Ma cosa sta realmente accadendo nel mondo e come possiamo reagire? Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron suggerisce al cancelliere tedesco Olaf Scholz di prepararsi a una possibile guerra. Un richiamo così aperto alla logica delle armi è una notizia che dovrebbe scuotere nel profondo tutti noi europei. E la conferma di quanto sia il momento di guardare con estrema attenzione alle novità di questo tempo e ai suoi pericoli. Di capire cosa sta avvenendo.

Si moltiplicano i conflitti armati, le guerre e, all’interno degli Stati, i conflitti sociali generati dalle disuguaglianze, che mettono a rischio le democrazie e i suoi valori in tutto il mondo. Milioni di persone deluse guardano più a chi risponde a domande di sicurezza, anche se solo con slogan, piuttosto che a chi propone valori democratici. Sono nuovi processi che guidano il mondo. Il nuovi protagonismo degli Stati segna l'inizio di una fase di deglobalizzazione. Al tentativo di ricreare mercati locali e forti sfere di influenza I processi di globalizzazione hanno rappresentato il primato della finanza sul potere degli Stati e dell'economia sulla politica. I risultati li abbiamo conosciuti. Spostamento geografico delle capacità produttive in angoli diversi del pianeta, ma soprattutto nascita di incredibili concentrazioni di ricchezza in mano a gruppi, famiglie o a persone immensamente ricchi. Ricchi e potenti, in alcuni casi, addirittura come Stati. Questo processo ha prodotto soprattutto nelle democrazie occidentali gravi crisi sociali e delusione di ceti medi che hanno improvvisamente perso le loro sicurezze. Da qui, la disillusione e la rabbia raccolta dal nazionalismo e dal populismo. Questi processi mettono infatti in discussione non solo gli assetti geopolitici del secondo dopoguerra, ma minano gli stessi equilibri sociali. Non a caso, persino i miliardari – consapevoli dei pericoli del crollo di un sistema - hanno chiesto al forum di Davos di essere più tassati.

Nella de-globalizzazione la politica ha ripreso il suo ruolo contro questi processi. Gli Stati a economia continentale hanno la forza di dare più centralità ai mercati locali e tornare nella scena mondiale direttamente per rafforzare le proprie sfere di influenza e stanno riorganizzando gli scenari mondiali: gli Usa, la Russia, la Cina. L'Iran, ma anche Francia e Germania ed altre realtà nazionali provano ad affacciarsi, ma nessuno Stato europeo è in grado di affrontare la portata di sfide così grandi. Questo tentativo di protagonismo nazionale non è un processo positivo. La storia ci insegna che il ritorno dei nazionalismi è quasi sempre coinciso con il ritorno delle guerre. E i segnali li vediamo tutti in queste settimane incredibili. L'Onu e l'Europa sono totalmente impotenti nello scenario mediorientale . Gli sforzi decennali verso la costruzione di una comunità globale basata sul dialogo, la cooperazione e la risoluzione pacifica dei conflitti sono stati uno dei pilastri delle politiche europee.

È indispensabile un salto radicale in avanti dell'Europa e dei suoli valori. E'un messaggio che ritroviamo potente nella missione di Papa Francesco anche nella enciclica " Fratelli tutti" quando ricorda e cita San Francesco nei il quale invita "a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro "quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui". Dobbiamo convincerci che il livello di coesione dell'Europa che ci ha portato fin qui in " pace e sicurezza" e che è stato l'unico processo di unificazione di centinaia di milioni di persone della storia umana avvenuto senza violenza e costrizione, non basta più. Il problema non "è" l'Europa ma il dato che anche "in" Europa prevalgono troppo spesso scelte ed egoismi nazionali . E' drammaticamente inutile "un Europa minima necessaria" ci serve " l'Europa massima possibile". E per raggiungerla gli Stati dovrebbero dare il via a riforme concrete come il supermento del diritto di veto radicale riforma e semplificazione della burocrazia, messa in comune di politiche strategiche e l'aumento del budget per vere politiche integrate. Occorre uno Stato federale nuovo con suoi valori che "difenda e protegga" gli europei senza "offendere e aggredire" gli altri. Un’Europa capace di cooperare, come lo fu nel dopoguerra ad un livello adeguato al futuro del mondo. Ce la faremo? È esattamente l'oggetto, forse ancora poco compreso del tempo presente.

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Ma cosa sta realmente accadendo nel mondo e come possiamo reagire? Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron suggerisce al cancelliere tedesco Olaf Scholz di prepararsi a una possibile guerra. Un richiamo così aperto alla logica delle armi è una notizia che dovrebbe scuotere nel profondo tutti noi europei. E la conferma di quanto sia il momento di guardare con estrema attenzione alle novità di questo tempo e ai suoi pericoli. Di capire cosa sta avvenendo.

