Con “quarto capitalismo” si fa riferimento a quella imprenditoria di medie dimensioni che a partire dagli anni Novanta del secolo scorso ha cominciato ad organizzarsi come una forma intermedia tra le imprese grandi (sempre meno da noi), quelle piccole e micro (sempre diffuse) e il capitalismo di stato delle partecipazioni statali e dell’imprenditoria pubblica.

Una sorta di “quarto stato” dell’imprenditoria, che però a differenza della identificazione sociale nelle categorie degli operai e contadini nel tempo è divenuta una élite con proprie caratteristiche e anche un suo protagonismo.

Per la verità la similitudine tra quarto capitalismo e quarto stato non è del tutto avventata, perché spesso la genesi di queste imprese, che si esprimono nel family business, trova le proprie radici storiche in quell’impasto di economia locale e sistema di relazioni sociali che caratterizzava i cosiddetti distretti industriali. In queste zone era tutt’altro che infrequente imbattersi in imprenditori che avevano un passato operaio e poi si erano messi in proprio per cimentarsi con responsabilità dirette, mettendo a frutto le competenze acquisite nell’impiego diretto nella produzione.

Mediobanca e Istituto Guglielmo Tagliacarne da anni focalizzano l’attenzione su questo fenomeno che in Italia riguarda complessivamente oggi 3660 imprese manifatturiere, con un fatturato complessivo di 184,1 miliardi di euro, occupando oltre 523mila dipendenti. Un fenomeno che è cresciuto negli anni.

Il quarto capitalismo delle medie imprese è presente anche nel Mezzogiorno d’Italia, ma con valori molto ridotti in termini quantitativi di imprese, anche se con performances addirittura superiori a quelle delle medie imprese italiane.

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Con “quarto capitalismo” si fa riferimento a quella imprenditoria di medie dimensioni che a partire dagli anni Novanta del secolo scorso ha cominciato ad organizzarsi come una forma intermedia tra le imprese grandi (sempre meno da noi), quelle piccole e micro (sempre diffuse) e il capitalismo di stato delle partecipazioni statali e dell’imprenditoria pubblica.

Una sorta di “quarto stato” dell’imprenditoria, che però a differenza della identificazione sociale nelle categorie degli operai e contadini nel tempo è divenuta una élite con proprie caratteristiche e anche un suo protagonismo.

Per la verità la similitudine tra quarto capitalismo e quarto stato non è del tutto avventata, perché spesso la genesi di queste imprese, che si esprimono nel family business, trova le proprie radici storiche in quell’impasto di economia locale e sistema di relazioni sociali che caratterizzava i cosiddetti distretti industriali. In queste zone era tutt’altro che infrequente imbattersi in imprenditori che avevano un passato operaio e poi si erano messi in proprio per cimentarsi con responsabilità dirette, mettendo a frutto le competenze acquisite nell’impiego diretto nella produzione.

Mediobanca e Istituto Guglielmo Tagliacarne da anni focalizzano l’attenzione su questo fenomeno che in Italia riguarda complessivamente oggi 3660 imprese manifatturiere, con un fatturato complessivo di 184,1 miliardi di euro, occupando oltre 523mila dipendenti. Un fenomeno che è cresciuto negli anni.

Il quarto capitalismo delle medie imprese è presente anche nel Mezzogiorno d’Italia, ma con valori molto ridotti in termini quantitativi di imprese, anche se con performances addirittura superiori a quelle delle medie imprese italiane.

Una difficoltà che rimonta anche al diverso tipo di esperienze industriali che hanno dato vita alle medie imprese nel Centro-nord, dove la forte presenza di realtà distrettuali, anche indipendentemente della nascita in queste aree delle medie imprese, ha rappresentato un fenomeno di contaminazione culturale molto rilevante e quindi anche di circolazione di quella sorta di atmosfera industriale che secondo l’economista inglese Alfred Marshall era alla base dei distretti industriali.

A fronte di queste difficoltà ci si aspetterebbe che le medie imprese meridionali siano tutto sommato meno produttive e meno moderne rispetto alle colleghe del Centro-nord. E invece si assiste a una forte smentita di questa ipotesi.

