L’ultima è la richiesta di dimissioni rivolta alla Schlein da Piero Sansonetti, direttore de l’Unità, "in otto mesi ha prodotto zero. Zero idee, zero battaglie, zero politica. Disco verde al governo Meloni". Lo sguardo degli avvenimenti intorno, ci impone ragionamenti diversi. Partendo dalla velocità. Dall’incedere incalzante degli eventi. Prendi da una parte. Sistemi l’altra. Salta qualcos’altro altrove. Non ultimo la ricostruzione di un’identità del più grande partito della sinistra. Oggi di opposizione. Il compito è ancora più arduo. Quando non governi possono gridare tutti i giorni mille temi diversi ma l’agenda la scrivono altri e non sempre stanno al governo. È così visibile a occhio nudo la discrasia di quello che si promette in campagna elettorale e le diverse decisioni (o non scelte) una volta arrivati alla guida del Paese che spiegano le difficoltà pratiche di azione di un leader. Figuriamoci predisporre e proporre un altro modello di sviluppo, perché di questo ormai c’è bisogno impellente.

La manifestazione di Roma del Pd dell’11 novembre non è proprio la svolta per l’alternativa ma perché non riconoscere lo sforzo? Non ricordo l’ultima mobilitazione del Pd contro un governo in carica. Alcuni temi per cui si scende in piazza sono distintivi e urgenti, richiesti dal Paese, dall’opposizione e dalla sinistra. La pace, no ai tagli della sanità pubblica, il salario minimo, il diritto alla casa e la salvezza del pianeta. C’è tutto, a grandi linee, onnicomprensivo e generico ma almeno qualcosa c’è. Un tratto. Una linea. Un sentiment di quella parte. Si chiede di più? Ad esempio sui conflitti in corso? A partire dall’Ucraina?

L’ho ricordato più volte, Schlein doveva azzardare, spingersi in là. Ma non era, non è semplice. Si scontrano scelte strong fatte da altri nel Pd, in tempi precedenti, poi c’è da pensare a non urtare le sensibilità dell’Europa, dei partiti socialisti (si legga il putiferio scoppiato perché ha osato chiedere l’espulsione del partito socialista albanese), del Presidente della Repubblica che è capo delle Forze Armate, gli Stati Uniti. Osserviamo la premier Meloni che per scansare la velocità degli eventi in successione, che richiedono immediate posizioni, bianco o nero, rapide soluzioni, scelte senza filtri e mediazioni, spesso ne esce con distrazioni di massa, parla d’altro, fa quello che può, da Roma a Rama in Albania azzarda l’ennesimo ‘aumm aumm’ sugli immigrati, non risolve il Mes, sorvola l’impasse sulla sanità. Si riversa la colpa ai consulenti, a chi gli sta intorno, agli inner circle famigliari e alle amicizie. Lo stesso si fa per la Schlein. Collaboratori non altezza. Che vanno per loro conto. La segretaria incapace di fare il suo lavoro. Che forse non è il suo mestiere. Non si capisce quando parla.

Sfido però qualunque altra ipotesi di segreteria. Tra i nomi che circolano. È pensabile che Nardella o Bonaccini avrebbero innestato chissà quali fuochi artificiali? Se la Meloni non riesce a oliare la macchina a sua immagine e somiglianza dopo 68 governi, immaginatevi la Schlein dopo 8 mesi di gestione di un Pd sfibrato, stanco, privo di motivazioni, che per dove deve andare non sa dove deve andare.

Rewind rapido. La Schlein appena insediata è stata bersagliata. Smontata. Ridotta a incidente di percorso. Chi l’ha fermamente voluta se l’è svignata. È questo il modo di fare? Di rianimare un partito con il morale sotto i tacchi? Sono operazioni delicate, da fondisti. Schlein ha iniziato. Cerca di coinvolgere dal basso gli iscritti. Il problema macroscopico è che non sempre il partito la segue. Tanti dirigenti pro Schlein utilizzano metodi da vecchi notabili o accordi decisi da poche persone. Non è così che dovrebbe funzionare. Nello scontro con De Luca, presidente della regione Campania non si è sentita la voce di un dirigente di lignaggio a sostenere la segretaria di partito che portava legittime ragioni e a ‘difenderla’ per i modi grevi con la quale è stata insultata e sbeffeggiata. Costruire un Pd in queste modalità nemmeno Superman ce la farebbe. Rivediamo la parabola discendente di Renzi favorita dai suoi compagni di partito. Prima volevano il leader carismatico poi quando si è messo a lavorare (e fare molto) l’hanno disarcionato dal comando. Rispetto a Renzi è paradossale l’accusa alla Schlein. Esattamente il contrario, non ha grinta, non c’è, è debole.

