Non stupisce il tira e molla delle candidature per le europee del Pd. Oggi c’è una questione Marco Tarquinio (ex direttore dell’Avvenire), domani ci sarà qualcos’altro. È insito nel modo di approcciarsi al ragionamento e alla soluzione dei problemi da parte del Pd. Non è questione di persona sbagliata e non è colpa di Elly Schlein, che si è trovata in mezzo, retaggio di scelte passate. C’è maretta perché Tarquinio è contro la guerra in Ucraina.

Avevamo allertato la segretaria del Pd. La posizione sul conflitto russo-ucraino è il vulnus delle prossime elezioni europee. Il Pd non ha posizione. Inviare le armi in Ucraina e chiedere la pace sono quei punti di vista ibridi per finirla lì. C’è, invece, l’opinione politica, molto politica, del Papa, quella della bandiera bianca, per intenderci, la quale è un manifesto di realpolitik per uscire con meno persone uccise dalla guerra in corso. Il Papa è stato snobbato e sottovalutato (in alcuni talk della tv pubblica, senza contraddittorio, da alcuni storici, editorialisti e filosofi, è stato definito ‘eccessivo’, ‘sconcertante’, ‘condannato al fraintendimento’, ‘che non tiene conto del ruolo dell’oppresso e dell’oppressore’). L’occasione era, è, propizia per il Pd per far suo lo status strategico papale e su quella piattaforma iniziare a costruire un briciolo di programma sull’Europa che verrà e le persone che la sosterranno al Parlamento europeo.

Avremmo preferito delle primarie di peso su un progetto chiaro e nomi di candidati che si fronteggiassero per farlo proprio e i cittadini esprimersi nei gazebo. Sarebbe stata una bella lezione di civiltà e di passione in questi tempi sospesi. Mentre le famiglie socialiste e popolari stanno trafficando sulle presidenze, Ursula von der Leyen si – no, in casa Pd sta uscendo un match ininterrotto tra esclusi e i primi posti in lista che ammorba anche lo slancio del buon sammaritano.

Chiarezza necessaria. Il voto si deve conquistare così (il 52% degli italiani non ha intenzione di votare). Non partendo dal fondo. Dai nomi dei candidati. Una maretta interminabile fomentata da egoismi e personalismi esagerati (va così in tutti i partiti, ma nel Pd ci sono più variazioni sul tema). Quelli che stanno a Strasburgo che non se ne vogliono andare a casa contro quelli senza tessera, le donne contro la segretaria perché ne fanno un problema di quote (questa poi è una solfa insopportabile), Stefano Bonaccini che arriva ‘uno’. Sono materie che scatenano l’io più sfrenato e quindi vanno prevenute adottando dei sistemi di scelta ‘lasciati al popolo’. Le primarie, appunto. Al partito il compito di mettere insieme quattro o cinque idee sensate che danno risposte ai tanti perché della gente. Gli italiani stanno pagando un prezzo finanziario notevole (sono più poveri, il ceto medio arranca, gli affitti sono proibitivi, scelgono di non curarsi). Le bollette del gas sono una dimostrazione. Giorgia Meloni ha fatto solo parole. Grandi aiuti dall’Europa (e dagli Stati Uniti) non si sono visti. Il punto sta qui. Per cosa votare? Per quale Europa? Per quella della difesa comune, nuovi eserciti e nuove armi? Per l’Europa tutti dentro, che fa cosa e con chi? La transizione ecologica chi la paga? Risposte in attesa.

Su tutto aleggia la necessità di trovare una posizione convincente sul conflitto russo ucraino uscendo dal macchiettismo contemporaneo. Da un lato opinionisti, esperti, ex generali, titolari di centri studi con le cartine per l’attacco immediato, insieme riuniti al grido avanti tutta, perché domani Vladimir Putin potrà arrivare a invadere anche l’Italia. Di contro nuance di pacifismo camuffato da accademico tifo per Putin (i ‘pacifinti’, ha coniato Aldo Grasso) sprofondato nel trappolone magic moment, io sto con Alexey Navalny e tu stai con il criminale del Cremlino. Non fa pace ma pollaio. Luoghi metafisici. Inneggianti all’ipocrisia spinta. Riassunto nel paradigma meloniano che critica Emmanuel Macron quando sprona per inviare uomini della Nato in Ucraina, che vuol dire fare la guerra, mentre la premier preferisce l’approccio fatto in casa, l’invio delle armi che preparano la pace. Della serie orgoglio e pregiudizio, ‘ma chi non vuole la pace? Qui però c’è un aggredito e un aggressore’. E quindi avanti con gli insulti di pace alla Joe Biden che ha definito Putin un macellaio? Un comportamento che fa escalation. Quando occorre abbassare i toni, prudenza e attenzione a usare un linguaggio bellico. Se ne sono accorti pure i ministri Guido Crosetto e Antonio Tajani.

Dal Pd deve arrivare una connessione sentimentale con gli italiani che chiedono di chiuderla qui con la guerra. Schlein nel nome di una sana ‘capicrazia’ interna. quanto mai necessaria, senza mediazioni, componga una lista di personalità che ci crede nell’offrire un obiettivo chiaro di speranza. E rileggendo Enrico Berlinguer, che ho riascoltato in un discorso tenuto a Reggio Emilia alla festa dell’Unità nel settembre del 1983, in piena crisi internazionale da guerra fredda, capirà che il Pd è uno dei partiti che meglio di altri può accogliere le parole del Papa.

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Anche per le candidature è sbilenco il modo di discutere del Pd

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01.04.2024

Non stupisce il tira e molla delle candidature per le europee del Pd. Oggi c’è una questione Marco Tarquinio (ex direttore dell’Avvenire), domani ci sarà qualcos’altro. È insito nel modo di approcciarsi al ragionamento e alla soluzione dei problemi da parte del Pd. Non è questione di persona sbagliata e non è colpa di Elly Schlein, che si è trovata in mezzo, retaggio di scelte passate. C’è maretta perché Tarquinio è contro la guerra in Ucraina.

Avevamo allertato la segretaria del Pd. La posizione sul conflitto russo-ucraino è il vulnus delle prossime elezioni europee. Il Pd non ha posizione. Inviare le armi in Ucraina e chiedere la pace sono quei punti di vista ibridi per finirla lì. C’è, invece, l’opinione politica, molto politica, del Papa, quella della bandiera bianca, per intenderci, la quale è un manifesto di realpolitik per uscire con meno persone uccise dalla guerra in corso. Il Papa è stato snobbato e sottovalutato (in alcuni talk della tv pubblica, senza contraddittorio, da alcuni storici, editorialisti e filosofi, è stato definito ‘eccessivo’, ‘sconcertante’, ‘condannato al fraintendimento’, ‘che non tiene conto del ruolo dell’oppresso e dell’oppressore’). L’occasione era, è, propizia per il Pd per far suo lo status strategico papale e su quella piattaforma iniziare a costruire un briciolo di........

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