In risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale contro le popolazioni civili, venne stipulata nel 1949 la Convenzione IV di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Si tratta di un protocollo di 159 articoli, suddivisi per sezioni, che affronta una complessa problematica che rasenta il paradosso: come proteggere dei civili in un contesto in cui sono coinvolti - è il presupposto - da un conflitto armato. In sostanza, il trattato non proibisce di combattere laddove ci sono dei civili, ma indica delle possibili misure a cui i belligeranti devono attenersi per limitare i danni e le sofferenze delle popolazioni civili. Mi limiterò a sintetizzare le principali regole che vengono in ballo nei conflitti aperti, in particolare in quello tra Israele e Hamas, pur essendo consapevole che l’attinenza ai codici non potrà mai distogliere l’attenzione dalle tragedie umane che si determinano nel corso di una guerra. Ma la ricostruzione delle norme che la comunità internazionale si è data è utile almeno a giudicare, con qualche informazione in più, la linea di condotta degli eserciti e delle milizie rispetto a quelle regole.

Nel caso di un conflitto armato le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri di forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità e senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole. A questo scopo, sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate: a) le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;b) la cattura di ostaggi; c) gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti; d) le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili. I feriti e i malati saranno raccolti e curati.

Sono protette dalla Convenzione le persone che, in un momento o in modo qualsiasi si trovino, in caso di conflitto o di occupazione, in potere di una delle parti belligeranti o di una Potenza occupante, di cui essi non siano cittadini.

Se, sul territorio di una Parte in conflitto, questa avesse serie ragioni di ritenere che una persona protetta dalla Convenzione fosse giustamente sospettata di svolgere un’attività dannosa per la sicurezza dello Stato o fosse accertato che essa svolge effettivamente una siffatta attività, detta persona non potrà avvalersi dei diritti e privilegi conferiti dalla Convenzione, che se fossero applicati in suo favore, potrebbero nuocere alla sicurezza dello Stato.

Le Parti in conflitto, dopo l’inizio delle ostilità, potranno costituire sul loro rispettivo territorio e, se necessario, sui territori occupati, delle zone e località sanitarie e di sicurezza organizzate in modo da proteggere dagli effetti della guerra i feriti e i malati, gli infermi, le persone attempate, i fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, le donne incinte e le madri di bambini d’età inferiore ai sette anni.

Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti in conflitto. Tuttavia, la protezione dovuta agli ospedali civili potrà cessare – dopo un’intimazione apposita, soltanto qualora ne fosse fatto uso per commettere, all’infuori dei doveri umanitari, atti dannosi al nemico.

Grande rilievo ha avuto la questione degli aiuti. Ciascuna parte accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile di un’altra parte contraente, anche se nemica. Essa autorizzerà pure il passaggio di qualunque invio di viveri indispensabili, di capi di vestiario e di ricostituenti riservati ai fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, alle donne incinte o alle puerpere. L’obbligo, per una parte contraente, di concedere il libero passaggio degli invii umanitari è subordinato alla condizione che questa Parte sia sicura di non aver alcun serio motivo di temere che: a) gli invii possano essere sottratti alla loro destinazione; oppure b) che il controllo possa non essere efficace; o c) che il nemico possa trarne evidente vantaggio per i suoi sforzi militari o la sua economia. La potenza che permette il passaggio di tali invii può porre come condizione per la sua autorizzazione che la distribuzione ai beneficiari avvenga sotto il controllo, eseguito sul posto, delle potenze protettrici. Le persone dovranno essere tutelate, in particolare, contro qualsiasi atto di violenza o d’intimidazione, contro gli insulti e la pubblica curiosità. Le donne saranno specialmente protette, in particolare, contro lo stupro, la coercizione alla prostituzione e qualsiasi offesa al loro pudore.

Vi è poi una norma che riguarda la pratica di coprirsi con i c.d. scudi umani: nessuna persona protetta potrà essere utilizzata per mettere, con la sua presenza, determinati punti o determinate regioni al sicuro dalle operazioni militari.

