Il presidente francese Macron ha cambiato il suo governo, licenziato la prima ministra Elisabeth Borne e velocemente ha nominato primo ministro il giovanissimo Gabriel Attal, già suo porta-parola, e ministro, fino a due giorni fa, dell'Educazione nazionale, uomo dalla folgorante carriera e fedelissimo del presidente.

In questo passaggio e rimpasto del governo, prevedibile, dopo le ultime difficoltà sulla legge immigrazione, tre cose soprattutto colpiscono:

-la prima è il ringraziamento alla ministra uscente Borne (rimossa dal presidente secondo una prassi consolidatanella V Repubblica) della quale si elogiano coraggio e determinazione in momenti cruciali del suo governo (riforma delle pensioni ad esempio) ma si tace l'ultimo scoglio della legge sull'immigrazione, poi andata in porto nella sua versione inasprita e votata da destra estrema e destra;

-la seconda è la scelta di un primo ministro giovanissimo, ma ben promettente per la difesa di una continuità senza rischi nelle scelte della presidenza Macron. Il giovane Attal infatti è un moderno disinvolto restauratore come ha dimostrato al ministero dell'Educazione Nazionale con le proposte, fra l'altro, del ritorno all'uniforme nelle scuole e del divieto di portare l'"abbaya" veste tradizionale islamica, non quindi il burka, che non ha propriamente valenza simbolica religiosa. Misure queste che avrebbero assicurato a suo dire il trionfo della laicità della Repubblica presa a pretesto, ma sicuramente arma spuntata;

-la terza è la necessità per Macron di rinvigorire la sua presidenza realizzando quel « réarmement civique » annunciato nel suo discorso augurale di dicembre e quindi cambiando l'aria nei locali di Matignon ,sede del governo. Macron procede sempre nel solco di una tradizione classica del populismo avendo a modello soprattutto Napoleone III per il quale la formula politica era “ordre ,autorité et changement”.

Similmente Macron vuole ordine e autorità, fa appello alla “fierté française, vuole un’Europa democratica e rinnovata ma in patria ha stretto i cordoni (legge sulle pensioni, legge sull’immigrazione, sostegno forte alle scuole private) e cerca di sottrarre terreno alla destra, quella estrema e quella tradizionale. Infatti questo suo nuovo governo ha ripreso l’eredità di Sarkozy in un duplice senso; sia nei temi e nella postura politica, sia nelle persone; non per caso fra i suoi nuovi ministri spicca Rachida Dati, fedelissima di Sarkozy e già ministra con l’ex presidente, criticata dalla direzione dei Les Républicaines ed ora messa al bando da quel partito che ha il dente avvelenato contro l’universo della maggioranza presidenziale.

Con questa operazione, Macron, usando machiavellicamente l’istinto della volpe e quindi delle mescolanze e combinazioni, ottiene due effetti. Da un lato mostra alla destra tradizionale che può inglobarne una sua parte; dall’altra cerca di non lasciare campo libero alla destra estrema di Marine Le Pen proprio sui temi sensibili e caldi che le danno consenso quali l’identità francese soprattutto.

Del vecchio slogan del 2017 “ni gauche, ni droite” ritenute, come il neopresidente allora diceva, categorie vecchie e usurate, da buttare alle ortiche per una efficace filosofia del fare, un’ala è rimasta, la destra, e la fa da padrona, non avendo ora il presidente la maggioranza assoluta in parlamento.

Insomma nell'universo della "macronie" è tutto un cambiamento, sono cambiati dal 2017 molti ministri e alcuni primi ministri seguendo il principio che si può costruire del “nuovo”, usando vecchie cose, vecchie idee e persone abili in questo, quindi non cambiando granché se non la facciata! L’ala sinistra del partito presidenziale ne esce indebolita come una colomba zoppa, senza incidenza per il momento. Ciò che trionfa invece è un abile gattopardo che attraversando le Alpi è arrivato fino in Francia.

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Il presidente francese Macron ha cambiato il suo governo, licenziato la prima ministra Elisabeth Borne e velocemente ha nominato primo ministro il giovanissimo Gabriel Attal, già suo porta-parola, e ministro, fino a due giorni fa, dell'Educazione nazionale, uomo dalla folgorante carriera e fedelissimo del presidente.

