La segretaria Schlein, ultimo e solo treno per cambiare il Pd (prima del ritorno dell’ex funzionario o ex ministro, salviamo Gianni Cuperlo che rimane il segretario ideale del Pd) ha fatto e sta facendo quello che può. Prende da una parte. Molla dall’altra. Recupera, molto. Media, assai. Sta arrancando a costruire il Pd che aveva in testa all’inizio della sua avventura. Paga lo scotto di non conoscere un ‘macchinone’ ammaccato e ciancicato. Su HuffPost li ho elencati diverse volte i rischi che avrebbe incontrato. Sono state cambiate sigle, nomi, segretari, ma alla fine ci si ritrova sempre al punto di partenza. Sostituire il segretario e trovare l’ennesimo salvatore della Patria. Per uno zoccolo duro resistente del 15-20%. Grandi exploit non sono previsti. La causa è poca attitudine al cambiamento. Un Pd che viaggia su due piani distinti. Il partito, impantanato su stesso e con il quale ogni segretario, che c’è e che verrà, dovrà fare i conti. E la coalizione (di cui non si sa chi ne farà parte), un rebus da costruire e sulla quale si stanno agitando le idee di alcuni nomi capaci di federare. Un mix di allegro con brio e andante lento.

Per il partito, carte in tavola, i dirigenti locali del Pd hanno mandato segnali chiari. Cambiare verso. La Schlein è stata costretta a rimangiarsi l’esprit della sua stessa elezione. E missione. Le primarie. Ha scritto Matteo Renzi (l’ex premier è il solo, prima di Schlein, che ha tentato di cambiare il Pd. senza riuscirci) su il Riformista: "Elly Schlein deve tutto alle primarie, senza non sarebbe mai stata eletta alla guida del Pd. E chi come me ha utilizzato le primarie da outsider sa che questo strumento ti costringe a un rapporto vero con la gente, ti fa volare alto rispetto ai ricatti delle burocrazie interne...". Si dice da più parti che niente primarie perché così il partito rimane unito. Ma il popolo del centrosinistra ha voglia di contare. Quel popolo occorre rianimarlo. Creare coinvolgimento. Traino. Entusiasmo. Le sezioni locali, ormai, sono una targa attaccata al muro. I segretari non si vedono, pochi sanno chi sono, la presenza come il primato della politica (sulle amministrazioni che regolano la vita sociale dei comuni), non pervenuti. Ho seguito alcune realtà locali del Pd dove si stanno muovendo nella ricerca dei candidati sindaci. Un po’ prima hanno scelto i segretari di sezione e di federazione. E, in entrambi i casi, non hanno favorito le indicazioni iniziali della Schlein. Primarie. Rompendo così il partito con operazioni mirate a escludere più candidati (anche facente parte della stessa maggioranza Schlein). Risultato, tolte le primarie invece di unire hanno diviso ancora di più. Non hanno capito il modo di stare insieme. Il bignami, il bigino della politica.

Si dice niente primarie perché c’è da costruire l'accordo con i grillini. Si facciano le primarie con i candidati dei 5 stelle. E pure di altri che si presenteranno. Ci sono altre forze politiche con le quali parlare. Italia Viva, ad esempio. "Firenze – scrive Renzi - ha scelto di rifiutare le primarie per blindare la candidata imposta dal sindaco uscente. (…) Quando i leader non hanno coraggio, non solo non fanno le primarie, ma in verità non sono neppure leader".Tranquillo Renzi, se perdono Firenze sapranno chi incolpare, lei, naturalmente, se intenderà presentare, al di fuori della coalizione del centrosinistra, il suo candidato. La stessa pantomima sta avvenendo per la regione Sardegna. Renato Soru tra i fondatori del Pd non è stato nemmeno preso in considerazione per lasciare posto alla candidata 5 Stelle. Attendiamo quello che accadrà di fronte a una candidatura De Luca in Campania.