Quanto ai corridoi umanitari, la convenzione prevede che siano vietati, qualunque ne sia il motivo, i trasferimenti forzati, in massa o individuali, come pure le deportazioni di persone protette, fuori del territorio occupato e a destinazione del territorio della Potenza occupante o di quello di qualsiasi altro Stato, occupato o no. La potenza occupante potrà tuttavia procedere allo sgombero completo o parziale di una determinata regione occupata, qualora la sicurezza della popolazione o impellenti ragioni militari lo esigano. Le Alte Parti contraenti considerano esplicitamente come proibita qualsiasi misura atta a cagionare sia sofferenze fisiche, sia lo sterminio delle persone protette in loro potere. Questo divieto concerne non solo l’assassinio, la tortura, le pene corporali, le mutilazioni e gli esperimenti medici o scientifici non richiesti dalla cura medica di una persona protetta, ma anche qualsiasi altra brutalità, sia essa compiuta da agenti civili o da agenti militari. Nessuna persona protetta può essere punita per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d’intimazione o di terrorismo, sono vietate. È proibito il saccheggio. Sono proibite le misure di rappresaglia nei confronti delle persone protette e dei loro beni. La cattura di ostaggi è vietata.

Il cardinale Parolin: "Trentamila morti sono una reazione sproporzionata rispetto al diritto alla difesa di Israele"

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

In risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale contro le popolazioni civili, venne stipulata nel 1949 la Convenzione IV di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Si tratta di un protocollo di 159 articoli, suddivisi per sezioni, che affronta una complessa problematica che rasenta il paradosso: come proteggere dei civili in un contesto in cui sono coinvolti - è il presupposto - da un conflitto armato. In sostanza, il trattato non proibisce di combattere laddove ci sono dei civili, ma indica delle possibili misure a cui i belligeranti devono attenersi per limitare i danni e le sofferenze delle popolazioni civili. Mi limiterò a sintetizzare le principali regole che vengono in ballo nei conflitti aperti, in particolare in quello tra Israele e Hamas, pur essendo consapevole che l’attinenza ai codici non potrà mai distogliere l’attenzione dalle tragedie umane che si determinano nel corso di una guerra. Ma la ricostruzione delle norme che la comunità internazionale si è data è utile almeno a giudicare, con qualche informazione in più, la linea di condotta degli eserciti e delle milizie rispetto a quelle regole.

Nel caso di un conflitto armato le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri di forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità e senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole. A questo scopo, sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate: a) le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;b) la cattura di ostaggi; c) gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti; d) le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili. I feriti e i malati saranno raccolti e curati.

Sono protette dalla Convenzione le persone che, in un momento o in modo qualsiasi si trovino, in caso di conflitto o di occupazione, in potere di una delle parti belligeranti o di una Potenza occupante, di cui essi non siano cittadini.

Se, sul territorio di una Parte in conflitto, questa avesse serie ragioni di ritenere che una persona protetta dalla Convenzione fosse giustamente sospettata di svolgere un’attività dannosa per la sicurezza dello Stato o fosse accertato che essa svolge effettivamente una siffatta attività, detta persona non potrà avvalersi dei diritti e privilegi conferiti dalla Convenzione, che se fossero applicati in suo favore, potrebbero nuocere alla sicurezza dello Stato.

Le Parti in conflitto, dopo l’inizio delle ostilità, potranno costituire sul loro rispettivo territorio e, se necessario, sui territori occupati, delle zone e località sanitarie e di sicurezza organizzate in modo da proteggere dagli effetti della guerra i feriti e i malati, gli infermi, le persone attempate, i fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, le donne incinte e le madri di bambini d’età inferiore ai sette anni.

Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti in conflitto. Tuttavia, la protezione dovuta agli ospedali civili potrà cessare – dopo un’intimazione apposita, soltanto qualora ne fosse fatto uso per commettere, all’infuori dei doveri umanitari, atti dannosi al nemico.

Grande rilievo ha avuto la questione degli aiuti. Ciascuna parte accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile di un’altra parte contraente, anche se nemica. Essa autorizzerà pure il passaggio di qualunque invio di viveri indispensabili, di capi di vestiario e di ricostituenti riservati ai fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, alle donne incinte o alle puerpere. L’obbligo, per una parte contraente, di concedere il libero passaggio degli invii umanitari è subordinato alla condizione che questa Parte sia sicura di non aver alcun serio motivo di temere che: a) gli invii possano essere sottratti alla loro destinazione; oppure b) che il controllo possa non essere efficace; o c) che il nemico possa trarne evidente vantaggio per i suoi sforzi militari o la sua economia. La potenza che permette il passaggio di tali invii può porre come condizione per la sua autorizzazione che la distribuzione ai beneficiari avvenga sotto il controllo, eseguito sul posto, delle potenze protettrici. Le persone dovranno essere tutelate, in particolare, contro qualsiasi atto di violenza o d’intimidazione, contro gli insulti e la pubblica curiosità. Le donne saranno specialmente protette, in particolare, contro lo stupro, la coercizione alla prostituzione e qualsiasi offesa al loro pudore.