In altri termini non valgono per le medie imprese del Sud le narrazioni prevalenti sull’industria manifatturiera del Mezzogiorno che appare più indietro rispetto a quella del Centro-nord. Qui avviene tutto il contrario.

Il quarto capitalismo meridionale, pur esiguo in termini di rappresentanti, è più performante e moderno di quello del resto del paese che pure, a sua volta, è un passo avanti rispetto al resto dell’imprenditoria centro-settentrionale.

Le medie imprese del Sud hanno accresciuto il fatturato più delle imprese del Nord, aumentato di più la produttività e hanno anche più positive aspettative sul futuro.

Non solo, sembrano anche meno timorose di affrontare la competizione a viso aperto, non disdegnando una crescita dimensionale, con ampliamento della compagine societaria.

Ma perchè allora il quarto capitalismo non sfonda nel Mezzogiorno, come è stato nel resto del Paese? Purtroppo qui pesano le condizioni ambientali e di contesto: a differenza di quanto accaduto in molte realtà locali del Centro-nord queste imprese si sentono spesso compresse da un sistema istituzionale con il quale pure interagiscono con una certa frequenza, al punto che devono continuamente inventarsi soluzioni per far fronte a diseconomie esterne che dovrebbero essere rimosse proprio dal sistema pubblico. Non c’è come collante quella “fiducia pubblica” che in tante aree distrettuali è stata un elemento di forza del rapporto con i soggetti territoriali.

Un indicatore riguarda la tassazione: negli anni 2012-2021 il livello di tassazione di queste imprese che è più elevato rispetto al resto dell’Italia, in buona parte a causa delle maggiori aliquote Irap applicate dalle Regioni meridionali. Così se le medie imprese meridionali avessero avuto dal 2012 la stessa tassazione delle imprese del resto del paese avrebbero risparmiato in un decennio circa 200 milioni di euro.

Ma allora se si vuole far leva su questa forma di capitalismo come fattore di impulso nel Mezzogiorno occorre lavorare profondamente non solo (o tanto) sugli aspetti di politica industriale ma in particolare su quelli dell’efficientamento dell’azione amministrativa e del rapporto istituzioni-società civile, e non è detto che forme di autonomia regionale differenziata, a federalismo fiscale inattuato, possano migliorare la situazione.

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Il “quarto capitalismo” nel Mezzogiorno, una realtà in controtendenza

3 0
22.12.2023

Con “quarto capitalismo” si fa riferimento a quella imprenditoria di medie dimensioni che a partire dagli anni Novanta del secolo scorso ha cominciato ad organizzarsi come una forma intermedia tra le imprese grandi (sempre meno da noi), quelle piccole e micro (sempre diffuse) e il capitalismo di stato delle partecipazioni statali e dell’imprenditoria pubblica.

Una sorta di “quarto stato” dell’imprenditoria, che però a differenza della identificazione sociale nelle categorie degli operai e contadini nel tempo è divenuta una élite con proprie caratteristiche e anche un suo protagonismo.

Per la verità la similitudine tra quarto capitalismo e quarto stato non è del tutto avventata, perché spesso la genesi di queste imprese, che si esprimono nel family business, trova le proprie radici storiche in quell’impasto di economia locale e sistema di relazioni sociali che caratterizzava i cosiddetti distretti industriali. In queste zone era tutt’altro che infrequente imbattersi in imprenditori che avevano un passato operaio e poi si erano messi in proprio per cimentarsi con responsabilità dirette, mettendo a frutto le competenze acquisite nell’impiego diretto nella produzione.

Mediobanca e Istituto Guglielmo Tagliacarne da anni focalizzano l’attenzione su questo fenomeno che in Italia riguarda complessivamente oggi 3660 imprese manifatturiere, con un fatturato complessivo di 184,1 miliardi di euro, occupando oltre 523mila dipendenti. Un fenomeno che è cresciuto negli anni.

Il quarto capitalismo delle medie imprese è presente anche nel Mezzogiorno d’Italia, ma con valori molto ridotti in termini quantitativi di imprese,........

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