Nella Dc non ho frequentato molto Pierluigi Castagnetti: età diverse, razze diverse (non si indignino i custodi del politicamente corretto, Tommaso Morlino diceva che i democristiani si dividono in razze, non in correnti). Ho conosciuto meglio Pierluigi dopo la fine della Dc, quando ci è toccato di collaborare - da sponde opposte - alla difficile liquidazione patrimoniale del vecchio partito: quando ci rincorrevano postulanti e creditori, i rifondatori non abbondavano, sono arrivati a frotte dopo, a debiti pagati, quasi sempre per domandare cosa fosse rimasto per loro.

Così ho conosciuto e apprezzato Castagnetti: un uomo mite e severo a un tempo, senza la spocchia di una certa sinistra democristiana del Nord, nè la vocazione clientelare di quella gemella del Sud. Ha fatto le sue scelte, opposte alle mie, ma nel medesimo solco della preghiera agostiniana: Signore, aiutaci a cambiare le cose che possono essere cambiate, a sopportare quelle che non possono essere cambiate, e a distinguere le une dalle altre.

Pierluigi ed io abbiamo capito che la Dc era finita, e che nel bipolarismo al massimo se ne poteva rifare un’altra, ma con altri scenari, altri numeri, altre alleanze.

Lui scommise su una Dc alternativa a Silvio Berlusconi e alle destre, prima alleata di necessità degli ex comunisti, poi integrata con loro in un nuovo partito vagamente echeggiante l’antica unità ciellenista rimpianta da don Dossetti, icona suprema della sinistra democristiana.

A me lo schema di Castagnetti non apparve convincente: la Dc vinse e durò perché Alcide De Gasperi ruppe l’unità coi comunisti, e si pose in alternativa al Pci. La Dc ha intercettato il blocco sociale che era stato fascista e lo ha guidato alla democrazia, esattamente come in Spagna, trent’anni più tardi, faranno i popolari con gli ex franchisti.

Parrocchia dem. Castagnetti riunisce tutti i Popolari di area ma si dividono sulla guerra

di Alfonso Raimo

Esiste un blocco sociale ed elettorale che sta sempre al di qua della sinistra: o lo guidano i popolari, o i liberali, o la destra, ovunque. Nel 1993 ai democristiani venne in testa di fondare contemporaneamente il bipolarismo e il terzo polo: fu una catastrofe e il campo moderato si trasferì sotto le insegne di Berlusconi, ove riparò per due decenni e mezzo.

Poi è venuta la destra della Meloni, e il resto è cronaca.

Ogni tanto qualche Solone della sinistra Dc scrive editoriali per deplorare la scelta di destra del sottoscritto e dei pochi democristiani rimasti in campo. Viene da chiedergli: se invece di organizzare questo campo, voi ve ne siete scappati in quello avversario, di chi è la colpa della fine della Dc? Di Berlusconi? Di La Russa? Di Meloni?

Noi siamo rimasti dove eravamo, nel campo non di sinistra (non ho voglia di scomodare popolarismo, liberalismo e destra sociale, in Italia più semplicemente molti guardano dove è la sinistra e votano all’opposto).

Detto ciò, è accaduto talvolta che il centrodestra abbia perso le elezioni a causa del voto cattolico, o democristiano, fate voi. Fu il tempo dell’Ulivo. Romano Prodi vinse due volte, a dieci anni di distanza, perché i democristiani risposero al richiamo della foresta di una coalizione guidata da uno di loro. Vi chiedete perché rievoco queste cose nel tempo di Giorgia Meloni e Elly Schlein, di destra e sinistra senza centro. Scrivo queste cose perché la settimana scorsa Pierluigi Castagnetti ha riunito in seminario gli ultimi popolari, adunanza non meno tristanzuola delle mie riunioni con gli ultimi democristiani. E come io rilancio la mia fede nel bipolarismo, e la mia idea di una Dc seme di una evoluzione popolare del centrodestra, così il bravo Pierluigi ha ribadito le regole di ingaggio dei popolari nel Pd: vuole un nuovo Ulivo, Castagnetti, e lo ha detto a chiare lettere.