Vi è poi una norma che riguarda la pratica di coprirsi con i c.d. scudi umani: nessuna persona protetta potrà essere utilizzata per mettere, con la sua presenza, determinati punti o determinate regioni al sicuro dalle operazioni militari.

Quanto ai corridoi umanitari, la convenzione prevede che siano vietati, qualunque ne sia il motivo, i trasferimenti forzati, in massa o individuali, come pure le deportazioni di persone protette, fuori del territorio occupato e a destinazione del territorio della Potenza occupante o di quello di qualsiasi altro Stato, occupato o no. La potenza occupante potrà tuttavia procedere allo sgombero completo o parziale di una determinata regione occupata, qualora la sicurezza della popolazione o impellenti ragioni militari lo esigano. Le Alte Parti contraenti considerano esplicitamente come proibita qualsiasi misura atta a cagionare sia sofferenze fisiche, sia lo sterminio delle persone protette in loro potere. Questo divieto concerne non solo l’assassinio, la tortura, le pene corporali, le mutilazioni e gli esperimenti medici o scientifici non richiesti dalla cura medica di una persona protetta, ma anche qualsiasi altra brutalità, sia essa compiuta da agenti civili o da agenti militari. Nessuna persona protetta può essere punita per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d’intimazione o di terrorismo, sono vietate. È proibito il saccheggio. Sono proibite le misure di rappresaglia nei confronti delle persone protette e dei loro beni. La cattura di ostaggi è vietata.

QOSHE - Proteggere i civili dalla guerra. Cosa prevede la Convenzione di Ginevra - Giuliano Cazzola
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Proteggere i civili dalla guerra. Cosa prevede la Convenzione di Ginevra

6 7
15.02.2024

In risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale contro le popolazioni civili, venne stipulata nel 1949 la Convenzione IV di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Si tratta di un protocollo di 159 articoli, suddivisi per sezioni, che affronta una complessa problematica che rasenta il paradosso: come proteggere dei civili in un contesto in cui sono coinvolti - è il presupposto - da un conflitto armato. In sostanza, il trattato non proibisce di combattere laddove ci sono dei civili, ma indica delle possibili misure a cui i belligeranti devono attenersi per limitare i danni e le sofferenze delle popolazioni civili. Mi limiterò a sintetizzare le principali regole che vengono in ballo nei conflitti aperti, in particolare in quello tra Israele e Hamas, pur essendo consapevole che l’attinenza ai codici non potrà mai distogliere l’attenzione dalle tragedie umane che si determinano nel corso di una guerra. Ma la ricostruzione delle norme che la comunità internazionale si è data è utile almeno a giudicare, con qualche informazione in più, la linea di condotta degli eserciti e delle milizie rispetto a quelle regole.

Nel caso di un conflitto armato le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri di forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità e senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole. A questo scopo, sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate: a) le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;b) la cattura di ostaggi; c) gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti; d) le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili. I feriti e i malati saranno raccolti e curati.

Sono protette dalla Convenzione le persone che, in un momento o in modo qualsiasi si trovino, in caso di conflitto o di occupazione, in potere di una delle parti belligeranti o di una Potenza occupante, di cui essi non siano cittadini.

Se, sul territorio di una Parte in conflitto, questa avesse serie ragioni di ritenere che una persona protetta dalla Convenzione fosse giustamente sospettata di svolgere un’attività dannosa per la sicurezza dello Stato o fosse accertato che essa svolge effettivamente una siffatta attività, detta persona non potrà avvalersi dei diritti e privilegi conferiti dalla Convenzione, che se fossero applicati in suo favore, potrebbero nuocere alla sicurezza dello Stato.

Le Parti in conflitto, dopo l’inizio delle ostilità, potranno costituire sul loro rispettivo territorio e, se necessario, sui territori occupati, delle zone e località sanitarie e di sicurezza organizzate in modo da proteggere dagli effetti della guerra i feriti e i malati, gli infermi, le persone attempate, i fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, le donne incinte e le madri di bambini d’età inferiore ai sette anni.

Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi........

© HuffPost


Get it on Google Play