Non era dalla vittoria in Abruzzo che si vedevano chissà quali prospettive per il centrosinistra. È andata male. Diversamente dalla Sardegna, ma comunque sono e rimangono consultazioni regionali nelle quali subentrano diversi fattori, spesso locali, controversi, caratteriali, estetici.

Stando alla visione immediata forse non è nemmeno il campo largo ed extralarge di cui c’è bisogno. In Sardegna il centrosinistra era sostanzialmente in coppia Pd e 5 Stelle, più liste variegate e hanno vinto. In Abruzzo il campo era all inclusive (Azione e Italia Viva dentro) e non hanno centrato l’obiettivo. Si dice che il candidato era troppo moscio. Una possibile verità, sostanziata anche dall’analisi dei flussi elettorali, è che i grillini e molti del Pd non sopportano Calenda e Renzi. E viceversa. Oltre al fatto che molti dei 5 Stelle non voteranno mai il candidato del Pd. Il contrario avviene spesso, la Sardegna, senza problemi per i piddini.

La lista delle cose perdute è lunga e disparata. L’esperienza deve servire per la scelta dei candidati futuri. Spesso il fattore ‘civico’, indipendente, buona e brava persona non è tutto. Servono più politici, di peso, riconosciuti e forse anche scelti con primarie nell’alleanza, pratica abbandonata troppo presto (a Firenze, per esempio, si poteva fare, così come in altri comuni, dovrebbe ritornare a essere una modalità obbligatoria). Sono piccoli equivoci senza importanza? Non proprio. Prodi l’ha ricordato. È un lavoro di lunga lena. Amalgamare partiti e partitini che hanno voglia di emergere con leader che hanno bisogno di far risultato da soli e che non sono portati per la condivisione, difficilmente sentono la vocazione di coalizione. In alcuni casi c’è addirittura un’antipatia a pelle. Conte-Renzi, Calenda-Conte, Calenda-Renzi e via di seguito. Malmostosi tutti. È questo un problemone ipotizzando la coalizione per vincere le politiche.

Rispetto a questo quadretto poco edificante, la Schlein ha il diritto di pensare un po’ a se stessa e al Pd. Deve galoppare verso le europee. E, come ho scritto in precedenti post, abbandoni l’imbarcadero del centrosinistra (che andrà ritoccato, rinsavito, rimodellato perché il mélange così fatto per tentare di vincere è un giochetto del quale gli elettori stanno accorti) e miri a fare una campagna elettorale di grandi numeri. Per lei. Già i risultati elettorali del Pd in Sardegna e in Abruzzo ci dicono che il partito è vivo, si sta rimettendo, con il contributo decisivo di Schlein (ha detto Renzi di aver una simpatia naturale per Elly, è la classe dirigente del Pd il vero limite), ed è insostituibile nel suo ruolo, oltre costatare, a stretto giro, l’improbabile declino. Per l’Europa si tratta di girarsi intorno. I partiti socialisti europei sono tutti in crisi di consenso. Un’elezione dietro l’altra è un cumulo di sconfitte. Manca l’esprit del cambiamento. La vision of hope.

Girando tra le uscite pre elettorali casalinghe, mi pare che Matteo Renzi, sentito il suo discorso alla Leopolda, è il solo che non si risparmia a criticare questa Europa bollita chiedendo anche più diplomazia nella risoluzione dei conflitti in corso. Bel ragionamento, efficace anche se manca l’affondo. La volontà di sporcarsi le mani sull’Ucraina (e anche due paroline su la grandeur pizza e fichi dell’amico renew europe Macron). Accogliendo l’uscita di Bergoglio: "I negoziati non sono mai una resa", "è il coraggio di non portare il Paese al suicidio". Il Papa (carta canta, lascerei stare l’aggiustatura di queste ore del cardinale Parolin) ha apparecchiato il piatto alla politica. Che se fosse lesta e attenta, la politica, lo farebbe suo in un istante. Perché Schlein non fa suo l’invito di Francesco? Romperebbe l’ipocrisia di cui sono ricoperti i paesi occidentali tutti che hanno pensato bene di nascondere o far passare in secondo piano l’intento del capo della Chiesa cattolica. Le elezioni europee sono l’Ucraina. Chi dice che ogni nazione sta pensando agli affari di casa propria sbaglia. La casa nostra è l’Europa. E il conflitto russo-ucraino è l’inizio, poi a valanga, del caos odierno. La rivoluzione geopolitica che è diventata anche di contrasto di modelli Occidente-resto del mondo, il rombo di tuono dell’economia che ha impoverito milioni di famiglie, le fratture mostruose nell’approvvigionamento energetico, le falle aperte che non si richiuderanno per un bel po’ di tempo. Le due gambe di Papa Francesco, negoziati e fermare le morti (in pratica una tregua illimitata premessa della futura pace, come sostiene l’analista Lucio Caracciolo), sono la voce del buon senso, di quello che noi spesso preferiamo dire ‘la diligenza del buon padre di famiglia’. Che abbiamo richiamato in solitaria già dopo qualche mese dall’inizio del conflitto. E quello che ormai sostengono riviste autorevoli di politica estera come Foreign Affairs, “è giunto il tempo di parlare su come parlare”.

Schlein riparta da qui. Il dopo Sardegna e Abruzzo è la riconoscibilità di una leadership su temi da pesi massimi. E qui per la premier la vedo dura, daje, baci abbracci, decisionismo di panna montata, fotografie di gruppo. Forse l’incrinatura della sua coalizione. Sarebbe la vera chicca delle elezioni europee vedere Schlein e Meloni confrontarsi sul merito. Da subito su quello che ha detto Francesco, lasciando in sottofondo i frastuoni del celodurismo dolore e spavento di terza classe.

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Quelli del campo largo mal si sopportano, meglio che Schlein ascolti Francesco

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13.03.2024

Non era dalla vittoria in Abruzzo che si vedevano chissà quali prospettive per il centrosinistra. È andata male. Diversamente dalla Sardegna, ma comunque sono e rimangono consultazioni regionali nelle quali subentrano diversi fattori, spesso locali, controversi, caratteriali, estetici.

Stando alla visione immediata forse non è nemmeno il campo largo ed extralarge di cui c’è bisogno. In Sardegna il centrosinistra era sostanzialmente in coppia Pd e 5 Stelle, più liste variegate e hanno vinto. In Abruzzo il campo era all inclusive (Azione e Italia Viva dentro) e non hanno centrato l’obiettivo. Si dice che il candidato era troppo moscio. Una possibile verità, sostanziata anche dall’analisi dei flussi elettorali, è che i grillini e molti del Pd non sopportano Calenda e Renzi. E viceversa. Oltre al fatto che molti dei 5 Stelle non voteranno mai il candidato del Pd. Il contrario avviene spesso, la Sardegna, senza problemi per i piddini.

La lista delle cose perdute è lunga e disparata. L’esperienza deve servire per la scelta dei candidati futuri. Spesso il fattore ‘civico’, indipendente, buona e brava persona non è tutto. Servono più politici, di peso, riconosciuti e forse anche scelti con primarie nell’alleanza, pratica abbandonata troppo presto (a Firenze, per esempio, si poteva fare, così come in altri comuni, dovrebbe ritornare a essere una modalità obbligatoria). Sono piccoli equivoci senza importanza?........

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