Non sottovaluto affatto la suggestione di Castagnetti: l’uomo sarà datato, ancora più di me, ma è intelligente e conosce gli italiani: sa che dei governi si esaltano e si disamorano alla velocità della luce, e in questa prospettiva l’ex segretario popolare starà distillando qualche diavoleria nel suo laboratorio di piccolo chimico politico di Reggio Emilia. Alla mia amica Giorgia Meloni consiglio di osservare meglio e di più il fronte cattolico e popolare. Il governo sta facendo benissimo, e il merito è quasi interamente del talento della giovane donna su cui abbiamo puntato le ultime fiches democristiane. Bisogna proseguire con decisione il cammino politico che deve accompagnare il governo.

L’evocazione dell’Ulivo a sinistra significa la proposta di una moratoria delle distinzioni, di nuovi campi larghissimi, e di una leadership unificante alla Romano Prodi. Questo scenario si decompone solo radicando fortemente il governo in un’area che sia conservatrice ma anche popolare. Qualcuno magari a destra non vorrà morire democristiano, ma il consiglio dell’ultimo Dc è schietto: se dovete morire democristiani, è meglio farlo rimanendo al governo piuttosto che all’opposizione di qualche Prodi con la metà degli anni di Romano.

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Nella Dc non ho frequentato molto Pierluigi Castagnetti: età diverse, razze diverse (non si indignino i custodi del politicamente corretto, Tommaso Morlino diceva che i democristiani si dividono in razze, non in correnti). Ho conosciuto meglio Pierluigi dopo la fine della Dc, quando ci è toccato di collaborare - da sponde opposte - alla difficile liquidazione patrimoniale del vecchio partito: quando ci rincorrevano postulanti e creditori, i rifondatori non abbondavano, sono arrivati a frotte dopo, a debiti pagati, quasi sempre per domandare cosa fosse rimasto per loro.

Così ho conosciuto e apprezzato Castagnetti: un uomo mite e severo a un tempo, senza la spocchia di una certa sinistra democristiana del Nord, nè la vocazione clientelare di quella gemella del Sud. Ha fatto le sue scelte, opposte alle mie, ma nel medesimo solco della preghiera agostiniana: Signore, aiutaci a cambiare le cose che possono essere cambiate, a sopportare quelle che non possono essere cambiate, e a distinguere le une dalle altre.

Pierluigi ed io abbiamo capito che la Dc era finita, e che nel bipolarismo al massimo se ne poteva rifare un’altra, ma con altri scenari, altri numeri, altre alleanze.

Lui scommise su una Dc alternativa a Silvio Berlusconi e alle destre, prima alleata di necessità degli ex comunisti, poi integrata con loro in un nuovo partito vagamente echeggiante l’antica unità ciellenista rimpianta da don Dossetti, icona suprema della sinistra democristiana.

A me lo schema di Castagnetti non apparve convincente: la Dc vinse e durò perché Alcide De Gasperi ruppe l’unità coi comunisti, e si pose in alternativa al Pci. La Dc ha intercettato il blocco sociale che era stato fascista e lo ha guidato alla democrazia, esattamente come in Spagna, trent’anni più tardi, faranno i popolari con gli ex franchisti.

Esiste un blocco sociale ed elettorale che sta sempre al di qua della sinistra: o lo guidano i popolari, o i liberali, o la destra, ovunque. Nel 1993 ai democristiani venne in testa di fondare contemporaneamente il bipolarismo e il terzo polo: fu una catastrofe e il campo moderato si trasferì sotto le insegne di Berlusconi, ove riparò per due decenni e mezzo.

Poi è venuta la destra della Meloni, e il resto è cronaca.

Ogni tanto qualche Solone della sinistra Dc scrive editoriali per deplorare la scelta di destra del sottoscritto e dei pochi democristiani rimasti in campo. Viene da chiedergli: se invece di organizzare questo campo, voi ve ne siete scappati in quello avversario, di chi è la colpa della fine della Dc? Di Berlusconi? Di La Russa? Di Meloni?

Noi siamo rimasti dove eravamo, nel campo non di sinistra (non ho voglia di scomodare popolarismo, liberalismo e destra sociale, in Italia più semplicemente molti guardano dove è la sinistra e votano all’opposto).

Detto ciò, è accaduto talvolta che il centrodestra abbia perso le elezioni a causa del voto cattolico, o democristiano, fate voi. Fu il tempo dell’Ulivo. Romano Prodi vinse due volte, a dieci anni di distanza, perché i democristiani risposero al richiamo della foresta di una coalizione guidata da uno di loro. Vi chiedete perché rievoco queste cose nel tempo di Giorgia Meloni e Elly Schlein, di destra e sinistra senza centro. Scrivo queste cose perché la settimana scorsa Pierluigi Castagnetti ha riunito in seminario gli ultimi popolari, adunanza non meno tristanzuola delle mie riunioni con gli ultimi democristiani. E come io rilancio la mia fede nel bipolarismo, e la mia idea di una Dc seme di una evoluzione popolare del centrodestra, così il bravo Pierluigi ha ribadito le regole di ingaggio dei popolari nel Pd: vuole un nuovo Ulivo, Castagnetti, e lo ha detto a chiare lettere.