Per Schlein davanti ci sono elezioni europee ed elezioni amministrative. Nella prima consultazione prevale il singolo partito e nel secondo caso lo spirito di coalizione (prova del nove prima dell'accordo nazionale che sfiderà il centrodestra). Sarà una campagna elettorale strabica. Stando alla competizione tra Pd e 5Stelle c’è molto che non ingrana e quello del prossimo anno sarà per entrambi i segretari il big bang dei loro destini personali. Per le europee è incontestabile che la segretaria Schlein ha preso un partito in corsa con scelte strategiche già fatte. Compiute. Organiche. Dal conflitto russo ucraino che ha determinato il caos economico odierno e la preoccupante divisione geopolitica del mondo. Il Pd come la sinistra europea stanno imbarcati su qualcosa più grande di loro. Lasciando l’Europa senza ruolo. In una stagnante improvvisazione di leadership. Il cammino elettorale europeo è mirato esclusivamente a rinsaldare, anche per i prossimi cinque anni, la coalizione che sta governando la Commissione, quando paradossalmente vedremo il Pd rimanere insieme a Forza Italia (nei popolari), come ora, e con la Meloni probabile new entry. Supporter esterna interessata.

Parte da qui il perimetro dentro il quale si potrà muovere la campagna elettorale di Schlein. Poca roba per un’eventuale remuntada sua e del Pd. Questa Europa, alla luce dei comportamenti svelati durante la guerra in Ucraina, va strattonata. Rifatta da capo a piedi. Svelata e criticata, anche nei ruoli di stati guida come la socialdemocratica Germania che oggi non ha più ragion d’essere. La Schlein si rilegga quello che ha detto Renzi (alla segretaria Pd conviene parlare con l’ex premier, ne trarrà solo vantaggi) all’Assemblea di Italia Viva di Roma "L’Europa è alla frutta, ha un declino (…) devastante, non è considerata come prima". Insomma non è con dei candidati rimbalzati alla cronaca per eventi che nulla hanno a che fare con l’Europa o con gli ennesimi slogan sull’antifascismo che Schlein starà sulla tolda di comando del Nazareno. Per i candidati in Europa le primarie no?

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La Schlein senza primarie non è il Pd che aveva in testa, a dirglielo è Renzi che ne sa qualcosa

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11.12.2023

La segretaria Schlein, ultimo e solo treno per cambiare il Pd (prima del ritorno dell’ex funzionario o ex ministro, salviamo Gianni Cuperlo che rimane il segretario ideale del Pd) ha fatto e sta facendo quello che può. Prende da una parte. Molla dall’altra. Recupera, molto. Media, assai. Sta arrancando a costruire il Pd che aveva in testa all’inizio della sua avventura. Paga lo scotto di non conoscere un ‘macchinone’ ammaccato e ciancicato. Su HuffPost li ho elencati diverse volte i rischi che avrebbe incontrato. Sono state cambiate sigle, nomi, segretari, ma alla fine ci si ritrova sempre al punto di partenza. Sostituire il segretario e trovare l’ennesimo salvatore della Patria. Per uno zoccolo duro resistente del 15-20%. Grandi exploit non sono previsti. La causa è poca attitudine al cambiamento. Un Pd che viaggia su due piani distinti. Il partito, impantanato su stesso e con il quale ogni segretario, che c’è e che verrà, dovrà fare i conti. E la coalizione (di cui non si sa chi ne farà parte), un rebus da costruire e sulla quale si stanno agitando le idee di alcuni nomi capaci di federare. Un mix di allegro con brio e andante lento.

Per il partito, carte in tavola, i dirigenti locali del Pd hanno mandato segnali chiari. Cambiare verso. La Schlein è stata costretta a rimangiarsi l’esprit della sua stessa elezione. E missione. Le primarie. Ha scritto Matteo Renzi (l’ex premier è il solo, prima di Schlein, che ha tentato di cambiare il Pd. senza........

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