Pietro Scoppola, un grande e qualificato storico cattolico, diceva che le regole di un buon politico sono quelle di saper coniugare, sempre, “la cultura del comportamento” con la “cultura del progetto”. Un monito che, come ovvio, non era rivolto solo ai cattolici impegnati in politica ma a tutti coloro che volevano dedicarsi seriamente alla cosa pubblica e lavorare per costruire, insieme, “il bene comune”. Una riflessione semplice e secca ma che conserva, tutt’oggi, una straordinaria modernità ed attualità.

Certo, quando in Italia si parla di questione morale la prima cosa che viene in mente è l’utilizzo politico strumentale che si è fatto di un tema che, purtroppo, riguarda tutti. O meglio, la questione morale è stata spesso usata come una clava da scagliare contro il proprio avversario/nemico politico. È inutile dire, al riguardo, che storicamente è stata la sinistra italiana, nelle sue multiformi espressioni e declinazioni, ad usare la questione morale come una sorta di monopolio politico, culturale ed etico da lanciare nei confronti degli altri partiti. E i casi concreti, nelle singole fasi storiche e politiche del nostro paese, lo confermano in modo persin troppo palese senza dedicarci ulteriori riflessioni. Con estremizzazioni che ancora tutti ricordiamo. All’inizio degli anni ‘80 con l’allora segretario del Pci Berlinguer che parlava di “alternativa morale” rispetto all’alleanza della Democrazia Cristiana con i suoi storici alleati e, soprattutto, con l’esplosione di tangentopoli negli anni ‘90 con una sorta di criminalizzazione politica di tutto ciò che non era riconducibile alla sinistra. O alla destra, in quel periodo però politicamente ai margini. Oltre a mille altri casi che hanno scandito la storia democratica del nostro paese.

Ma il dato politico che non si può non cogliere è che la questione morale persiste, serpeggia nel sottosuolo della politica e della cosiddetta società civile italiana ed è smaccatamente trasversale. E le recenti notizie che arrivano dalla Puglia e dal suo capoluogo non sono che l’ennesima conferma, al di là delle difese d’ufficio di chi è coinvolto e delle conseguenti strumentalizzazioni di chi è estraneo.

E l’altro elemento, altrettanto oggettivo, è che nessuno - ma proprio nessuno - può ergersi a paladino esclusivo e totalizzante della moralità, della correttezza e della trasparenza dell’azione politica. Certo, la stragrande maggioranza di chi si dedica all’impegno pubblico - politico e non solo politico ed istituzionale - lo esercita nella massima trasparenza e con una correttezza esemplare. Basti pensare agli amministratori locali dei piccoli e medi comuni italiani dove la dedizione al proprio territorio è l’unica ragione che anima e caratterizza l’impegno di uomini e donne disseminati in tutto il territorio. Ma, purtroppo, anche di fronte ad un quadro di dedizione amministrativa e di vera trasparenza politica, non mancano quelle che un tempo venivano definite le “mele marce”.

Ecco perchè, per tornare al vecchio monito di Pietro Scoppola, solo con un “comportamento” esemplare, e senza alcuna deviazione o scorciatoia moralistica, legato ad una vera propria “progettualità” politica ed amministrativa, è possibile ridare qualità alla nostra democrazia, credibilità a tutte le istituzioni democratiche ed efficacia all’azione di governo. Con nessuno, ma proprio nessuno, che può di conseguenza intestarsi il bollino della verginità morale ed etica.

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Pietro Scoppola, un grande e qualificato storico cattolico, diceva che le regole di un buon politico sono quelle di saper coniugare, sempre, “la cultura del comportamento” con la “cultura del progetto”. Un monito che, come ovvio, non era rivolto solo ai cattolici impegnati in politica ma a tutti coloro che volevano dedicarsi seriamente alla cosa pubblica e lavorare per costruire, insieme, “il bene comune”. Una riflessione semplice e secca ma che conserva, tutt’oggi, una straordinaria modernità ed attualità.

