Bisognerebbe capire il contesto e l’occasione in cui il presidente Sergio Mattarella ha voluto chiarire l’ambito del potere di promulgare le leggi, una funzione che, insieme alla presidenza del Consiglio supremo della difesa e del Consiglio superiore della magistratura, attribuisce alla figura del capo dello Stato l’unificazione al vertice dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Non essendoci una motivazione specifica per fare in questo momento una vera e propria lezione di diritto costituzionale, potrebbe non sembrare infondata l’ipotesi di una presa di distanza del Quirinale dalle politiche portate avanti dall’attuale governo. In altre parole Mattarella avrebbe avuto l’intenzione di ricordare a quegli sprovveduti che gli chiedono di non promulgare le leggi approvate in via definitiva da ambedue le Camere, che nella sua posizione istituzionale è tenuto a mettere quella firma che consente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi l’entrata in vigore della legge stessa.

Il medesimo discorso vale per la sottoscrizione dei decreti leggi da sottoporre a conversione entro 60 giorni. Ma è plausibile che Mattarella abbia avvertito l’utilità di fare al mondo politico quella lezione che avrebbe svolto, da docente di diritto parlamentare, agli studenti del primo anno di giurisprudenza? È stata questa un’ulteriore occasione di garbata polemica col governo? Non c’era la necessità di prendere un giro tanto lungo per confermare la linea di condotta ineccepibile del Quirinale. A parte quelle iniziative di moral suasion che il Quirinale può effettuare durante l’iter di approvazione di un disegno di legge, Sergio Mattarella non ha esitato – anche dopo aver promulgato una legge – a rendere pubbliche le sue riserve su alcuni punti con messaggi ai presidenti delle Camere e ai governi, contenenti richieste di revisione o addirittura (come nel caso della legge sulla legittima difesa) tentativi impropri ma politicamente rilevanti di interpretazione autentica.

Le osservazioni scritte che avevano accompagnato la promulgazione sono divenute spesso dei riferimenti per la modifica di alcune norme da parte del Parlamento. Tuttavia, mi sono più volte chiesto perché Mattarella, nei suoi richiami alle Camere, non si sia mai avvalso del potere che gli è conferito dall’articolo 74 Cost. che recita: ‘’Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata’’. Anche sulla base della mia esperienza di parlamentare nella XVI Legislatura considero più efficace questa procedura che - nella generalità dei casi - induce i governi e le maggioranze ad aderire alle motivazioni indicate nel messaggio del Quirinale, attraverso una immediata nuova lettura del provvedimento con le modifiche suggerite e i chiarimenti richiesti.

In verità, nella storia della Repubblica è successo molto raramente che un presidente si avvalesse dell’articolo 74 e rinviasse una legge alle Camere per questioni di merito e non di palese illegittimità costituzionale o di mancata copertura finanziaria. L’ultimo ad assumere tale iniziativa fu Giorgio Napolitano a rinviare alle Camere, nel 2010, il c.d. Collegato Lavoro, motivando la richiesta di modifica di alcune norme che l’allora governo Berlusconi, pur considerandole importanti, non esitò a rivedere come richiesto dal Quirinale.

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Bisognerebbe capire il contesto e l’occasione in cui il presidente Sergio Mattarella ha voluto chiarire l’ambito del potere di promulgare le leggi, una funzione che, insieme alla presidenza del Consiglio supremo della difesa e del Consiglio superiore della magistratura, attribuisce alla figura del capo dello Stato l’unificazione al vertice dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Non essendoci una motivazione specifica per fare in questo momento una vera e propria lezione di diritto costituzionale, potrebbe non sembrare infondata l’ipotesi di una presa di distanza del Quirinale dalle politiche portate avanti dall’attuale governo. In altre parole Mattarella avrebbe avuto l’intenzione di ricordare a quegli sprovveduti che gli chiedono di non promulgare le leggi approvate in via definitiva da ambedue le Camere, che nella sua posizione istituzionale è tenuto a mettere quella firma che consente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi l’entrata in vigore della legge stessa.

