La magia di Ercolano, dove grazie a un intraprendente uso di risorse di intelligenza artificiale, sono stati decifrati papiri bruciati dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 dc, pone alla Campania, e all’intero Paese, un tema ineludibile: come gestire una risorsa quale gli asset archeologici che non sono più semplici reperti da conservare ma matrici di applicazioni intelligenti pregiate?

La Campania è con i suoi centri celeberrimi, da Pompei a Paestum fino a tutto il litoraneo salernitano, con l’area metropolitana di Napoli e gli ancora ignoti giacimenti del Museo Archeologico nazionale, un inestimabile serbatorio di linguaggi e storie che dal punto di vista dell’addestramento e delle applicazioni dei sistemi di elaborazione automatica, può avere un valore strategico, sia culturale, ma anche geo politico.

Proprio l’esperienza del Museo nazionale di Archeologia, guidato da Paolo Giulierini, ci ha mostrato come semplicemente reimpaginando il patrimonio che giace negli scantinati, si può parlare al mondo, creando suggestioni e ibridazioni culturali del tutto innovative, e aprendo nuove frontiere alla ricerca storica.

Ma oggi siamo oltre la linea di galleggiamento delle dotazioni storico e artistiche che devono essere ben conservate e creativamente illustrate.

L’intelligenza artificiale, con la capacità di connettere ed elaborare masse di dati fino a oggi impensabili, ci permette di forzare i limiti materiali del documento, intanto, potremmo dire, leggendo le righe, dove non si poteva fino a oggi arrivare, come appunto nel caso dei papiri di Ercolano, dove sono stati recuperati contenuti e informazioni pregiatissime per completare l’analisi di quel periodo storico.

Ma abbiamno ora l’opportunità, grazie a una potenza interpretativa aumentata, di leggere soprattutto fra le righe, decifrando e riformulando contesti e scenari che ci possono dare una visione completa e circostanziata di quanto accadde realmente in quell’ombelico del mondo che era la Campania, protesi centrale di quella Roma che governava l’impero.

Si tratta di guardare al patrimonio storico archeologico che abbiamo estratto dalla terra, come una materia viva, che con il suo indotto linguistico e valoriale ci può perrmettere di riprogrammare il vocabolario dei sistemi di intelligenza artificiale, modificandone i meccanismi cognitivi e narrativi.

Si tratta di usare l’apparato storico artistico come parametri semantici, come spiegano i programmatori dell’intelligenza artificiale, per guidare l’addestramento di secondo livello, il cosidetto fine tuning, che specializza i dispositivi generativi. Di conseguenza, grazie a queste procedure di formazione sulla base di testi latini e greci, potremmo così personalizzare questi sistemi, imprimendo nelle loro memorie procedure semantiche e logiche relazionali tipicamente mediterranee.

Il pretesto potrebbe essere proprio, come a Ercolano, la soluzione di enigmi o ancora veri e propri buchi neri che ci impediscono di comprendere passaggi essenziali di quella storia così strategica per noi. Oppure rintracciare mappe di reperti ancora sepolti e non individuati. È una battaglia di egemonia culturale, si direbbe oggi, che certa politica ha scoperto il potere della cultura, che ha evidenti risvolti economici e sociali.

Se l’inglese è diventato il vocabolario dell’informatica, costringendo il mondo a parlare e pensare come si fa nella Silicon Valley, oggi che i sistemi intelligenti vengono sempre più stressati in formati personalizzati e specializzati sui singoli temi, abbiamo l’opportunità di imporre il primato di una visione e una logica italiana nell’addestramento culturale delle potenze di calcolo applicate alla rilettura storica.

E più concretamente ancora ogni regione potrebbe trovare percorsi di allenamento di questi sistemi con le proprie radici storico epistemologiche, combionando competenze informatiche con i saperi archeologici. In Campania, dove abbondano le due risorse, si potrebbe trovare opportunità e sbocchi combinando i suoi giacimenti accademici, pensiamo solo al polo di San Giovanni a Napoli dove sorge l’Apple Academy, o a quello di Fisciano nel salernitano, con l’immenso patrimonio archeologico e artistico per promuovere intere filiere di ricerca e sviluppo tecnologico e industriale. Si tratta di ripensare l’idea stessa di museo e di dare alle realtà urbanistiche, come appunto Pompei ed Ercolano, il dinamismo e la capacità di attrazione di veri centri di richiamo globale, come nel secolo scorso erano i poli californiani o parigini di intrattenimento. Per esempio a Paestum, con il suo poderoso patrimonio di templi e pitture, potrebbe diventare un vero centro di ricerca planetaria che faccia parlare e rivivere quei documenti in pietra.