La solitudine della Schlein fa tenerezza (che può essere una categoria della politica). Per la giovane età. Perché ce la sta mettendo tutta al di fuori dal classico spesso inconcludente machismo di sinistra. E quindi gli va data la chance. Delle prossime elezioni. Dalla scelta dei nomi. Osare senza cercare i fedelissimi che poi si rivelano i primi Giuda. Se ne esce collaborando con l’ala liberale-centrista (no Montanari candidato sindaco di Firenze), perché va bene ascoltare Landini, meno Conte, ma il caso dei labouristi inglesi insegna che solo in un mélange con i temi sospesi concernenti la sveglia all’Europa (qualche strappo ci starebbe bene), lo Stato, la sicurezza dei cittadini, la sanità, violenza quotidiana dei diritti, la liberalizzazione delle professioni, una prima casa di proprietà per tutti e un’attenzione, paritaria (le partite Iva non godono di alcuni diritti fondamentali), ai cosiddetti ceti medi (la ‘pancia’ degli Isee sono da rivedere).

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L’ultima è la richiesta di dimissioni rivolta alla Schlein da Piero Sansonetti, direttore de l’Unità, "in otto mesi ha prodotto zero. Zero idee, zero battaglie, zero politica. Disco verde al governo Meloni". Lo sguardo degli avvenimenti intorno, ci impone ragionamenti diversi. Partendo dalla velocità. Dall’incedere incalzante degli eventi. Prendi da una parte. Sistemi l’altra. Salta qualcos’altro altrove. Non ultimo la ricostruzione di un’identità del più grande partito della sinistra. Oggi di opposizione. Il compito è ancora più arduo. Quando non governi possono gridare tutti i giorni mille temi diversi ma l’agenda la scrivono altri e non sempre stanno al governo. È così visibile a occhio nudo la discrasia di quello che si promette in campagna elettorale e le diverse decisioni (o non scelte) una volta arrivati alla guida del Paese che spiegano le difficoltà pratiche di azione di un leader. Figuriamoci predisporre e proporre un altro modello di sviluppo, perché di questo ormai c’è bisogno impellente.

La manifestazione di Roma del Pd dell’11 novembre non è proprio la svolta per l’alternativa ma perché non riconoscere lo sforzo? Non ricordo l’ultima mobilitazione del Pd contro un governo in carica. Alcuni temi per cui si scende in piazza sono distintivi e urgenti, richiesti dal Paese, dall’opposizione e dalla sinistra. La pace, no ai tagli della sanità pubblica, il salario minimo, il diritto alla casa e la salvezza del pianeta. C’è tutto, a grandi linee, onnicomprensivo e generico ma almeno qualcosa c’è. Un tratto. Una linea. Un sentiment di quella parte. Si chiede di più? Ad esempio sui conflitti in corso? A partire dall’Ucraina?

L’ho ricordato più volte, Schlein doveva azzardare, spingersi in là. Ma non era, non è semplice. Si scontrano scelte strong fatte da altri nel Pd, in tempi precedenti, poi c’è da pensare a non urtare le sensibilità dell’Europa, dei partiti socialisti (si legga il putiferio scoppiato perché ha osato chiedere l’espulsione del partito socialista albanese), del Presidente della Repubblica che è capo delle Forze Armate, gli Stati Uniti. Osserviamo la premier Meloni che per scansare la velocità degli eventi in successione, che richiedono immediate posizioni, bianco o nero, rapide soluzioni, scelte senza filtri e mediazioni, spesso ne esce con distrazioni di massa, parla d’altro, fa quello che può, da Roma a Rama in Albania azzarda l’ennesimo ‘aumm aumm’ sugli immigrati, non risolve il Mes, sorvola l’impasse sulla sanità. Si riversa la colpa ai consulenti, a chi gli sta intorno, agli inner circle famigliari e alle amicizie. Lo stesso si fa per la Schlein. Collaboratori non altezza. Che vanno per loro conto. La segretaria incapace di fare il suo lavoro. Che forse non è il suo mestiere. Non si capisce quando parla.

Sfido però qualunque altra ipotesi di segreteria. Tra i nomi che circolano. È pensabile che Nardella o Bonaccini avrebbero innestato chissà quali fuochi artificiali? Se la Meloni non riesce a oliare la macchina a sua immagine e somiglianza dopo 68 governi, immaginatevi la Schlein dopo 8 mesi di gestione di un Pd sfibrato, stanco, privo di motivazioni, che per dove deve andare non sa dove deve andare.