Non sottovaluto affatto la suggestione di Castagnetti: l’uomo sarà datato, ancora più di me, ma è intelligente e conosce gli italiani: sa che dei governi si esaltano e si disamorano alla velocità della luce, e in questa prospettiva l’ex segretario popolare starà distillando qualche diavoleria nel suo laboratorio di piccolo chimico politico di Reggio Emilia. Alla mia amica Giorgia Meloni consiglio di osservare meglio e di più il fronte cattolico e popolare. Il governo sta facendo benissimo, e il merito è quasi interamente del talento della giovane donna su cui abbiamo puntato le ultime fiches democristiane. Bisogna proseguire con decisione il cammino politico che deve accompagnare il governo.

L’evocazione dell’Ulivo a sinistra significa la proposta di una moratoria delle distinzioni, di nuovi campi larghissimi, e di una leadership unificante alla Romano Prodi. Questo scenario si decompone solo radicando fortemente il governo in un’area che sia conservatrice ma anche popolare. Qualcuno magari a destra non vorrà morire democristiano, ma il consiglio dell’ultimo Dc è schietto: se dovete morire democristiani, è meglio farlo rimanendo al governo piuttosto che all’opposizione di qualche Prodi con la metà degli anni di Romano.

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Occhio Giorgia che a sinistra torna l'Ulivo

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02.12.2023

Nella Dc non ho frequentato molto Pierluigi Castagnetti: età diverse, razze diverse (non si indignino i custodi del politicamente corretto, Tommaso Morlino diceva che i democristiani si dividono in razze, non in correnti). Ho conosciuto meglio Pierluigi dopo la fine della Dc, quando ci è toccato di collaborare - da sponde opposte - alla difficile liquidazione patrimoniale del vecchio partito: quando ci rincorrevano postulanti e creditori, i rifondatori non abbondavano, sono arrivati a frotte dopo, a debiti pagati, quasi sempre per domandare cosa fosse rimasto per loro.

Così ho conosciuto e apprezzato Castagnetti: un uomo mite e severo a un tempo, senza la spocchia di una certa sinistra democristiana del Nord, nè la vocazione clientelare di quella gemella del Sud. Ha fatto le sue scelte, opposte alle mie, ma nel medesimo solco della preghiera agostiniana: Signore, aiutaci a cambiare le cose che possono essere cambiate, a sopportare quelle che non possono essere cambiate, e a distinguere le une dalle altre.

Pierluigi ed io abbiamo capito che la Dc era finita, e che nel bipolarismo al massimo se ne poteva rifare un’altra, ma con altri scenari, altri numeri, altre alleanze.

Lui scommise su una Dc alternativa a Silvio Berlusconi e alle destre, prima alleata di necessità degli ex comunisti, poi integrata con loro in un nuovo partito vagamente echeggiante l’antica unità ciellenista rimpianta da don Dossetti, icona suprema della sinistra democristiana.

A me lo schema di Castagnetti non apparve convincente: la Dc vinse e durò perché Alcide De Gasperi ruppe l’unità coi comunisti, e si pose in alternativa al Pci. La Dc ha intercettato il blocco sociale che era stato fascista e lo ha guidato alla democrazia, esattamente come in Spagna, trent’anni più tardi, faranno i popolari con gli ex franchisti.

Parrocchia dem. Castagnetti riunisce tutti i Popolari di area ma si dividono sulla guerra

di Alfonso Raimo

Esiste un blocco sociale ed elettorale che sta sempre al di qua della sinistra: o lo guidano i popolari, o i liberali, o la destra, ovunque. Nel 1993 ai democristiani venne in testa di fondare contemporaneamente il bipolarismo e il terzo polo: fu una catastrofe e il campo moderato si trasferì sotto le insegne di Berlusconi, ove riparò per due decenni e mezzo.

Poi è venuta la destra della Meloni, e il resto è cronaca.

Ogni tanto qualche Solone della sinistra Dc scrive editoriali per deplorare la scelta di destra del sottoscritto e dei pochi democristiani rimasti in campo. Viene da........

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