L’intervento conclusivo della premier Giorgia Meloni alla festa del suo partito: è stato lungo, 70 minuti, urlato nelle parole e nei gesti, oscillante fra il trionfalismo e il vittimismo, due corde care ai populismi di ogni specie, dilatato dalle parole di Abascal, leader del gruppo neofranchista spagnolo, Vox, dalla presenza di Musk, comparso sul palco con un figlio piccolo in spalla come un prestigiatore con un pappagallo pronto allo spettacolo, a decantare la forza di fare figli per evitare l’invasione dei migranti.

Atreju 2023, il messaggio di Musk sul palco con uno dei suoi 11 figli prima in braccio, poi attaccato alla gamba

È stato un esempio di retorica degradata (essendo la retorica classica l’arte del convincere argomentando, non affermando tautologicamente, tanto che esistevano le scuole di retorica) con una rozzezza e tracotanza che mal si addicono al ruolo e alle funzioni di un capo di governo poiché questi rappresenta le istituzioni a differenza del capo di un partito che è “pars” contrapposta a “totum”.

Il tono quindi, la postura, sventolando un foglio come chi bandezza, ma anche e soprattutto il contenuto, poiché la premier ha passato in rassegna una folta schiera di nemici: i sindacati rei di chiedere il rispetto di masse di lavoratori dicendo che “fanno la morale” solo perché chiedono retribuzioni eque (i nostri salari sono fra i più bassi fra le democrazie europee) e nientemeno si permettono di usare lo sciopero (previsto dalla nostra Costituzione!) e seminare disordine e disagi; la stampa, i giornalisti che non si prestano a chinare il capo e cercano di ottemperare al dovere di una informazione completa e libera; gli intellettuali certo, colpevoli di esercitare il pensiero, di disvelare gli inganni o gli arbitri del potere; i giovani che reclamano diritti e libertà e vanno ai raduni per concerti.

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L’unico a salvarsi nel suo discorso è il popolo, categoria vaga, vuol dire tutto e niente, indefinita, direi onirica, “il consenso del popolo italiano”, quello che l’ha votata insomma e che le consente di continuare: “La grandezza della missione che ci è stata affidata non consente di perdere tempo con le bassezze (…) fin quando io saprò che ho alle spalle il consenso del popolo italiano non c'è verso di liberarsi di me. Possono fare tutto quello che vogliono”.

Una miscela davvero grottesca questa: il governo, lei, la premier è vittima di molti nemici, di complotti; ma è armata della compagnia del popolo e quindi scatta la minaccia ”non c’è verso di liberarsi di me”!

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Ma questo avviene nelle faide o nelle liti e sfide al mercato. La grandezza di una missione invece si misura sulla capacità di un’élite al potere di unire e non dividere, di mediare e progettare, non di lanciare anatemi contro nemici immaginari poiché coloro che si oppongono sono avversari da rispettare e con i quali confrontarsi secondo le regole e consuetudini democratiche. In un sistema democratico ruoli, regole e procedure sono chiari a garanzia del rispetto dei diritti dei governati; in esso esiste la collegialità, la pluralità, un capo di governo non è il capo di una banda di musicanti, ma di un organismo collegiale che può solo coordinare e indirizzare adeguatamente le prove d’orchestra che sono richieste. Può certo usare la determinazione, la critica, anche toni decisi e duri ma composti nell’intento di unire, orientare per portare a buon fine politiche condivise non smettendo mai l’abito togato delle istituzioni.

Questo è amare il bene del proprio paese. Oddio che discorso triste e misero per l’Italia!

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L’intervento conclusivo della premier Giorgia Meloni alla festa del suo partito: è stato lungo, 70 minuti, urlato nelle parole e nei gesti, oscillante fra il trionfalismo e il vittimismo, due corde care ai populismi di ogni specie, dilatato dalle parole di Abascal, leader del gruppo neofranchista spagnolo, Vox, dalla presenza di Musk, comparso sul palco con un figlio piccolo in spalla come un prestigiatore con un pappagallo pronto allo spettacolo, a decantare la forza di fare figli per evitare l’invasione dei migranti.

Il tono quindi, la postura, sventolando un foglio come chi bandezza, ma anche e soprattutto il contenuto, poiché la premier ha passato in rassegna una folta schiera di nemici: i sindacati rei di chiedere il rispetto di masse di lavoratori dicendo che “fanno la morale” solo perché chiedono retribuzioni eque (i nostri salari sono fra i più bassi fra le democrazie europee) e nientemeno si permettono di usare lo sciopero (previsto dalla nostra Costituzione!) e seminare disordine e disagi; la stampa, i giornalisti che non si prestano a chinare il capo e cercano di ottemperare al dovere di una informazione completa e libera; gli intellettuali certo, colpevoli di esercitare il pensiero, di disvelare gli inganni o gli arbitri del potere; i giovani che reclamano diritti e libertà e vanno ai raduni per concerti.

Una miscela davvero grottesca questa: il governo, lei, la premier è vittima di molti nemici, di complotti; ma è armata della compagnia del popolo e quindi scatta la minaccia ”non c’è verso di liberarsi di me”!

Questo è amare il bene del proprio paese. Oddio che discorso triste e misero per l’Italia!

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Sul palco di Atreju retorica degradata e propaganda

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19.12.2023

L’intervento conclusivo della premier Giorgia Meloni alla festa del suo partito: è stato lungo, 70 minuti, urlato nelle parole e nei gesti, oscillante fra il trionfalismo e il vittimismo, due corde care ai populismi di ogni specie, dilatato dalle parole di Abascal, leader del gruppo neofranchista spagnolo, Vox, dalla presenza di Musk, comparso sul palco con un figlio piccolo in spalla come un prestigiatore con un pappagallo pronto allo spettacolo, a decantare la forza di fare figli per evitare l’invasione dei migranti.

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È stato un esempio di retorica degradata (essendo la retorica classica l’arte del convincere argomentando, non affermando tautologicamente, tanto che esistevano le scuole di retorica) con una rozzezza e tracotanza che mal si addicono al ruolo e alle funzioni di un capo di governo poiché questi rappresenta le istituzioni a differenza del capo di un partito che è “pars” contrapposta a “totum”.

Il tono quindi, la postura, sventolando un foglio come chi bandezza, ma anche e soprattutto il contenuto, poiché la premier ha passato in rassegna una folta schiera di nemici: i sindacati rei di chiedere il rispetto di masse di lavoratori dicendo che “fanno la morale” solo perché chiedono retribuzioni eque (i nostri salari sono fra i più bassi fra le........

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