Il medesimo discorso vale per la sottoscrizione dei decreti leggi da sottoporre a conversione entro 60 giorni. Ma è plausibile che Mattarella abbia avvertito l’utilità di fare al mondo politico quella lezione che avrebbe svolto, da docente di diritto parlamentare, agli studenti del primo anno di giurisprudenza? È stata questa un’ulteriore occasione di garbata polemica col governo? Non c’era la necessità di prendere un giro tanto lungo per confermare la linea di condotta ineccepibile del Quirinale. A parte quelle iniziative di moral suasion che il Quirinale può effettuare durante l’iter di approvazione di un disegno di legge, Sergio Mattarella non ha esitato – anche dopo aver promulgato una legge – a rendere pubbliche le sue riserve su alcuni punti con messaggi ai presidenti delle Camere e ai governi, contenenti richieste di revisione o addirittura (come nel caso della legge sulla legittima difesa) tentativi impropri ma politicamente rilevanti di interpretazione autentica.

Le osservazioni scritte che avevano accompagnato la promulgazione sono divenute spesso dei riferimenti per la modifica di alcune norme da parte del Parlamento. Tuttavia, mi sono più volte chiesto perché Mattarella, nei suoi richiami alle Camere, non si sia mai avvalso del potere che gli è conferito dall’articolo 74 Cost. che recita: ‘’Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata’’. Anche sulla base della mia esperienza di parlamentare nella XVI Legislatura considero più efficace questa procedura che - nella generalità dei casi - induce i governi e le maggioranze ad aderire alle motivazioni indicate nel messaggio del Quirinale, attraverso una immediata nuova lettura del provvedimento con le modifiche suggerite e i chiarimenti richiesti.

In verità, nella storia della Repubblica è successo molto raramente che un presidente si avvalesse dell’articolo 74 e rinviasse una legge alle Camere per questioni di merito e non di palese illegittimità costituzionale o di mancata copertura finanziaria. L’ultimo ad assumere tale iniziativa fu Giorgio Napolitano a rinviare alle Camere, nel 2010, il c.d. Collegato Lavoro, motivando la richiesta di modifica di alcune norme che l’allora governo Berlusconi, pur considerandole importanti, non esitò a rivedere come richiesto dal Quirinale.

QOSHE - La lezione di Mattarella agli sprovveduti - Giuliano Cazzola
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La lezione di Mattarella agli sprovveduti

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06.03.2024

Bisognerebbe capire il contesto e l’occasione in cui il presidente Sergio Mattarella ha voluto chiarire l’ambito del potere di promulgare le leggi, una funzione che, insieme alla presidenza del Consiglio supremo della difesa e del Consiglio superiore della magistratura, attribuisce alla figura del capo dello Stato l’unificazione al vertice dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Non essendoci una motivazione specifica per fare in questo momento una vera e propria lezione di diritto costituzionale, potrebbe non sembrare infondata l’ipotesi di una presa di distanza del Quirinale dalle politiche portate avanti dall’attuale governo. In altre parole Mattarella avrebbe avuto l’intenzione di ricordare a quegli sprovveduti che gli chiedono di non promulgare le leggi approvate in via definitiva da ambedue le Camere, che nella sua posizione istituzionale è tenuto a mettere quella firma che consente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi l’entrata in vigore della legge stessa.

Il medesimo discorso vale per la sottoscrizione dei decreti leggi da sottoporre a conversione entro 60 giorni. Ma è plausibile che Mattarella abbia avvertito l’utilità di fare al mondo politico quella lezione che avrebbe svolto, da docente di diritto parlamentare, agli studenti del primo anno di giurisprudenza? È stata questa un’ulteriore occasione di garbata polemica col governo? Non c’era la necessità di prendere un giro tanto lungo per confermare la linea di condotta ineccepibile del Quirinale. A parte quelle iniziative di moral suasion che il Quirinale può effettuare durante l’iter di approvazione di un disegno di legge, Sergio Mattarella non ha esitato – anche dopo aver promulgato una legge – a rendere pubbliche le sue riserve su alcuni punti........

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