Ci sono alcune condotte criminose che, difficilmente, riescono a essere inquadrate correttamente in una fattispecie esistente all’interno del nostro codice penale. Sono condotte che spesso hanno un’intensità criminosa più alta di tante altre ma son talmente peculiari da non trovare collocazione.

Sono i casi in cui ci si rende conto che talvolta il nostro sistema di civil law non riesce a essere al passo con la mente umana che, si sa, talvolta, può essere così diabolica da sfuggire anche alla deterrenza del diritto penale che, in via di prevedibilità ed evitabilità, dovrebbe prevenire la commissione di crimini.

Eppure “la banda del cavo” così come hanno definito i tre ragazzi con evidenti problemi psichiatrici, non voleva uccidere, a detta dei ragazzi ci si voleva solo divertire, “rompere la noia”. Mi viene immediatamente alla mente il caso di scuola del “lancio dei sassi dal cavalcavia” in fondo, anche quello, penso, era fatto per gioco, per rompere la monotonia.

Sì perché che il divertimento oggi si cerchi dietro la messa in pericolo degli altri, un po' come alla “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, non mi stupisce più di tanto. Ma che la condotta venga inquadrata nel delitto di blocco stradale che punisce «chi depone o abbandona congegni o altri oggetti al fine di impedire o ostacolare la libera circolazione» mi pare davvero paradossale posto che rispondono, dello stesso delitto, tutti gli attivisti di ultima generazione che protestano seduti in mezzo a una strada, senza voler fare male a nessuno, neppure incidentalmente, ma che, al contrario, rischiano di farsi del male e mettono in pericolo la propria incolumità.

Ricordo a me stessa le parole della Cassazione in tema di lancio di sassi dal cavalcavia, i cui autori erano stati chiamati a rispondere di tentativo di omicidio "tale azione, seppure non diretta, in ipotesi, a colpire singoli autoveicoli, è idonea, per la non facile avvistabilità degli oggetti che cadono all'improvviso dall'alto mentre i conducenti sono intenti ad osservare le macchine che precedono e seguono e per la consistente velocità tenuta generalmente dai conducenti in autostrada, a creare il concreto pericolo di incidenti stradali, anche mortali, al cui verificarsi, quindi, sotto il profilo soggettivo, deve intendersi diretta la volontà dell'agente".

Mi chiedo perché il caso di specie non sia stato assimilato analogicamente a questo. Perché, cioè, il fatto di aver steso un cavo d’acciaio tra due corsie (di non facile avvistabilità così come le pietre dal cavalvavia) non debba ritenersi idoneo, seppur in modo non intenzionale e diretto, a creare un pericolo concreto di incidente stradale anche mortale?

Non bastava, in altri termini, inquadrare la condotta della “banda del cavo” sotto il tentativo di tentato omicidio dato dal combinato disposto degli articoli 575 e dell’art. 56 del codice penale in quanto il reato di omicidio non ha realizzato l’evento programmato nonostante gli atti siano stati portati a compimento ed erano idonei e univocamente volti a cagionare l’evento infausto “morte” che, fortunatamente, non si è verificato per nessuno dei possibili passanti?

Mi chiedo perché sia stato ipotizzato il delitto di strage, per poi essere ovviamente escluso, visto che la strage non è punibile in forma colposa o eventuale ma richiede sempre un “dolo specifico” inteso come "Il voler uccidere" che, evidentemente, in questo caso non era presente.

È proprio per l'assenza di questo «coefficiente psicologico del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice» che il giudice Domenico Santoro nel valutare le esigenze cautelari aveva valutato il venir meno del reato di strage. È infatti pacifico che i tre ragazzi, minorati psichici, non volessero l’evento come “fine specifico” della propria condotta. Resta al momento in piedi l’ipotesi del blocco stradale.

Mi metto nei panni del giudice e penso che, probabilmente, l’ipotesi di tentato omicidio non sia stata considerata perché nell’omicidio il bene protetto dalla norma è la singola vita umana riferita al singolo individuo e quindi la condotta in questione, volta a mettere genericamente in pericolo la collettività, non potrebbe correttamente essere inquadrata nella fattispecie criminosa e mi rispondo che, dunque, in questo caso, la gravità del fatto è molto più alta di un semplice tentativo di omicidio; ma poi mi penso che, non essendo configurabile la strage, la condotta verrà presumibilmente inquadrata nel reato di blocco stradale e mi vengono subito in mente gli attivisti che bloccano il traffico per far valere, consapevolmente, le loro idee... e allora forse, qualcosa non quadra… è più corretto assimilare i tre ragazzi come degli omicidi o come degli attivisti?

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Perché è sbagliato assimilare il caso della banda del cavo agli attivisti di Ultima Generazione

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10.01.2024

Ci sono alcune condotte criminose che, difficilmente, riescono a essere inquadrate correttamente in una fattispecie esistente all’interno del nostro codice penale. Sono condotte che spesso hanno un’intensità criminosa più alta di tante altre ma son talmente peculiari da non trovare collocazione.

Sono i casi in cui ci si rende conto che talvolta il nostro sistema di civil law non riesce a essere al passo con la mente umana che, si sa, talvolta, può essere così diabolica da sfuggire anche alla deterrenza del diritto penale che, in via di prevedibilità ed evitabilità, dovrebbe prevenire la commissione di crimini.

Eppure “la banda del cavo” così come hanno definito i tre ragazzi con evidenti problemi psichiatrici, non voleva uccidere, a detta dei ragazzi ci si voleva solo divertire, “rompere la noia”. Mi viene immediatamente alla mente il caso di scuola del “lancio dei sassi dal cavalcavia” in fondo, anche quello, penso, era fatto per gioco, per rompere la monotonia.

Sì perché che il divertimento oggi si cerchi dietro la messa in pericolo degli altri, un po' come alla “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, non mi stupisce più di tanto. Ma che la condotta venga........

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