Rewind rapido. La Schlein appena insediata è stata bersagliata. Smontata. Ridotta a incidente di percorso. Chi l’ha fermamente voluta se l’è svignata. È questo il modo di fare? Di rianimare un partito con il morale sotto i tacchi? Sono operazioni delicate, da fondisti. Schlein ha iniziato. Cerca di coinvolgere dal basso gli iscritti. Il problema macroscopico è che non sempre il partito la segue. Tanti dirigenti pro Schlein utilizzano metodi da vecchi notabili o accordi decisi da poche persone. Non è così che dovrebbe funzionare. Nello scontro con De Luca, presidente della regione Campania non si è sentita la voce di un dirigente di lignaggio a sostenere la segretaria di partito che portava legittime ragioni e a ‘difenderla’ per i modi grevi con la quale è stata insultata e sbeffeggiata. Costruire un Pd in queste modalità nemmeno Superman ce la farebbe. Rivediamo la parabola discendente di Renzi favorita dai suoi compagni di partito. Prima volevano il leader carismatico poi quando si è messo a lavorare (e fare molto) l’hanno disarcionato dal comando. Rispetto a Renzi è paradossale l’accusa alla Schlein. Esattamente il contrario, non ha grinta, non c’è, è debole.

La solitudine della Schlein fa tenerezza (che può essere una categoria della politica). Per la giovane età. Perché ce la sta mettendo tutta al di fuori dal classico spesso inconcludente machismo di sinistra. E quindi gli va data la chance. Delle prossime elezioni. Dalla scelta dei nomi. Osare senza cercare i fedelissimi che poi si rivelano i primi Giuda. Se ne esce collaborando con l’ala liberale-centrista (no Montanari candidato sindaco di Firenze), perché va bene ascoltare Landini, meno Conte, ma il caso dei labouristi inglesi insegna che solo in un mélange con i temi sospesi concernenti la sveglia all’Europa (qualche strappo ci starebbe bene), lo Stato, la sicurezza dei cittadini, la sanità, violenza quotidiana dei diritti, la liberalizzazione delle professioni, una prima casa di proprietà per tutti e un’attenzione, paritaria (le partite Iva non godono di alcuni diritti fondamentali), ai cosiddetti ceti medi (la ‘pancia’ degli Isee sono da rivedere).

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La Schlein di piazza è già tanta roba per il Pd

4 0
10.11.2023

L’ultima è la richiesta di dimissioni rivolta alla Schlein da Piero Sansonetti, direttore de l’Unità, "in otto mesi ha prodotto zero. Zero idee, zero battaglie, zero politica. Disco verde al governo Meloni". Lo sguardo degli avvenimenti intorno, ci impone ragionamenti diversi. Partendo dalla velocità. Dall’incedere incalzante degli eventi. Prendi da una parte. Sistemi l’altra. Salta qualcos’altro altrove. Non ultimo la ricostruzione di un’identità del più grande partito della sinistra. Oggi di opposizione. Il compito è ancora più arduo. Quando non governi possono gridare tutti i giorni mille temi diversi ma l’agenda la scrivono altri e non sempre stanno al governo. È così visibile a occhio nudo la discrasia di quello che si promette in campagna elettorale e le diverse decisioni (o non scelte) una volta arrivati alla guida del Paese che spiegano le difficoltà pratiche di azione di un leader. Figuriamoci predisporre e proporre un altro modello di sviluppo, perché di questo ormai c’è bisogno impellente.

La manifestazione di Roma del Pd dell’11 novembre non è proprio la svolta per l’alternativa ma perché non riconoscere lo sforzo? Non ricordo l’ultima mobilitazione del Pd contro un governo in carica. Alcuni temi per cui si scende in piazza sono distintivi e urgenti, richiesti dal Paese, dall’opposizione e dalla sinistra. La pace, no ai tagli della sanità pubblica, il salario minimo, il diritto alla casa e la salvezza del pianeta. C’è tutto, a grandi linee, onnicomprensivo e generico ma almeno qualcosa c’è. Un tratto. Una linea. Un sentiment di quella parte. Si chiede di più? Ad esempio sui conflitti in corso? A partire dall’Ucraina?

L’ho ricordato più volte, Schlein doveva azzardare, spingersi in là. Ma non era, non è semplice. Si scontrano scelte strong fatte da altri nel Pd, in tempi precedenti, poi c’è da pensare a non urtare le sensibilità dell’Europa, dei partiti socialisti (si legga il putiferio scoppiato perché ha osato chiedere l’espulsione del partito socialista albanese), del Presidente della Repubblica che è capo delle Forze Armate, gli Stati Uniti. Osserviamo la premier Meloni che per scansare la velocità degli eventi in successione, che richiedono immediate posizioni, bianco o nero, rapide soluzioni, scelte senza filtri e mediazioni, spesso ne esce con distrazioni di massa, parla d’altro, fa quello che può, da Roma a Rama in Albania azzarda l’ennesimo ‘aumm aumm’ sugli immigrati, non risolve il Mes, sorvola l’impasse sulla sanità. Si riversa la colpa ai consulenti, a chi gli sta intorno, agli inner circle famigliari e alle amicizie. Lo stesso si fa per la Schlein. Collaboratori non altezza. Che vanno per loro conto. La segretaria incapace........

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