Si moltiplicano i conflitti armati, le guerre e, all’interno degli Stati, i conflitti sociali generati dalle disuguaglianze, che mettono a rischio le democrazie e i suoi valori in tutto il mondo. Milioni di persone deluse guardano più a chi risponde a domande di sicurezza, anche se solo con slogan, piuttosto che a chi propone valori democratici. Sono nuovi processi che guidano il mondo. Il nuovi protagonismo degli Stati segna l'inizio di una fase di deglobalizzazione. Al tentativo di ricreare mercati locali e forti sfere di influenza I processi di globalizzazione hanno rappresentato il primato della finanza sul potere degli Stati e dell'economia sulla politica. I risultati li abbiamo conosciuti. Spostamento geografico delle capacità produttive in angoli diversi del pianeta, ma soprattutto nascita di incredibili concentrazioni di ricchezza in mano a gruppi, famiglie o a persone immensamente ricchi. Ricchi e potenti, in alcuni casi, addirittura come Stati. Questo processo ha prodotto soprattutto nelle democrazie occidentali gravi crisi sociali e delusione di ceti medi che hanno improvvisamente perso le loro sicurezze. Da qui, la disillusione e la rabbia raccolta dal nazionalismo e dal populismo. Questi processi mettono infatti in discussione non solo gli assetti geopolitici del secondo dopoguerra, ma minano gli stessi equilibri sociali. Non a caso, persino i miliardari – consapevoli dei pericoli del crollo di un sistema - hanno chiesto al forum di Davos di essere più tassati.

Nella de-globalizzazione la politica ha ripreso il suo ruolo contro questi processi. Gli Stati a economia continentale hanno la forza di dare più centralità ai mercati locali e tornare nella scena mondiale direttamente per rafforzare le proprie sfere di influenza e stanno riorganizzando gli scenari mondiali: gli Usa, la Russia, la Cina. L'Iran, ma anche Francia e Germania ed altre realtà nazionali provano ad affacciarsi, ma nessuno Stato europeo è in grado di affrontare la portata di sfide così grandi. Questo tentativo di protagonismo nazionale non è un processo positivo. La storia ci insegna che il ritorno dei nazionalismi è quasi sempre coinciso con il ritorno delle guerre. E i segnali li vediamo tutti in queste settimane incredibili. L'Onu e l'Europa sono totalmente impotenti nello scenario mediorientale . Gli sforzi decennali verso la costruzione di una comunità globale basata sul dialogo, la cooperazione e la risoluzione pacifica dei conflitti sono stati uno dei pilastri delle politiche europee.

È indispensabile un salto radicale in avanti dell'Europa e dei suoli valori. E'un messaggio che ritroviamo potente nella missione di Papa Francesco anche nella enciclica " Fratelli tutti" quando ricorda e cita San Francesco nei il quale invita "a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro "quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui". Dobbiamo convincerci che il livello di coesione dell'Europa che ci ha portato fin qui in " pace e sicurezza" e che è stato l'unico processo di unificazione di centinaia di milioni di persone della storia umana avvenuto senza violenza e costrizione, non basta più. Il problema non "è" l'Europa ma il dato che anche "in" Europa prevalgono troppo spesso scelte ed egoismi nazionali . E' drammaticamente inutile "un Europa minima necessaria" ci serve " l'Europa massima possibile". E per raggiungerla gli Stati dovrebbero dare il via a riforme concrete come il supermento del diritto di veto radicale riforma e semplificazione della burocrazia, messa in comune di politiche strategiche e l'aumento del budget per vere politiche integrate. Occorre uno Stato federale nuovo con suoi valori che "difenda e protegga" gli europei senza "offendere e aggredire" gli altri. Un’Europa capace di cooperare, come lo fu nel dopoguerra ad un livello adeguato al futuro del mondo. Ce la faremo? È esattamente l'oggetto, forse ancora poco compreso del tempo presente.

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L'Europa massima possibile. Con i nazionalismi tornano le guerre

10 8
16.03.2024

Ma cosa sta realmente accadendo nel mondo e come possiamo reagire? Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron suggerisce al cancelliere tedesco Olaf Scholz di prepararsi a una possibile guerra. Un richiamo così aperto alla logica delle armi è una notizia che dovrebbe scuotere nel profondo tutti noi europei. E la conferma di quanto sia il momento di guardare con estrema attenzione alle novità di questo tempo e ai suoi pericoli. Di capire cosa sta avvenendo.

Si moltiplicano i conflitti armati, le guerre e, all’interno degli Stati, i conflitti sociali generati dalle disuguaglianze, che mettono a rischio le democrazie e i suoi valori in tutto il mondo. Milioni di persone deluse guardano più a chi risponde a domande di sicurezza, anche se solo con slogan, piuttosto che a chi propone valori democratici. Sono nuovi processi che guidano il mondo. Il nuovi protagonismo degli Stati segna l'inizio di una fase di deglobalizzazione. Al tentativo di ricreare mercati locali e forti sfere di influenza I processi di globalizzazione hanno rappresentato il primato della finanza sul potere degli Stati e dell'economia sulla politica. I risultati li abbiamo conosciuti. Spostamento geografico delle capacità produttive in angoli diversi del pianeta, ma soprattutto nascita di incredibili concentrazioni di ricchezza in mano a gruppi, famiglie o a persone immensamente ricchi. Ricchi e potenti, in alcuni casi, addirittura come Stati. Questo processo ha prodotto soprattutto nelle democrazie occidentali gravi crisi sociali e delusione di ceti medi che hanno improvvisamente perso le loro sicurezze. Da qui, la disillusione e la rabbia raccolta dal nazionalismo e dal populismo. Questi processi mettono infatti in discussione non solo gli assetti geopolitici del secondo dopoguerra, ma minano gli stessi equilibri sociali. Non a caso, persino i miliardari – consapevoli dei pericoli del crollo di un sistema - hanno chiesto al forum di Davos di essere più tassati.

Nella de-globalizzazione la politica ha ripreso il suo ruolo contro questi processi. Gli Stati a economia continentale hanno la forza di dare più centralità ai mercati locali e tornare nella scena mondiale direttamente per rafforzare le proprie sfere di influenza e stanno riorganizzando gli scenari........

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