Si deve all’onestà intellettuale di Mattia Feltri il solo commento appropriato all’incredibile domanda del Pd di bilanciare l’informazione sugli scandali di sinistra con adeguate zoomate sugli arresti dei politici di destra. Come a dire: più gogna per tutti. Invece di invocare il garantismo, Elly Schlein chiede un giustizialismo bilanciato.

Una sinistra siffatta non sa analizzare le inchieste che la travolgono, né capire se esse si prestino a considerazioni più profonde della gioia di mozzaorecchi e populisti, nipotini di chi trenta anni fa esultava per l’arresto di una classe politica poi quasi tutta assolta in giudizio e oggi addirittura rimpianta. Né ci si può aspettare un’analisi più complessa dalla destra, storicamente poco imparentata col garantismo, e al momento anche destinataria di un vantaggio proveniente dalle ultime cronache giudiziarie.

Proviamo noi a nuotare qualche metro controcorrente. L’inchiesta di Bari vira da qualche giorno su un ex assessore regionale di Emiliano, Alfonso Pisicchio, arrestato assieme a suo fratello Enzo. Non conosco bene questi due Pisicchio, mentre sono buon amico del loro fratello politicamente maggiore, l’ex parlamentare di lungo corso Pino, democristiano e come me seguace di Carlo Donat Cattin (fummo citati assieme nell’ultimo discorso pubblico del leader della sinistra sociale della Dc, che previde per noi due un lungo corso politico, che in fondo poi ci è stato).

La Seconda repubblica mi ha diviso da Pisicchio: io a destra con Rocco Buttiglione, lui a sinistra coi popolari e poi con varie schegge dell’universo antiberlusconiano. Mi viene facile scrivere che Pino Pisicchio è un galantuomo, e mi pare difficile pensare che i suoi fratelli siano due delinquenti, ma le inchieste servono ad accertare verità, senza opinioni pregiudiziali.

Vediamo però di cosa sono accusati i germani Pisicchio. L’assessore avrebbe chiesto dei favori a una impresa che ha vinto un appalto. Ha preso mazzette? Ha intascato utilità? Nossignori, avrebbe indirizzato l’imprenditore a finanziare il suo movimento politico con un contributo di 156000 euro, una discreta cifra, senza dubbio, ma commisurata alle possibilità di una impresa capace di aggiudicarsi appalti da decine di milioni di euro. Inoltre l’assessore avrebbe chiesto posti di lavoro per i suoi adepti.

Sono cose gravi, anche dette così, con leggerezza di penna garantista. Però scagli la prima pietra un politico che non abbia chiesto posti di lavoro alle aziende che lavorano per gli enti da lui amministrati. Potrei provarci io, politico abbastanza anomalo perché allergico a queste pratiche, come mi riconoscono anche gli avversari, e come mi rimproverano alcuni seguaci che mi vorrebbero più intraprendente nel patrocinare qualche loro aspettativa.

Scelgo invece di tenere in tasca le pietre e anche le mani, perché la politica - specie a certe latitudini - viene fatta esattamente come l’inchiesta di Bari sta documentando. Si possono sbattere un paio di Pisicchio in prima pagina, ma non si può arrestare un intero ceto politico. In più bisognerebbe allargare il giudizio ai cittadini che domandano i favori: perché prendersela solo con il politico che distribuisce posti, e non anche con chi va a chiederglieli?

A Bari il clientelismo è un’arte coltivata da tutte le scuole politiche. A Torino esiste un commercio di preferenze più accurato e nascosto di una coltivazione di sostanze stupefacenti. In una delle mie tante campagne piemontesi, venne da me un distinto professore universitario, assicurandomi due voti, il suo e quello della moglie, e mi chiese mille euro. Pensai a un matto, più che a un corrotto, e gli chiesi perché mai mille euro, anche tanti per due preferenze. Il professore mi rispose che si sentiva uno stupido a dare voti gratuitamente in una città in cui tutti il voto lo vendevano.