L’intelligenza artificiale, infatti, non solo può aiutarci a penetrare e decifrare quanto ancora non siamo riusciti a leggere, ma ci può supportare nella risoluzione di enigmi e quesiti che sono ancora sospesi, come per esempio quel mistero storico filosofico che è racchiuso nel gesto enigmatico del tuffatore. Si tratta di quell’affresco che compare, caso unico, all’interno di un sarcofago, e che mostra un giovane nell’atto di un tuffo plastico di cui non si comprende né il senso né la dinamica. Una chiave che potrebbe aiutarci a interpretare linguaggi e culture di quel posto come sostengono eminenti autori che si sono applicati in questi anni a quello studio. Magari collegandolo con l’unico altro tuffatore rintracciato nell’iconografia antica, che appare nelle tombe etrusche di Traquinia, nel Lazio.

La regione, i comuni, i centri universitari troverebbero così una propria esclusiva vocazione, utilizzando i vecchi linguaggi per rigenerare un’intelligenza generativa e rimettere in funzione quello straordinario sistema di immaginario e logica che erano appunto le civiltà mediterranee.

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La magia di Ercolano, dove grazie a un intraprendente uso di risorse di intelligenza artificiale, sono stati decifrati papiri bruciati dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 dc, pone alla Campania, e all’intero Paese, un tema ineludibile: come gestire una risorsa quale gli asset archeologici che non sono più semplici reperti da conservare ma matrici di applicazioni intelligenti pregiate?

La Campania è con i suoi centri celeberrimi, da Pompei a Paestum fino a tutto il litoraneo salernitano, con l’area metropolitana di Napoli e gli ancora ignoti giacimenti del Museo Archeologico nazionale, un inestimabile serbatorio di linguaggi e storie che dal punto di vista dell’addestramento e delle applicazioni dei sistemi di elaborazione automatica, può avere un valore strategico, sia culturale, ma anche geo politico.

Proprio l’esperienza del Museo nazionale di Archeologia, guidato da Paolo Giulierini, ci ha mostrato come semplicemente reimpaginando il patrimonio che giace negli scantinati, si può parlare al mondo, creando suggestioni e ibridazioni culturali del tutto innovative, e aprendo nuove frontiere alla ricerca storica.

Ma oggi siamo oltre la linea di galleggiamento delle dotazioni storico e artistiche che devono essere ben conservate e creativamente illustrate.

L’intelligenza artificiale, con la capacità di connettere ed elaborare masse di dati fino a oggi impensabili, ci permette di forzare i limiti materiali del documento, intanto, potremmo dire, leggendo le righe, dove non si poteva fino a oggi arrivare, come appunto nel caso dei papiri di Ercolano, dove sono stati recuperati contenuti e informazioni pregiatissime per completare l’analisi di quel periodo storico.

Ma abbiamno ora l’opportunità, grazie a una potenza interpretativa aumentata, di leggere soprattutto fra le righe, decifrando e riformulando contesti e scenari che ci possono dare una visione completa e circostanziata di quanto accadde realmente in quell’ombelico del mondo che era la Campania, protesi centrale di quella Roma che governava l’impero.

Si tratta di guardare al patrimonio storico archeologico che abbiamo estratto dalla terra, come una materia viva, che con il suo indotto linguistico e valoriale ci può perrmettere di riprogrammare il vocabolario dei sistemi di intelligenza artificiale, modificandone i meccanismi cognitivi e narrativi.

Si tratta di usare l’apparato storico artistico come parametri semantici, come spiegano i programmatori dell’intelligenza artificiale, per guidare l’addestramento di secondo livello, il cosidetto fine tuning, che specializza i dispositivi generativi. Di conseguenza, grazie a queste procedure di formazione sulla base di testi latini e greci, potremmo così personalizzare questi sistemi, imprimendo nelle loro memorie procedure semantiche e logiche relazionali tipicamente mediterranee.

Il pretesto potrebbe essere proprio, come a Ercolano, la soluzione di enigmi o ancora veri e propri buchi neri che ci impediscono di comprendere passaggi essenziali di quella storia così strategica per noi. Oppure rintracciare mappe di reperti ancora sepolti e non individuati. È una battaglia di egemonia culturale, si direbbe oggi, che certa politica ha scoperto il potere della cultura, che ha evidenti risvolti economici e sociali.

Se l’inglese è diventato il vocabolario dell’informatica, costringendo il mondo a parlare e pensare come si fa nella Silicon Valley, oggi che i sistemi intelligenti vengono sempre più stressati in formati personalizzati e specializzati sui singoli temi, abbiamo l’opportunità di imporre il primato di una visione e una logica italiana nell’addestramento culturale delle potenze di calcolo applicate alla rilettura storica.