Certo, quando in Italia si parla di questione morale la prima cosa che viene in mente è l’utilizzo politico strumentale che si è fatto di un tema che, purtroppo, riguarda tutti. O meglio, la questione morale è stata spesso usata come una clava da scagliare contro il proprio avversario/nemico politico. È inutile dire, al riguardo, che storicamente è stata la sinistra italiana, nelle sue multiformi espressioni e declinazioni, ad usare la questione morale come una sorta di monopolio politico, culturale ed etico da lanciare nei confronti degli altri partiti. E i casi concreti, nelle singole fasi storiche e politiche del nostro paese, lo confermano in modo persin troppo palese senza dedicarci ulteriori riflessioni. Con estremizzazioni che ancora tutti ricordiamo. All’inizio degli anni ‘80 con l’allora segretario del Pci Berlinguer che parlava di “alternativa morale” rispetto all’alleanza della Democrazia Cristiana con i suoi storici alleati e, soprattutto, con l’esplosione di tangentopoli negli anni ‘90 con una sorta di criminalizzazione politica di tutto ciò che non era riconducibile alla sinistra. O alla destra, in quel periodo però politicamente ai margini. Oltre a mille altri casi che hanno scandito la storia democratica del nostro paese.

Ma il dato politico che non si può non cogliere è che la questione morale persiste, serpeggia nel sottosuolo della politica e della cosiddetta società civile italiana ed è smaccatamente trasversale. E le recenti notizie che arrivano dalla Puglia e dal suo capoluogo non sono che l’ennesima conferma, al di là delle difese d’ufficio di chi è coinvolto e delle conseguenti strumentalizzazioni di chi è estraneo.

E l’altro elemento, altrettanto oggettivo, è che nessuno - ma proprio nessuno - può ergersi a paladino esclusivo e totalizzante della moralità, della correttezza e della trasparenza dell’azione politica. Certo, la stragrande maggioranza di chi si dedica all’impegno pubblico - politico e non solo politico ed istituzionale - lo esercita nella massima trasparenza e con una correttezza esemplare. Basti pensare agli amministratori locali dei piccoli e medi comuni italiani dove la dedizione al proprio territorio è l’unica ragione che anima e caratterizza l’impegno di uomini e donne disseminati in tutto il territorio. Ma, purtroppo, anche di fronte ad un quadro di dedizione amministrativa e di vera trasparenza politica, non mancano quelle che un tempo venivano definite le “mele marce”.

Ecco perchè, per tornare al vecchio monito di Pietro Scoppola, solo con un “comportamento” esemplare, e senza alcuna deviazione o scorciatoia moralistica, legato ad una vera propria “progettualità” politica ed amministrativa, è possibile ridare qualità alla nostra democrazia, credibilità a tutte le istituzioni democratiche ed efficacia all’azione di governo. Con nessuno, ma proprio nessuno, che può di conseguenza intestarsi il bollino della verginità morale ed etica.

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Bari e l’eterna questione morale

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06.04.2024

Pietro Scoppola, un grande e qualificato storico cattolico, diceva che le regole di un buon politico sono quelle di saper coniugare, sempre, “la cultura del comportamento” con la “cultura del progetto”. Un monito che, come ovvio, non era rivolto solo ai cattolici impegnati in politica ma a tutti coloro che volevano dedicarsi seriamente alla cosa pubblica e lavorare per costruire, insieme, “il bene comune”. Una riflessione semplice e secca ma che conserva, tutt’oggi, una straordinaria modernità ed attualità.

Certo, quando in Italia si parla di questione morale la prima cosa che viene in mente è l’utilizzo politico strumentale che si è fatto di un tema che, purtroppo, riguarda tutti. O meglio, la questione morale è stata spesso usata come una clava da scagliare contro il proprio avversario/nemico politico. È inutile dire, al riguardo, che storicamente è stata la sinistra italiana, nelle sue multiformi espressioni e declinazioni, ad usare la questione morale come una sorta di monopolio politico, culturale ed etico da lanciare nei confronti degli altri partiti. E i casi concreti, nelle singole fasi storiche e politiche del nostro paese, lo confermano in modo persin troppo palese senza dedicarci ulteriori riflessioni. Con estremizzazioni che ancora tutti ricordiamo. All’inizio degli anni ‘80 con l’allora segretario del Pci Berlinguer che parlava di “alternativa morale” rispetto all’alleanza della Democrazia Cristiana con i suoi storici alleati e, soprattutto, con l’esplosione di tangentopoli negli anni ‘90 con una sorta di criminalizzazione politica di tutto ciò che non era riconducibile alla sinistra. O alla destra, in quel periodo però politicamente ai margini. Oltre a mille altri casi che hanno scandito la storia democratica del nostro paese.

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