E allora, signori magistrati con annesso coro di giornalisti indignati e politici speculanti, che si fa? Ci diamo a un’altra ordalia purificatrice? Arrestiamo eletti ed elettori? Bilanciamo le inchieste, come suggerisce il Pd? Cerchiamo qualche imbecille di destra, speculare a questi sciocchi di sinistra che gonfiano i muscoli clientelari per le preferenze di quattro poveri disgraziati? Accomodiamoci pure, lo spettacolo è garantito e sarà lungo, lunghissimo. Poi, tra qualche anno, ci consoleremo con qualche editoriale che rimpiangerà la classe politica di un tempo, perché quella successiva è sempre peggiore, se non cambia profondamente la società che la produce e la elegge.

Quanto ai finanziamenti al partito di Pisicchio (a proposito, quale è? Ho perso le tracce dei suoi movimenti) vorrei sommessamente domandare ai democratici italiani, tutti signorini politicamente corretti: scusate, ma chi ha costretto i politici italiani a battere cassa disperatamente per finanziare la politica? Chi ha introdotto il finanziamento privato come sola risorsa immediata per partiti e movimenti politici? Chi ha trasformato in un suk arabo la scena della politica, quella che il più grande politico barese, Aldo Moro, chiamava la ‘cittadella democratica‘? Sono stati loro, i capi di Pisicchio ed Emiliano, i democratici in cerca di campi larghi con pentastellati e giustizialisti.

Hanno abolito il finanziamento pubblico dei partiti, col solo dissenso di Silvio Berlusconi, che invece lo aveva aumentato, spiegando che la presenza in politica di un magnate come lui imponeva una parità di mezzi che solo lo Stato poteva garantire. A quel tempo la sinistra si prese i soldi pubblici, ci pasticciò un pochino, e a ruota del solito scandalo (do you remember Margherita?) decise di abolire il finanziamento pubblico. Ed eccoci qui, tutti in fila nelle anticamere di ricchi e potenti potenziali finanziatori.

Ma secondo voi chi finanzia i partiti? Gentiluomini liberali felici di ascoltare il pensiero dei frequentatori dei talk e dei telegiornali? O impresari più o meno puliti desiderosi di crescita e affari? Ed è così che si finanzia una funzione pubblica contemplata dalla Costituzione, quale è quella dei partiti politici? Adesso indigniamoci pure per i traffici di influenza dei Pisicchi vari. L’indignazione costa meno di un’analisi seria sulle storture del sistema. E sotto elezioni europee, poi, quale partito ha voglia di provarci?

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La politica si fa esattamente come l’inchiesta di Bari sta documentando. E allora, arrestiamo tutti?

24 1
11.04.2024

Si deve all’onestà intellettuale di Mattia Feltri il solo commento appropriato all’incredibile domanda del Pd di bilanciare l’informazione sugli scandali di sinistra con adeguate zoomate sugli arresti dei politici di destra. Come a dire: più gogna per tutti. Invece di invocare il garantismo, Elly Schlein chiede un giustizialismo bilanciato.

Una sinistra siffatta non sa analizzare le inchieste che la travolgono, né capire se esse si prestino a considerazioni più profonde della gioia di mozzaorecchi e populisti, nipotini di chi trenta anni fa esultava per l’arresto di una classe politica poi quasi tutta assolta in giudizio e oggi addirittura rimpianta. Né ci si può aspettare un’analisi più complessa dalla destra, storicamente poco imparentata col garantismo, e al momento anche destinataria di un vantaggio proveniente dalle ultime cronache giudiziarie.

Proviamo noi a nuotare qualche metro controcorrente. L’inchiesta di Bari vira da qualche giorno su un ex assessore regionale di Emiliano, Alfonso Pisicchio, arrestato assieme a suo fratello Enzo. Non conosco bene questi due Pisicchio, mentre sono buon amico del loro fratello politicamente maggiore, l’ex parlamentare di lungo corso Pino, democristiano e come me seguace di Carlo Donat Cattin (fummo citati assieme nell’ultimo discorso pubblico del leader della sinistra sociale della Dc, che previde per noi due un lungo corso politico, che in fondo poi ci è stato).

La Seconda repubblica mi ha diviso da Pisicchio: io a destra con Rocco Buttiglione, lui a sinistra coi popolari e poi con varie schegge dell’universo antiberlusconiano. Mi viene facile scrivere che Pino Pisicchio è un galantuomo,........

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