E più concretamente ancora ogni regione potrebbe trovare percorsi di allenamento di questi sistemi con le proprie radici storico epistemologiche, combionando competenze informatiche con i saperi archeologici. In Campania, dove abbondano le due risorse, si potrebbe trovare opportunità e sbocchi combinando i suoi giacimenti accademici, pensiamo solo al polo di San Giovanni a Napoli dove sorge l’Apple Academy, o a quello di Fisciano nel salernitano, con l’immenso patrimonio archeologico e artistico per promuovere intere filiere di ricerca e sviluppo tecnologico e industriale. Si tratta di ripensare l’idea stessa di museo e di dare alle realtà urbanistiche, come appunto Pompei ed Ercolano, il dinamismo e la capacità di attrazione di veri centri di richiamo globale, come nel secolo scorso erano i poli californiani o parigini di intrattenimento. Per esempio a Paestum, con il suo poderoso patrimonio di templi e pitture, potrebbe diventare un vero centro di ricerca planetaria che faccia parlare e rivivere quei documenti in pietra.

L’intelligenza artificiale, infatti, non solo può aiutarci a penetrare e decifrare quanto ancora non siamo riusciti a leggere, ma ci può supportare nella risoluzione di enigmi e quesiti che sono ancora sospesi, come per esempio quel mistero storico filosofico che è racchiuso nel gesto enigmatico del tuffatore. Si tratta di quell’affresco che compare, caso unico, all’interno di un sarcofago, e che mostra un giovane nell’atto di un tuffo plastico di cui non si comprende né il senso né la dinamica. Una chiave che potrebbe aiutarci a interpretare linguaggi e culture di quel posto come sostengono eminenti autori che si sono applicati in questi anni a quello studio. Magari collegandolo con l’unico altro tuffatore rintracciato nell’iconografia antica, che appare nelle tombe etrusche di Traquinia, nel Lazio.

La regione, i comuni, i centri universitari troverebbero così una propria esclusiva vocazione, utilizzando i vecchi linguaggi per rigenerare un’intelligenza generativa e rimettere in funzione quello straordinario sistema di immaginario e logica che erano appunto le civiltà mediterranee.

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L’intelligenza artificiale decifra papiri bruciati a Ercolano

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21.03.2024

La magia di Ercolano, dove grazie a un intraprendente uso di risorse di intelligenza artificiale, sono stati decifrati papiri bruciati dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 dc, pone alla Campania, e all’intero Paese, un tema ineludibile: come gestire una risorsa quale gli asset archeologici che non sono più semplici reperti da conservare ma matrici di applicazioni intelligenti pregiate?

La Campania è con i suoi centri celeberrimi, da Pompei a Paestum fino a tutto il litoraneo salernitano, con l’area metropolitana di Napoli e gli ancora ignoti giacimenti del Museo Archeologico nazionale, un inestimabile serbatorio di linguaggi e storie che dal punto di vista dell’addestramento e delle applicazioni dei sistemi di elaborazione automatica, può avere un valore strategico, sia culturale, ma anche geo politico.

Proprio l’esperienza del Museo nazionale di Archeologia, guidato da Paolo Giulierini, ci ha mostrato come semplicemente reimpaginando il patrimonio che giace negli scantinati, si può parlare al mondo, creando suggestioni e ibridazioni culturali del tutto innovative, e aprendo nuove frontiere alla ricerca storica.

Ma oggi siamo oltre la linea di galleggiamento delle dotazioni storico e artistiche che devono essere ben conservate e creativamente illustrate.

L’intelligenza artificiale, con la capacità di connettere ed elaborare masse di dati fino a oggi impensabili, ci permette di forzare i limiti materiali del documento, intanto, potremmo dire, leggendo le righe, dove non si poteva fino a oggi arrivare, come appunto nel caso dei papiri di Ercolano, dove sono stati recuperati contenuti e informazioni pregiatissime per completare l’analisi di quel periodo storico.

Ma abbiamno ora l’opportunità, grazie a una potenza interpretativa aumentata, di leggere soprattutto fra le righe, decifrando e riformulando contesti e scenari che ci possono dare una visione completa e circostanziata di quanto accadde realmente in quell’ombelico del mondo che era la Campania, protesi centrale di quella Roma che governava l’impero.

Si tratta di guardare al patrimonio storico archeologico che abbiamo estratto dalla terra, come una materia viva, che con il suo indotto linguistico e valoriale ci può perrmettere di riprogrammare il vocabolario dei sistemi di intelligenza artificiale, modificandone i meccanismi cognitivi e narrativi.

Si tratta di usare l’apparato storico artistico come parametri semantici, come spiegano i programmatori dell’intelligenza artificiale, per guidare l’addestramento di secondo livello, il cosidetto fine tuning, che specializza i dispositivi generativi. Di conseguenza, grazie a queste procedure di formazione sulla base di testi latini e greci, potremmo così personalizzare questi sistemi, imprimendo nelle loro memorie procedure semantiche e logiche relazionali tipicamente mediterranee.

Il pretesto potrebbe essere proprio, come a Ercolano, la soluzione di enigmi o ancora veri e propri........

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