoscerle e a gestirle. Non c’è una via diversa o più breve. Serve l’educazione all’affettivitá a tutti i livelli. Per le ragazze e i ragazzi e per maestri/e e docenti.

A Roma lo stiamo facendo con tutti gli strumenti a nostra disposizione. A partire dalla formazione del personale educativo e scolastico per i nidi e le scuole dell’infanzia, una formazione tesa a........

© HuffPost


Get it on Google Play