In questo passaggio e rimpasto del governo, prevedibile, dopo le ultime difficoltà sulla legge immigrazione, tre cose soprattutto colpiscono:

-la prima è il ringraziamento alla ministra uscente Borne (rimossa dal presidente secondo una prassi consolidatanella V Repubblica) della quale si elogiano coraggio e determinazione in momenti cruciali del suo governo (riforma delle pensioni ad esempio) ma si tace l'ultimo scoglio della legge sull'immigrazione, poi andata in porto nella sua versione inasprita e votata da destra estrema e destra;

-la seconda è la scelta di un primo ministro giovanissimo, ma ben promettente per la difesa di una continuità senza rischi nelle scelte della presidenza Macron. Il giovane Attal infatti è un moderno disinvolto restauratore come ha dimostrato al ministero dell'Educazione Nazionale con le proposte, fra l'altro, del ritorno all'uniforme nelle scuole e del divieto di portare l'"abbaya" veste tradizionale islamica, non quindi il burka, che non ha propriamente valenza simbolica religiosa. Misure queste che avrebbero assicurato a suo dire il trionfo della laicità della Repubblica presa a pretesto, ma sicuramente arma spuntata;

-la terza è la necessità per Macron di rinvigorire la sua presidenza realizzando quel « réarmement civique » annunciato nel suo discorso augurale di dicembre e quindi cambiando l'aria nei locali di Matignon ,sede del governo. Macron procede sempre nel solco di una tradizione classica del populismo avendo a modello soprattutto Napoleone III per il quale la formula politica era “ordre ,autorité et changement”.

Similmente Macron vuole ordine e autorità, fa appello alla “fierté française, vuole un’Europa democratica e rinnovata ma in patria ha stretto i cordoni (legge sulle pensioni, legge sull’immigrazione, sostegno forte alle scuole private) e cerca di sottrarre terreno alla destra, quella estrema e quella tradizionale. Infatti questo suo nuovo governo ha ripreso l’eredità di Sarkozy in un duplice senso; sia nei temi e nella postura politica, sia nelle persone; non per caso fra i suoi nuovi ministri spicca Rachida Dati, fedelissima di Sarkozy e già ministra con l’ex presidente, criticata dalla direzione dei Les Républicaines ed ora messa al bando da quel partito che ha il dente avvelenato contro l’universo della maggioranza presidenziale.

Con questa operazione, Macron, usando machiavellicamente l’istinto della volpe e quindi delle mescolanze e combinazioni, ottiene due effetti. Da un lato mostra alla destra tradizionale che può inglobarne una sua parte; dall’altra cerca di non lasciare campo libero alla destra estrema di Marine Le Pen proprio sui temi sensibili e caldi che le danno consenso quali l’identità francese soprattutto.

Del vecchio slogan del 2017 “ni gauche, ni droite” ritenute, come il neopresidente allora diceva, categorie vecchie e usurate, da buttare alle ortiche per una efficace filosofia del fare, un’ala è rimasta, la destra, e la fa da padrona, non avendo ora il presidente la maggioranza assoluta in parlamento.

Insomma nell'universo della "macronie" è tutto un cambiamento, sono cambiati dal 2017 molti ministri e alcuni primi ministri seguendo il principio che si può costruire del “nuovo”, usando vecchie cose, vecchie idee e persone abili in questo, quindi non cambiando granché se non la facciata! L’ala sinistra del partito presidenziale ne esce indebolita come una colomba zoppa, senza incidenza per il momento. Ciò che trionfa invece è un abile gattopardo che attraversando le Alpi è arrivato fino in Francia.

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Macron tutto a destra

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19.01.2024

Il presidente francese Macron ha cambiato il suo governo, licenziato la prima ministra Elisabeth Borne e velocemente ha nominato primo ministro il giovanissimo Gabriel Attal, già suo porta-parola, e ministro, fino a due giorni fa, dell'Educazione nazionale, uomo dalla folgorante carriera e fedelissimo del presidente.

In questo passaggio e rimpasto del governo, prevedibile, dopo le ultime difficoltà sulla legge immigrazione, tre cose soprattutto colpiscono:

-la prima è il ringraziamento alla ministra uscente Borne (rimossa dal presidente secondo una prassi consolidatanella V Repubblica) della quale si elogiano coraggio e determinazione in momenti cruciali del suo governo (riforma delle pensioni ad esempio) ma si tace l'ultimo scoglio della legge sull'immigrazione, poi andata in porto nella sua versione inasprita e votata da destra estrema e destra;

-la seconda è la scelta di un primo ministro giovanissimo, ma ben promettente per la difesa di una continuità senza rischi nelle scelte della presidenza Macron. Il giovane Attal infatti è un moderno disinvolto restauratore come ha dimostrato al ministero dell'Educazione Nazionale con le proposte, fra l'altro, del ritorno all'uniforme nelle scuole e del divieto di portare l'"abbaya" veste tradizionale islamica, non quindi il burka, che non ha propriamente valenza simbolica religiosa. Misure queste che avrebbero assicurato a suo dire il trionfo della laicità della Repubblica presa a pretesto, ma sicuramente arma spuntata;

-la terza è la necessità per Macron di rinvigorire la sua presidenza realizzando quel « réarmement civique » annunciato nel suo discorso augurale di dicembre e quindi cambiando l'aria nei locali di Matignon ,sede del governo. Macron procede sempre nel solco di una tradizione classica del populismo avendo a modello soprattutto Napoleone III per il quale la formula politica era “ordre ,autorité et changement”.

Similmente Macron vuole ordine e autorità, fa appello alla “fierté........

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